Dopo il presidente regionale referente della malavita (Stefano Graziano, in Campania), ora si dimette anche il presidente-imprenditore, Renato Soru.
Diciamo quindi che questa successione rivela un “blocco sociale” che da sempre, in Italia, ha sostenuto i governi, qualunque fosse la dicitura formale appesa sulla coalizione (democristiani, centrosinistra, centrodestra, ecc). Un blocco sociale retrogrado – anche quando, con Soru, ingloba l’impresa dell'“innovazione tecnologica” – perennemente bisognoso di corroborare gli asfittici livelli di profitto con leggi ad aziendam, evasione fiscale autorizzata, elusione contributiva elevata a legge con gli “incentivi” escogitati – stavolta – da Poletti e il mondo Coop, provvedimenti a favori delle imprese come di finanziamenti a pioggia delegati alle clientele locali.
La vicenda che ha portato alla condanna di Renato Soru per evasione fiscale è certamente meno rognosa dalla vicenda Graziano, e ovviamente non si tratta di personaggi accomunabili sotto nessun profilo. Ma la differenza scompare nel microuniverso dei potentati Pd. Da dovunque tu venga, chiunque tu rappresenti, fai parte di questa corte, accetti di “contemperare” i tuoi interessi e i tuoi obiettivi con quelli di cordate anche molto differenti e poi rispetti i patti.
Soru, si è dimesso dall’incarico, obbedendo peraltro a uno statuto del partito particolarmente permissivo (dimissioni obbligate solo dopo la condanna di primo grado, non al momento del rinvio a giudizio o dell’avviso di garanzia).
La condanna a tre anni di reclusione, inflitta dal tribunale di Cagliari al patron di Tiscali, per evasione fiscale di 2,6 milioni di euro è relativa ad un prestito fatto dalla società Andalas Ldt (sempre di Soru) a Tiscali. Un classico giochino delle tre carte tra società appartenenti allo sesso imprenditore e senza alcuna ragione commerciale.
La sentenza è stata emessa dal giudice monocratico Sandra Lepore. Il pm Andrea Massidda aveva sollecitato una condanna a quattro anni dell’europarlamentare, ex presidente della Regione e segretario del Pd in Sardegna.
«Non mi aspettavo questa sentenza, mi aspettavo di essere assolto, credo sia una sentenza ingiusta», ha detto Soru pochi minuti dopo la lettura della sentenza.
«Non ho mai voluto sottrarre soldi al Fisco. Ho dimostrato di aver investito su un progetto industriale, quello di Tiscali, e non sul volermi arricchire».
Stando alle accuse, legate a una complessa ed estremamente tecnica controversia fiscale, nel 2004 la società londinese avrebbe concesso un prestito di oltre 27 milioni di euro alla Tiscali finance. La società con sede a Cagliari, a Sa Illetta, nei cinque anni successivi avrebbe restituito parte del debito versando anche gli interessi alla Andalas. Soldi che non sarebbero stati mai dichiarati al fisco né inglese né italiano. Da qui le contestazioni che Soru, presidente della Regione Sardegna dal 2004 al 2008, aveva cercato di respingere punto per punto.
I suoi legali avevano sostenuto che Soru, all’epoca dei fatti contestati, svolgeva il suo ruolo di presidente della Regione Sardegna in modo maniacale che lo portava, a loro dire inevitabilmente, a trascurare le sue aziende.
E non aveva nemmeno un Confalonieri per farsi sostituire...
Fonte
Nessun commento:
Posta un commento