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05/05/2016

Bologna. “Occupare le case sfitte non è un reato”

Ieri pomeriggio si è tenuta una conferenza stampa nella sede bolognese dell’Unione Sindacale di Base, all’indomani del violento sgombero delle case occupate in via Irnerio (dedicate a Nelson Mandela) e della durissima giornata che è seguita, conclusasi solo alle 23.30 quando gli ultimi occupanti hanno lasciato la chiesa di Santa Maria della Mascarella, il cui parroco ha confermato ai cronisti che sia stata trovata una sistemazione per tutti. “Una giornata importante, per varie ragioni – ha spiegato un esponente dell’Asia/ Usb – innanzitutto la grande capacità di resistenza di abitanti e attivisti, perché lo sgombero ha richiesto ore. Ed è stata importante perché si è dimostrata una volontà di resistenza verso una violenza a cui non ci possiamo né vogliamo abituare. C’è un problema politico della Questura, accompagnato dalle ambiguità del Comune, che fa il gioco del poliziotto buono e poliziotto cattivo tra Frascaroli e Merola”. Quest’ultimo, mentre il suo assessore al welfare mediava, non risparmiava bordate come: “Si è voluto esasperare inutilmente sulla pelle di povera gente”.

“Se la risposta pubblica al problema abitativo è ‘vai in strada’ – aggiunge – occupare è un atto di dignità. Noi non strumentalizziamo nessuno. Noi siamo lo strumento di questa lotta. Riteniamo che il dato politico della giornata di ieri sia stato positivo.” L’Asia/Usb ha poi ricordato come il Sant’Orsola avesse inizialmente accettato un piano di rateizzazione per regolare la  posizione con la proprietà, e versato una prima quota, e respinto l’ accusa rivolte dal Comune di aver impedito ai servizi sociali di censire gli occupanti: “Non si sono mai presentati”.

L’intervento del vescovo, già ieri definito un “interlocutore anomalo” ma che “sa che a Bologna c’è disperazione”, secondo il sindacato “segnala una crisi della politica”.

L’Associazione inquilini assegnatari ha poi spiegato la composizione sociale che animava l’occupazione, che accoglieva numerose famiglie sfrattate tra cui gli ex occupanti di via Toscana ma anche gli studenti che avevano dato vita al “Centro studi occupato Terzo Piano”, che “serviva a finanziare il progetto dell’occupazione e ad aprirlo all’esterno, per mostrare che chi fa la lotta per la casa non ha niente da nascondere. Ci facevamo le cene e ci passava molta gente, era un modo per vivere lo spazio in maniera collettiva”.

Secondo Asia “ieri è stata una giornata violenta, perché oltre alle violenze della polizia perdere la casa è una ferita che rimane. Vi è stata una resistenza importante di molti soggetti, anche esterni alla lotta per la casa, e la solidarietà di molti inquilini delle case popolari”.

Un occupante ha inoltre raccontato la sua storia: “Dopo aver perso il lavoro non potevo più pagare l’affitto e sono stato sfrattato. Con gli assistenti sociali non ho risolto nulla. Vivo con la mia compagna. Ho 63 anni e sono troppo vecchio per trovare un lavoro e troppo giovane per la pensione, devo aspettare i 67. Ho vissuto due anni per strada e le condizioni dei dormitori sono insopportabili: bisogna uscire alle otto di mattina e si può rientrare alle sette di sera. Ti derubano di tutto. Questa notte sono stato in albergo, il comune mi ha mandato lì, ma quelli dell’albergo non sanno se sarò lì anche domani”.

L'Usb è tornata infine a ripercorrere le fasi della trattativa di ieri sera: “Mezz’ora dopo gli accordi presi con Frascaroli e il vescovo ieri notte, sono arrivati i servizi sociali e volevano prendere solo donne e bambini. Siamo riusciti a far sì che tutte le famiglie fossero collocate in varie strutture del territorio bolognese; i singoli sono stati collocati in dormitori e alberghi. Rifiutiamo la logica che chi è da solo viene scaricato perché non ha figli. L’accordo è: tutti con un tetto, almeno sulla soluzione emergenziale di due anni. L’obiettivo dell’incontro con Zuppi non era che lui si facesse carico della mediazione col comune, ma invece far capire che la questione è sistemica, come lui stesso l’ha definita”.

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