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27/09/2019

Israele - A Netanyahu l'incarico di formare un nuovo governo

di Michele Giorgio - il Manifesto

Le indiscrezioni circolate ieri mattina hanno trovato conferma in serata. Il capo dello stato israeliano Reuven Rivlin ha incaricato il leader del partito Likud e della destra Benyamin Netanyahu di formare una nuova maggioranza di governo. Una decisione che Rivlin ha detto di aver preso una volta emersa l’impossibilità di formare un esecutivo di unità nazionale. Il premier uscente è stato preferito perché ha dalla sua parte 55 seggi – la maggioranza è di 61 – mentre Blu e Bianco dell’ex generale Benny Gantz, che pure il 17 settembre è risultato il primo partito con 33 seggi, ha ricevuto il sostegno di 54 parlamentari. A sfavorire Gantz è stato anche il mancato sostegno dei tre deputati del partito arabo Tajammo/Balad che si è sganciato dalle altre forze politiche arabe che hanno indicato come premier il capo di Blu Bianco. Netanyahu, dopo aver ricevuto l’incarico, ha insistito sulla costituzione di un governo di unità nazionale. Avrà 28 giorni di tempo per formare un nuovo governo, con una possibile estensione di due settimane. La probabilità che fallisca, come è avvenuto dopo il voto del 9 aprile, è molto alta.

Amit Segal, analista della rete tv Canale 12 prevede nuove elezioni nel giro di pochi mesi, le terze in un anno. Netanyahu, ha spiegato, restituirà il mandato a Rivlin già la prossima settimana di fronte all’impossibilità di formare una maggioranza di destra oppure una con Blu e Bianco. Rivlin a quel punto invece di dare una possibilità a Gantz potrebbe comunicare alla Knesset di non aver trovato leader di partito nella condizione di mettere insieme una coalizione. Altri invece sostengono che l’incarico dato al premier uscente finirà per aprire la strada a un governo di unità nazionale presieduto da Gantz, leader del partito con più seggi, appoggiato dal Likud, con un Netanyahu messo fuori gioco proprio dal suo fallimento.

Questo immagina e spera il centrosinistra. Sempre che non giunga a sorpresa in soccorso del premier l’ultrà di destra Avigdor Lieberman, leader del partito laicista Yisrael Beitenu che con i suoi otto seggi ha in mano le chiavi per sbloccare lo stallo politico. Al momento Lieberman dice di non essere schierato dalla parte di nessuno e vuole un governo Likud-Blu Bianco allargato ad altre formazioni ad eccezione delle formazioni religiose ortodosse e, naturalmente, dei partiti arabi, i suoi nemici principali. Tuttavia, si sa, in politica può accadere di tutto. Lieberman, molto polemico nei confronti di Netanyahu al quale non riconosce le doti di leader, tra qualche giorno, in cambio di ministeri importanti ed incarichi di prestigio per il suo partito, potrebbe raggiungere un’intesa con il premier incaricato.

Se il centrosinistra conta di vedere Gantz seduto sulla poltrona di capo del governo, la destra sionista religiosa invece lancia avvertimenti a Netanyahu per dissuaderlo dal firmare un compromesso con Gantz. All’indomani delle elezioni la destra radicale e religiosa aveva raggiunto un accordo con il Likud, promosso proprio da Netanyahu, in base al quale tutti i partiti si sono impegnati a negoziare come un fronte unico. Ma Netanyahu è un politico molto spregiudicato. Perciò non ha avuto peli sulla lingua l’ex ministra della giustizia, Ayelet Shaked, leader di Yamina, quando si è rivolta al primo ministro per esortarlo a non abbandonare l’alleanza delle destre che dura da anni. «Se c’è un tradimento della destra ideologica e del sionismo religioso, tutti ne sopporteranno le conseguenze», ha messo in guardia. «Saremo in quel caso un’opposizione combattiva – ha assicurato – e il Likud dovrà spiegare a tutto il nostro campo perché sta smantellando un governo di destra e gettando il nostro fronte all’opposizione».

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