di Francesca La Bella
La Libia potrebbe essere entrata in nuova fase della sua lunga storia
di ricollocamento nello scacchiere regionale dopo il vertice di Vienna
dello scorso lunedì. A seguito degli incontri e della richiesta
da parte del Primo Ministro Fayez al Sarraj di sostegno al Governo di
Accordo Nazionale (GNA) attraverso la rimozione dell’embargo sulla
fornitura di armi, il processo di soluzione della questione libica
potrebbe aver subito un’improvvisa accelerazione.
Questo
cambiamento non sembra essere, però, conseguenza né di un miglioramento
dei rapporti tra GNA e le diverse controparti nazionali né di un
mutamento nell’atteggiamento delle potenze occidentali rispetto al
contesto libico. Per quanto sia stato dato grande risalto alle
dichiarazioni del Primo Ministro Sarraj secondo le quali il Governo di
Tripoli si sarebbe detto contrario ad un intervento internazionale nel
Paese e gli attori internazionali, Stati Uniti e Italia in primis,
avrebbero affermato la propria disponibilità a sostenere il GNA nei modi
e nei tempi richiesti, la variabile di mutamento sarebbe da identificare nell’Egitto del Generale Al Sisi.
Dopo la caduta del Colonnello Gheddafi e
la disintegrazione dell’essenza statuale libica, il disequilibrio
interno alla Libia ha pesantemente inciso sul territorio egiziano sia
dal punto di vista dei flussi di profughi sia per quanto riguarda la
sicurezza interna a causa del lungo confine condiviso. Contestualmente
il colpo di Stato contro la Fratellanza Musulmana e la salita al potere
di Al Sisi, la lotta libica tra Tobruk e Tripoli per il controllo del
Paese, avrebbe, inoltre, cementato una stretta alleanza contro i partiti
di ispirazione islamica tra Khalifa Haftar, generale alla guida delle
forze armate libiche e figura di spicco di Tobruk, e il Governo
egiziano. In una seconda fase questa relazione si sarebbe
ulteriormente approfondita nella comune lotta contro lo Stato Islamico
che, nel territorio a cavallo tra i due Paesi, avrebbe trovato terreno
fertile per la propria propaganda e per le proprie azioni.
Per alcuni analisti, l’obiettivo
del Cairo sarebbe quello di creare una zona cuscinetto,
approssimativamente sovrapponibile alla regione Cirenaica, sotto la
guida di un Governo amico in modo da frapporre una significativa
distanza fisica da eventuali pericoli, Stato Islamico o gruppi
islamici facenti riferimento al Governo di Tripoli e alla coalizione
Alba della Libia. Una soluzione che dovrebbe, però, essere considerata
di ripiego rispetto al più ampio progetto di una Libia unita ed alleata
del Governo egiziano. Prima dell’arrivo di Sarraj, infatti, l’unico
Governo riconosciuto dalla comunità internazionale era proprio quello di
Tobruk, e la possibilità che esso potesse prendere il controllo
dell’intero Paese era considerata plausibile. Il forte radicamento
territoriale dei due contendenti e l’incapacità di giungere ad un
accordo per il futuro del Paese, anche a causa delle significative
interferenze internazionali, ha, però, portato al fallimento di questa
prospettiva e alla creazione alla fine dello scorso anno del GNA.
Nonostante questo mutamento di
contesto, il Cairo avrebbe mantenuto il suo sostegno ad Haftar e a
Tobruk. Secondo numerosi report della commissione sulla Libia delle
Nazioni Unite, negli anni passati, l’Egitto avrebbe violato almeno due
volte l’embargo sulle armi, fornendo attrezzature all’esercito guidato
da Haftar, ma secondo fonti meno ufficiali, questa collaborazione
sarebbe ben più più ampia di quella dimostrabile con prove tangibili. Parallelamente
al supporto materiale e molto più semplice da dimostrare è, invece, il
supporto diplomatico di Al Sisi a Tobruk e a Haftar e la centralità del
ruolo egiziano nelle sorti della Libia. Evidenza di questo
coinvolgimento sono sia le prese di posizione del Governo egiziano in
merito alla questione sia i numerosi viaggi di tutti i principali attori
della contesa libica (escludendo IS e Alba della Libia) in Egitto prima
e dopo la formazione del GNA. Il Governo egiziano ha, infatti, più
volte, affermato la necessità di intervenire in Libia contro l’avanzata
dello Stato Islamico, sottolineando, però, la necessità di appoggiarsi a
forze locali, evitando interventi internazionali indipendenti che
avrebbero potuto portare all’ulteriore esacerbarsi del conflitto. Il
riferimento ad Haftar ed alla sua campagna contro l’IS a Sirte, in
questo caso, è più che chiaro. Allo stesso modo Al Sisi ha palesato,
dopo l’ingresso di Sarraj a Tripoli, le proprie resistenze rispetto ad
un Governo creato a tavolino in esilio e privo di un diffuso sostegno
nel proprio territorio di competenza.
Nonostante la posizione di contrasto
rispetto all’iniziativa internazionale, l’Egitto viene considerato un
interlocutore imprescindibile per l’evolversi della questione libica. Da
Haftar al Segretario di Stato Statunitense John Kerry, dal Primo
ministro italiano Matteo Renzi a Sarraj, dal Primo Ministro francese
Hollande al delegato ONU per la Libia Martin Kobler, nella
consapevolezza del ruolo ricoperto da Al Sisi nel sostegno a Tobruk,
tutti hanno dovuto affrontare nelle loro visite al Cairo la questione
libica. Così è stato anche in questi giorni, prima e dopo il
vertice di Vienna. Sabato 14 maggio, secondo fonti ufficiali egiziane,
il Ministro degli Esteri del Cairo, Sameh Shoukry, avrebbe ricevuto una
telefonata da Sarraj ed una dal Ministro degli Esteri degli Emirati
Arabi Uniti, Sheikh Abdullah Ben Zayed, per coordinarsi sulle posizioni
da tenere durante l’incontro del lunedì. Secondo il portavoce
del Ministero degli Esteri egiziano, Ahmed Abu Zeid, durante il
colloquio con Shoukry, Sarraj avrebbe, inoltre, evidenziato il proprio
apprezzamento per l’importante ruolo svolto dall’Egitto nel sostenere la
questione libica, per il sostegno dato dal Cairo alle aspirazioni del
popolo libico per raggiungere la stabilità e la pace e per l’impegno
profuso dal Governo Al Sisi per il raggiungimento di un piano di accordo
nazionale. Il portavoce avrebbe anche aggiunto che il Primo
Ministro libico avrebbe dimostrato di essere aperto ad un piano di
coordinamento tra GNA e Governo egiziano nelle prossime fasi di sviluppo
della questione.
Un passo in avanti che appare
significativo tenendo conto delle resistenze e delle difficoltà di
relazione del passato. Alla luce di questo mutato atteggiamento,
dovremmo guardare agli incontri che si svolgeranno in questi giorni in
Egitto. Dopo l’incontro di Vienna e le dichiarazioni di Haftar,
dimostratosi indisponibile al riconoscimento del Governo Sarraj,
mercoledì si è tenuto un incontro tra Kerry e Al Sisi sulla questione
israelo-palestinese e sul destino della Libia. Nelle stesse ore anche il
premier libico sarebbe giunto in suolo egiziano per conferire con
Kerry. La partita sulla futura eliminazione dell’embargo sugli armamenti potrebbe essere, dunque, giocata in suolo egiziano.
Il destino del Governo libico sembra, così, essere nelle mani di Al
Sisi e dalla sua volontà di cambiare interlocutore per il futuro della
Libia.
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