Quest'anno in Russia qualcuno ha cercato di giocare d'anticipo. Avvicinandosi il 25° anniversario delle giornate (19-21 agosto) di quel 1991 che segnò la fine dell'Urss e per ricordare nella maniera che più gli si addice il protagonista diretto – più esatto sarebbe definirlo all'inglese: notorious – di quella fine, Boris Eltsin, i tutori della sua immagine non hanno trovato nulla di meglio che andare definitivamente oltre gli schemi e legare il suo nome a quello di altri personaggi che, prima di lui ma senza successo, avevano tentato l'assalto all'Unione Sovietica.
All'istituto “sociale, culturale e di istruzione” che porta il suo nome, inaugurato in pompa magna a Ekaterinburg nel novembre scorso alla presenza di Vladimir Putin, hanno deciso di portare sugli scudi “Die Komplizen” (come li definiscono i tedeschi) del nazismo. Il vice direttore del “Centro Eltsin”, Nikita Sokolov ha annunciato l'intenzione dell'istituto di riabilitare i seguaci di Andrej Vlasov (che, dopo il 1942, combatterono dalla parte dei nazisti nel cosiddetto Esercito di liberazione russo) e i cosacchi di Pёtr Krasnov (quegli stessi che guerreggiarono contro il giovane Esercito Rosso durante la guerra civile e da cui provenivano poi alcuni reparti impiegati dai nazisti in Friuli e in Jugoslavia in rastrellamenti antipartigiani), in modo da eliminare “un importante problema scientifico-sociale. Non sono stati riabilitati quegli uomini che lottarono realmente contro il potere sovietico” ha detto Sokolov; “La Russia attuale vuole continuare a considerarli nemici del popolo? Ci sono stati degli effettivi gruppi di combattenti, non riabilitati, nonostante non abbiano commesso nulla: si tratta dei seguaci di Vlasov. E allora dovremo considerare i cosacchi che combatterono contro i bolscevichi, nemici anche del popolo della Russia di oggi? Io non ne sono sicuro”, ha dichiarato il vice direttore del Centro Eltsin. “E' necessario uscire dalla cornice del ristretto concetto di persone sottoposte a repressione; dobbiamo allargarlo. Se riceveremo richieste per lapidi in memoria di persone che hanno combattuto contro l'Unione Sovietica armi alla mano, allora apriremo un dibattito pubblico su questo tema", ha aggiunto, forse riferendosi alle targhe da dedicare a Mannerheim o Kolčak sui muri di Piter.
Da rilevare, osserva il sito nakanune.ru che riporta la notizia, come simili “discussioni” sulla riabilitazione di traditori della patria fossero portate avanti già nel periodo del “romanticismo liberale” di fine anni '80 inizio anni '90. Ma anche allora gli storici più coscienziosi riconoscevano che quei “combattenti idealisti” non erano in realtà che dei traditori, i quali capivano perfettamente che non si trattava di alcuna “liberazione” della Russia e che la Germania hitleriana voleva la distruzione completa dei popoli dell'Urss: le mani di quei “liberatori” sono sporche del sangue dei soldati sovietici e dei civili delle zone occupate dell'Urss. Sono già avviate alcune petizioni con la richiesta al Presidente russo e al Procuratore generale di chiudere il “Centro Eltsin” per propaganda di “fascismo liberale”, scrive nakanune.ru.
L'agenzia Novorosinform nota che, nella petizione di chiusura del “Centro Eltisn”, si rileva come le dichiarazioni di Sokolov “esprimano, in fondo, la reale natura del Centro” e come ciò “non sia sorprendente, dal momento che lo stesso Eltsin, secondo la profonda convinzione di molti, è stato un traditore ... I traditori che il “Centro Eltsin” vuol riabilitare combatterono contro “il bolscevismo e il giudaismo”: Ecco, questa è l'ideologia antisovietica, russofoba e antisemita propagandata dal Centro realizzato a spese dello stato”.
E tra i commenti dei lettori: “Quant'è strano il popolo di Russia. Nel 1993 (in realtà, nel 1991) abbatterono l'Urss, distrussero il potere del popolo e instaurarono il capitalismo, con la volontà di trasformare alcuni in schiavi e altri in signori, derubando il popolo e privatizzando la proprietà popolare, lasciando la gente comune all'auto-sopravvivenza, distruggendo deliberatamente l'economia e i posti di lavoro, e ciononostante ancora oggi la gente vota questi ladri e truffatori. Il fatto che quel Centro simboleggi per l'appunto il vero vertice antipopolare della Russia, questo non preoccupa nessuno. Il Centro va eliminato e il potere da esso simboleggiato va liquidato”. E un altro lettore, estremizzando le analogie: “I seguaci russi di Vlasov non sono che una copia dei seguaci ucraini di Bandera: esattamente allo stesso modo dell'Ucraina, essi allargano la cosiddetta “Overton Window”.
C'è una sorprendente somiglianza con l'Ucraina, dove la riabilitazione di Bandera e Šhukhevič sarebbe stata impossibile senza il sostegno di vari organi statali, che hanno aiutato la riabilitazione dei collaborazionisti e delle SS ucraine che, nella logica degli stronzi del Centro Eltsin, "lottarono armi alla mano".
Riguardo allo stesso Eltsin, il 15 agosto politonline.ru scriveva che, ovviamente, la CIA sapeva del GKČP (Gosudarstvennyj Komitet po Črezvyčajnomu Položeniju), il Comitato statale per lo Stato d’Emergenza e preparava attivamente il disgregamento dell'Urss, come testimoniano i documenti pubblicati nel marzo di quest'anno dal National Security Archive, sostenendo in ogni modo i “democratici” eltsiniani contro i cosiddetti “tradizionalisti”. Da essi scaturisce che la CIA lavorava a dividere il paese in piccoli pezzi, unico modo per “superare il sistema comunista”, allargando quelle contraddizioni tra centro e periferia che si erano formate nel periodo gorbacioviano e prima. La CIA sapeva che il goffo tentativo di fermare la svolta eltsiniana – il cosiddetto “putsch” d'agosto: non si sa quanto coscientemente votato al fallimento – sarebbe stato diretto da Janaev, Krjučkov, Ivaško e Gromov, definiva Pugo e Pavlov "insignificanti", sapeva che l'Unione Sovietica era sull'orlo del collasso e il potere di Gorbaciov fragile e prevedeva il colpo di stato. La CIA lavorava sui progetti di “riforme” della struttura statale di Grigorij Javlinskij, di “terapia shock” e passaggio all'economia di mercato di Anatolij Čubais, puntava sull'influenza esercitata da Boris Nemtsov su Boris Eltsin, al quale non è mai mancato il sostegno aperto di George Bush senior prima e di Bill Clinton, poi.
Nulla di sensazionale, quindi, nella recente “rivelazione” del vice presidente russo dell'epoca, Aleksandr Rutskoj, secondo cui la prima comunicazione successiva alla congiura della puša di Beloveža e al disfacimento dell'Urss deciso a tavolino da Eltsin, Kravčuk e Šuškevič, Boris Nikolaevič l'avesse fatta direttamente a Bush e ugualmente non desta meraviglia la “rivelazione” dell'ex direttore del National Security Programs, Fritz Ermarth, secondo cui nel 1993 “Eltsin cannoneggiò il parlamento con l'appoggio USA”. Nelle sue memorie, Bush senior conferma quanto detto da Rutskoj e aggiunge che Eltisn gli lesse al telefono i punti del documento firmato dai presidenti russo, ucraino e bielorusso e quindi approvato da quello kazakho Nursultan Nazarbaev, “formulati in modo da ricevere il beneplacito degli Stati Uniti... Caro George, tutto ciò estremamente importante. Secondo la tradizione instauratasi tra noi, non ho potuto attendere neanche 10 minuti per telefonarle”, racconta Bush.
Pravda.ru ha pubblicato lo scorso 12 agosto lo stenogramma di quella conversazione tra Eltsin e Bush, in cui, tra l'altro sono contenuti tali convenevoli “Signor Presidente”, dice Eltsin “eravamo d'accordo che in caso di eventi di estrema importanza, ci saremmo informati reciprocamente. Oggi nel nostro paese c'è stato un evento molto importante, e vorrei informarla personalmente, prima che lo sappiate dalla stampa... il Trattato dell'Unione, che vogliono convincerci a firmare, non ci soddisfa ... letteralmente pochi minuti fa abbiamo sottoscritto un accordo in 16 punti da cui scaturisce la creazione di comunità o gruppi di stati ... E' un tentativo di conservare la comunità, liberandoci però dal controllo totale del centro, che ci ha impartito ordini per 70 anni”.
In definitiva, secondo un sondaggio del VTsIOM del gennaio scorso, tra il 2007 e il 2016 è passata dal 36 al 50% la percentuale di russi che valuta negativamente l'attività di Boris Eltsin. Le conseguenze più negative dell'epoca eltsiniana sono oggi considerate la guerra cecena (63% degli interpellati), la crisi finanziaria del 1998 (62%), crollo della produzione (55%), inflazione (53%), depredamento delle proprietà statali (52%) e fine dell'Urss (55%). In base a una ricerca condotta nei giorni scorsi dal liberale Centro Levada, solo metà dei russi si ricorda dei fatti dell'agosto 1991: di essi, il 30% li giudica un tragico avvenimento con conseguenze disastrose per il popolo e il paese, mentre il 35% li ricorda come un semplice episodio nella lotta ai vertici del potere. Significative le risposte a domande più specifiche: tra il 2001 e il 2016 è passata dal 16 al 18% la percentuale di chi ritiene che il GKČP mirasse a impedire il disfacimento dell'Urss ed è scesa dal 15 al 12% quella di chi pensa che intendesse semplicemente mantenere il potere del PCUS. Negli ultimi 15 anni è scesa dal 24 al 13% la percentuale di chi considera nel giusto gli avversari del GKČP (cioè gli eltsiniani) ed è rimasta pressoché stabile (dal 14 al 15%) quella di chi ritiene nel giusto il Komitet. Alla domanda (capziosa) “se simili avvenimenti, cioè un tentativo di ritorno all'ordine sovietico, si ripetessero oggi, vi schierereste a difesa della democrazia russa?”, la significativa risposta è stata “no” per il 44% e “sì” per il 16%, così che se il 33% pensa che la Russia, dal 1991, sia andata nella giusta direzione, il 40% ritiene di no.
Il tentativo del “Centro Eltsin” di riabilitare Krasnov e Vlasov ne è un esempio diretto.
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