di Michele Giorgio - il Manifesto
Le indiscrezioni circolate ieri mattina hanno trovato conferma in serata. Il
capo dello stato israeliano Reuven Rivlin ha incaricato il leader del
partito Likud e della destra Benyamin Netanyahu di formare una nuova
maggioranza di governo. Una decisione che Rivlin ha detto di aver preso una volta emersa l’impossibilità di formare un esecutivo di unità nazionale. Il premier uscente è stato preferito perché ha dalla sua parte 55 seggi – la maggioranza è di 61 – mentre
Blu e Bianco dell’ex generale Benny Gantz, che pure il 17 settembre è
risultato il primo partito con 33 seggi, ha ricevuto il sostegno di 54
parlamentari. A sfavorire Gantz è stato anche il mancato sostegno dei tre deputati del partito arabo Tajammo/Balad che
si è sganciato dalle altre forze politiche arabe che hanno indicato
come premier il capo di Blu Bianco. Netanyahu, dopo aver ricevuto
l’incarico, ha insistito sulla costituzione di un governo di unità
nazionale. Avrà 28 giorni di tempo per formare un nuovo governo, con una possibile estensione di due settimane. La probabilità che fallisca, come è avvenuto dopo il voto del 9 aprile, è molto alta.
Amit Segal, analista della rete tv Canale 12 prevede nuove elezioni
nel giro di pochi mesi, le terze in un anno. Netanyahu, ha spiegato,
restituirà il mandato a Rivlin già la prossima settimana di fronte
all’impossibilità di formare una maggioranza di destra oppure una con
Blu e Bianco. Rivlin a quel punto invece di dare una possibilità a Gantz
potrebbe comunicare alla Knesset di non aver trovato leader di partito
nella condizione di mettere insieme una coalizione. Altri invece
sostengono che l’incarico dato al premier uscente finirà per aprire la
strada a un governo di unità nazionale presieduto da Gantz, leader del
partito con più seggi, appoggiato dal Likud, con un Netanyahu messo
fuori gioco proprio dal suo fallimento.
Questo immagina e spera il centrosinistra. Sempre che non giunga a sorpresa in soccorso del premier l’ultrà
di destra Avigdor Lieberman, leader del partito laicista Yisrael
Beitenu che con i suoi otto seggi ha in mano le chiavi per sbloccare lo
stallo politico. Al momento Lieberman dice di non
essere schierato dalla parte di nessuno e vuole un governo Likud-Blu
Bianco allargato ad altre formazioni ad eccezione delle formazioni
religiose ortodosse e, naturalmente, dei partiti arabi, i suoi
nemici principali. Tuttavia, si sa, in politica può accadere di tutto.
Lieberman, molto polemico nei confronti di Netanyahu al quale non
riconosce le doti di leader, tra qualche giorno, in cambio di ministeri
importanti ed incarichi di prestigio per il suo partito, potrebbe
raggiungere un’intesa con il premier incaricato.
Se il centrosinistra conta di vedere Gantz seduto sulla
poltrona di capo del governo, la destra sionista religiosa invece lancia
avvertimenti a Netanyahu per dissuaderlo dal firmare un compromesso con
Gantz. All’indomani delle elezioni la destra radicale e
religiosa aveva raggiunto un accordo con il Likud, promosso proprio da
Netanyahu, in base al quale tutti i partiti si sono impegnati a
negoziare come un fronte unico. Ma Netanyahu è un politico molto
spregiudicato. Perciò non ha avuto peli sulla lingua l’ex ministra della
giustizia, Ayelet Shaked, leader di Yamina, quando si è rivolta al
primo ministro per esortarlo a non abbandonare l’alleanza delle destre
che dura da anni. «Se c’è un tradimento della destra ideologica e del
sionismo religioso, tutti ne sopporteranno le conseguenze», ha messo in
guardia. «Saremo in quel caso un’opposizione combattiva – ha assicurato –
e il Likud dovrà spiegare a tutto il nostro campo perché sta
smantellando un governo di destra e gettando il nostro fronte
all’opposizione».
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