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20/05/2016

Le mani dell'Egitto sul futuro della Libia

di Francesca La Bella

La Libia potrebbe essere entrata in nuova fase della sua lunga storia di ricollocamento nello scacchiere regionale dopo il vertice di Vienna dello scorso lunedì. A seguito degli incontri e della richiesta da parte del Primo Ministro Fayez al Sarraj di sostegno al Governo di Accordo Nazionale (GNA) attraverso la rimozione dell’embargo sulla fornitura di armi, il processo di soluzione della questione libica potrebbe aver subito un’improvvisa accelerazione. 

Questo cambiamento non sembra essere, però, conseguenza né di un miglioramento dei rapporti tra GNA e le diverse controparti nazionali né di un mutamento nell’atteggiamento delle potenze occidentali rispetto al contesto libico. Per quanto sia stato dato grande risalto alle dichiarazioni del Primo Ministro Sarraj secondo le quali il Governo di Tripoli si sarebbe detto contrario ad un intervento internazionale nel Paese e gli attori internazionali, Stati Uniti e Italia in primis, avrebbero affermato la propria disponibilità a sostenere il GNA nei modi e nei tempi richiesti, la variabile di mutamento sarebbe da identificare nell’Egitto del Generale Al Sisi.

Dopo la caduta del Colonnello Gheddafi e la disintegrazione dell’essenza statuale libica, il disequilibrio interno alla Libia ha pesantemente inciso sul territorio egiziano sia dal punto di vista dei flussi di profughi sia per quanto riguarda la sicurezza interna a causa del lungo confine condiviso. Contestualmente il colpo di Stato contro la Fratellanza Musulmana e la salita al potere di Al Sisi, la lotta libica tra Tobruk e Tripoli per il controllo del Paese, avrebbe, inoltre, cementato una stretta alleanza contro i partiti di ispirazione islamica tra Khalifa Haftar, generale alla guida delle forze armate libiche e figura di spicco di Tobruk, e il Governo egiziano. In una seconda fase questa relazione si sarebbe ulteriormente approfondita nella comune lotta contro lo Stato Islamico che, nel territorio a cavallo tra i due Paesi, avrebbe trovato terreno fertile per la propria propaganda e per le proprie azioni.

Per alcuni analisti, l’obiettivo del Cairo sarebbe quello di creare una zona cuscinetto, approssimativamente sovrapponibile alla regione Cirenaica, sotto la guida di un Governo amico in modo da frapporre una significativa distanza fisica da eventuali pericoli, Stato Islamico o gruppi islamici facenti riferimento al Governo di Tripoli e alla coalizione Alba della Libia. Una soluzione che dovrebbe, però, essere considerata di ripiego rispetto al più ampio progetto di una Libia unita ed alleata del Governo egiziano. Prima dell’arrivo di Sarraj, infatti, l’unico Governo riconosciuto dalla comunità internazionale era proprio quello di Tobruk, e la possibilità che esso potesse prendere il controllo dell’intero Paese era considerata plausibile. Il forte radicamento territoriale dei due contendenti e l’incapacità di giungere ad un accordo per il futuro del Paese, anche a causa delle significative interferenze internazionali, ha, però, portato al fallimento di questa prospettiva e alla creazione alla fine dello scorso anno del GNA.

Nonostante questo mutamento di contesto, il Cairo avrebbe mantenuto il suo sostegno ad Haftar e a Tobruk. Secondo numerosi report della commissione sulla Libia delle Nazioni Unite, negli anni passati, l’Egitto avrebbe violato almeno due volte l’embargo sulle armi, fornendo attrezzature all’esercito guidato da Haftar, ma secondo fonti meno ufficiali, questa collaborazione sarebbe ben più più ampia di quella dimostrabile con prove tangibili. Parallelamente al supporto materiale e molto più semplice da dimostrare è, invece, il supporto diplomatico di Al Sisi a Tobruk e a Haftar e la centralità del ruolo egiziano nelle sorti della Libia. Evidenza di questo coinvolgimento sono sia le prese di posizione del Governo egiziano in merito alla questione sia i numerosi viaggi di tutti i principali attori della contesa libica (escludendo IS e Alba della Libia) in Egitto prima e dopo la formazione del GNA. Il Governo egiziano ha, infatti, più volte, affermato la necessità di intervenire in Libia contro l’avanzata dello Stato Islamico, sottolineando, però, la necessità di appoggiarsi a forze locali, evitando interventi internazionali indipendenti che avrebbero potuto portare all’ulteriore esacerbarsi del conflitto. Il riferimento ad Haftar ed alla sua campagna contro l’IS a Sirte, in questo caso, è più che chiaro. Allo stesso modo Al Sisi ha palesato, dopo l’ingresso di Sarraj a Tripoli, le proprie resistenze rispetto ad un Governo creato a tavolino in esilio e privo di un diffuso sostegno nel proprio territorio di competenza.

Nonostante la posizione di contrasto rispetto all’iniziativa internazionale, l’Egitto viene considerato un interlocutore imprescindibile per l’evolversi della questione libica. Da Haftar al Segretario di Stato Statunitense John Kerry, dal Primo ministro italiano Matteo Renzi a Sarraj, dal Primo Ministro francese Hollande al delegato ONU per la Libia Martin Kobler, nella consapevolezza del ruolo ricoperto da Al Sisi nel sostegno a Tobruk, tutti hanno dovuto affrontare nelle loro visite al Cairo la questione libica. Così è stato anche in questi giorni, prima e dopo il vertice di Vienna. Sabato 14 maggio, secondo fonti ufficiali egiziane, il Ministro degli Esteri del Cairo, Sameh Shoukry, avrebbe ricevuto una telefonata da Sarraj ed una dal Ministro degli Esteri degli Emirati Arabi Uniti, Sheikh Abdullah Ben Zayed, per coordinarsi sulle posizioni da tenere durante l’incontro del lunedì. Secondo il portavoce del Ministero degli Esteri egiziano, Ahmed Abu Zeid, durante il colloquio con Shoukry, Sarraj avrebbe, inoltre, evidenziato il proprio apprezzamento per l’importante ruolo svolto dall’Egitto nel sostenere la questione libica, per il sostegno dato dal Cairo alle aspirazioni del popolo libico per raggiungere la stabilità e la pace e per l’impegno profuso dal Governo Al Sisi per il raggiungimento di un piano di accordo nazionale. Il portavoce avrebbe anche aggiunto che il Primo Ministro libico avrebbe dimostrato di essere aperto ad un piano di coordinamento tra GNA e Governo egiziano nelle prossime fasi di sviluppo della questione.

Un passo in avanti che appare significativo tenendo conto delle resistenze e delle difficoltà di relazione del passato. Alla luce di questo mutato atteggiamento, dovremmo guardare agli incontri che si svolgeranno in questi giorni in Egitto. Dopo l’incontro di Vienna e le dichiarazioni di Haftar, dimostratosi indisponibile al riconoscimento del Governo Sarraj, mercoledì si è tenuto un incontro tra Kerry e Al Sisi sulla questione israelo-palestinese e sul destino della Libia. Nelle stesse ore anche il premier libico sarebbe giunto in suolo egiziano per conferire con Kerry. La partita sulla futura eliminazione dell’embargo sugli armamenti potrebbe essere, dunque, giocata in suolo egiziano. Il destino del Governo libico sembra, così, essere nelle mani di Al Sisi e dalla sua volontà di cambiare interlocutore per il futuro della Libia.

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