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01/06/2017

Un appello contro la repressione delle lotte, in difesa delle libertà democratiche

Giuristi, sindacalisti, costituzionalisti, docenti universitari, attivisti politici e sociali, hanno lanciato un appello per fermare l’escalation repressiva in corso nel paese, escalation che appare strettamente funzionale alla governabilità autoritaria delle conseguenze sociali della crisi e delle misure antipopolari imposte dal governo e dalle istituzioni europee. Un segnale di allarme ma anche un appello alla resistenza e alla legittima difesa comune. Qui di seguito il testo e i primi firmatari dell’appello:

APPELLO CONTRO LA REPRESSIONE DELLE LOTTE SOCIALI E POLITICHE ED IN DIFESA DELLE LIBERTA’ DEMOCRATICHE

Con questo appello intendiamo lanciare un serio segnale di allarme sullo stato delle libertà democratiche e dell’agibilità politica e sociale nel nostro paese.

Stiamo verificando sempre più spesso l’uso di misure repressive contro attivisti sindacali, sociali, politici, semplici lavoratori impegnati nei conflitti che investono la società.

Si tratta di misure unilaterali di polizia, eredità perdurante del codice penale del ventennio fascista, tese ad annullare l’agibilità in un territorio, una città, un terreno di lotta vertenziale.

In particolare vengono utilizzati sempre più spesso provvedimenti repressivi – talvolta senza neanche un processo – che comminano sia pene detentive che forti sanzioni economiche.

E’ accaduto recentemente ad attivisti sociali e sindacali a Bologna e in Calabria, ai lavoratori di una azienda partecipata del Comune di Roma. Accade sistematicamente contro attivisti dei movimenti di lotta per la casa, ai disoccupati napoletani o attivisti del movimento No Tav, a Torino e in Val di Susa.

E’ importante cogliere l’obiettivo di queste misure repressive, solo apparentemente e momentaneamente “più leggere” di quelle adottate negli anni delle “leggi d’emergenza”.

C’è un nesso palese tra estensione dei provvedimenti repressivi e conseguenze della crisi economica che produce disoccupazione di massa, sfratti, chiusura di aziende, aumento vertiginoso delle disuguaglianze, brusche precipitazioni in condizioni di povertà per milioni di persone.

Tutti gli indicatori del disagio sociale sono in rapida crescita, ma è scomparso il ruolo costituzionale della politica: trovare soluzioni, mantenere la coesione sociale, contrastare la crescita delle disuguaglianze sociali.

Vincoli di bilancio e Trattati Europei concorrono alla deresponsabilizzazione del soggetto pubblico e alla distruzione dei sistemi di welfare. Le esigenze sociali di ogni ordine e grado, anche quelle minime, si trovano di fronte sempre più spesso solo le forze dell’ordine.

I “Decreti Minniti” su migranti e “decoro urbano”, ormai commutati in legge, sono l’unica risposta a questo scenario. Il governo attuale e quelli che seguiranno, sanno benissimo che per rispettare i parametri imposti da Bruxelles dovranno aumentare le misure “lacrime e sangue”, colpire ancora più pesantemente lavoratori, pensionati, famiglie. Una torsione particolarmente inaccettabile è poi quella diretta contro i migranti che introduce, nei fatti, un doppio standard giuridico e penale verso gli immigrati.

Consapevole del lavoro sporco che dovrà fare, il governo ha creato un “sistema di deterrenza” per scoraggiare ogni protesta sociale e neutralizzare i soggetti più attivi. Una repressione preventiva non riservata solo agli attivisti ma diretta soprattutto a lavoratori, disoccupati, senza casa, migranti.

Sanzioni per migliaia di euro o restrizioni di polizia (fogli di via, obblighi di dimora, divieti di accesso ad alcune zone o città), che effetto devono produrre su un lavoratore Lsu, su un operaio di una fabbrica in via di chiusura, su una lavoratrice di un supermercato a part time o un giovane disoccupato?

Il dogma della cosiddetta “legalità” sta entrando apertamente in contraddizione con ogni richiesta di giustizia e uguaglianza sociale.

Il 4 dicembre, un referendum popolare ha difeso la Costituzione e il suo impianto democratico da un attacco ispirato da questa filosofia. Ma non ha fermato il “programma politico” che ne doveva derivare.

Questo stillicidio quotidiano di denunce, provvedimenti restrittivi, sanzioni economiche, sta configurando un vero e proprio stato di polizia, forse meno appariscente di quello turco, ma animato dalla stessa filosofia.

Riteniamo dunque urgente mettere in campo una vasta mobilitazione democratica nel paese contro questo clima politico e le leggi di polizia adottate.

Si impone – e rapidamente – un cambio di passo. A cominciare da una amnistia e dalla depenalizzazione per i reati connessi alle lotte sociali e sindacali.

Infine diventa urgente mettere in campo nel paese una vasta campagna democratica e popolare per abrogare il Decreto Minniti, diventato legge.

30 maggio 2017

primi firmatari

prof. Paolo Maddalena

Giorgio Cremaschi

Fabrizio Tomaselli

Carlo Guglielmi

Ugo Boghetta

Nicoletta Dosio

prof. Ernesto Screpanti

Luigi Di Giacomo

Mauro Casadio

Carlo Formenti

Franco Russo

Sergio Cararo

Francesco Valerio Della Croce

Nella Ginatempo

Stefano Zai

Beppe Corioni

Roberto Pardini

Fonte

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