Si è tenuta stamane a Napoli, nella Domus Ars, l’iniziativa “Sindacato complice, sindacato di lotta”, organizzata dall’Unione Sindacale di Base, attraverso la quale il sindacato conflittuale ha cercato di dire la sua nell’ambito della campagna elettorale in corso, ponendo il tema del “sindacato che serve” ai lavoratori, in contrapposizione a quelli padronali.
Mai come in questa campagna elettorale, infatti, il tema del sindacato è completamente sparito dalle agende politiche dei principali partiti, il che già la dice lunga sul loro posizionamento politico riguardo i massacri sociali prossimi venturi che verranno imposti dall’UE e riguardo il ruolo che attribuiscono ai sindacati nell’ambito di essi: ovvero nessuno.
L’intervento di Giorgio Cremaschi si è focalizzato sulla mutazione genetica che ha investito i sindacati confederali a partire dal 1993, anno in cui venne istituita la concertazione; a partire da allora, si è passati dalla rappresentanza strutturale e strutturata dei lavoratori (qualsiasi sia l’opinione che si abbia della maniera in cui veniva gestita) alla cogestione delle politiche di austerità imposte dall’Unione Europea assieme, appunto, alla grande borghesia che le propugnava. Siamo, ora, giunti, al punto in cui tali sindacati non scrivono più nemmeno le piattaforme rivendicative, ma si limitano a riportare i desiderata dei padroni, spacciando gli spiccioli che di tanto in tanto vengono concessi come una propria conquista.
In questo quadro, l’unico modo per restare all’interno dei giochi dei permessi sindacali e dei simulacri di forme democratiche come le assemblee sindacali, ecc. tendenzialmente è inserirsi in questo schema di complicità. Per i sindacati che non piegano la testa e non firmano gli accordi-capestro, come l’USB i dispositivi normativi tendono ad impedirne l’esistenza stessa sui luoghi di lavoro, negando, così, qualsiasi forma di democrazia sindacale e qualsiasi possibilità di rappresentanza strutturata e di parte degli interessi dei lavoratori. Crescere, sopravvivere ed operare in questa situazione, come benissimo sta facendo l’USB, resta una sfida che continuamente si rinnoverà nel prossimo futuro.
In seguito si sono susseguiti alcuni interventi politici: ex-Opg/Potere al Popolo, Movimento 5 Stelle, Rete dei comunisti, Liberi e Uguali e Pci.
Importanti spunti di riflessione sono stati offerti da Giampiero Laurenzano dell’ex-Opg, candidato nelle liste di Potere al Popolo; nel tracciare un parallelismo fra l’esperienza di Potere al Popolo e quella dell’USB, ha rimarcato che, così come la neonata esperienza elettorale ad un certo punto si è trovata nel vuoto politico a doversi costituire come unica vera “sinistra politica” nel quadro politico (mentre in precedenza i militanti che la animano erano abituati a riflettere e ad agire in un quadro in cui vi erano consolidate organizzazioni di “sinistra radicale storica”), così l’USB ora si trova ad essere l’unico vero sindacato “utile” che si comporta come tale. Pertanto è naturale che alcuni dei candidati di Potere al Popolo provengano dal sindacato.
Più evasivi e di circostanza sono stati gli interventi dei candidati di Liberi e Uguali e del Movimento a 5 Stelle, che si sono limitati ad enumerare le circostanze in cui più o meno incidentalmente si sono trovati a contatto con le lotte dell’USB e, sostanzialmente, ad esprimere vaghe promesse da campagna elettorale, senza mai entrare nel concreto del ruolo che attribuiscono ai sindacati e men che meno sul tema della democrazia sindacale.
Gli interventi della Rete dei Comunisti (Michele Franco) e del PCI (Antonio Frattasi) hanno espresso apprezzamento per l’iniziativa e hanno richiamato l’attenzione rispettivamente sulle prossime imposizioni di politiche di austerità e sui giochi di politica politicante che si apriranno subito con il voto, quando non vi sarà una maggioranza appannaggio di nessuno dei raggruppamenti maggiori che si presentano. In entrambe le circostanze sarà fondamentale l’agire del sindacalismo conflittuale come organizzatore del dissenso sociale che cova fra i lavoratori rispetto a tale quadro desolante.
Infine ci sono state le conclusioni di Pierpaolo Leonardi, dell’esecutivo nazionale dell’USB, il quale ha innanzitutto stigmatizzato l’assenza della tematica sindacale nella campagna elettorale.
In seguito ha richiamato parte della storia del sindacato e le premesse sulle quali esso è nato, ovvero l’insufficienza del sindacalismo di base inteso come insieme di rappresentanze di base che liberamente si associavano in maniera non centralizzata.
Se quello schema era stato importante ed utile fino ad un certo punto, poiché in un’epoca di relativa forza e stabilità dei confederali, teneva comunque aperta una contraddizione, in seguito, con l’avanzare della crisi della funzione di questi ultimi, è stato necessario procedere ad una centralizzazione.
Su questa strada conflittuale continuerà ad operare l’USB, nel tentativo di radicarsi sempre di più fra i lavoratori e affrontare le future sfide che, dato il crescente venire meno delle tradizionali istituzioni di agibilità sindacale (permessi, assemblee, diritto di sciopero), si presentano sempre più complicate e spingeranno a doversi costantemente mettere in discussione per costruire davvero il “sindacato che serve”.
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