Che sta succedendo ad Alitalia? Perché questa vicenda ci riguarda tutti? E cosa possiamo fare?
Alitalia era la “compagnia di bandiera” italiana, trasportava decine di milioni di passeggeri in tutto il mondo, dava lavoro a 25.000 dipendenti e a un numero di lavoratori dell’indotto più che doppio. In 25 anni, a causa della concentrazione capitalistica, privatizzazioni, scelte politiche fallimentari, scarso coinvolgimento dei lavoratori, incapacità di pensare una politica industriale degna, è stata ridotta a vettore aereo marginale, regionale, con meno della metà dei lavoratori impiegati.
Da anni sentiamo parlare del “salvataggio di Alitalia”, ma il salvataggio che finora hanno messo in campo ha sempre visto protagonisti manager impreparati dal punto di vista industriale ed asserviti alle cordate politiche di centro destra e centro sinistra. Tutto ciò a prescindere dalla natura pubblica o privata che si è alternata in questi anni, a dimostrazione che non è l’intervento pubblico nell’economia a generare clientelismo o scarsa efficienza delle aziende, come molti credono… Al contrario, è la potenzialità di un’azienda, pubblica o privata che sia, a creare reddito e profitti ad attirare l’interesse dei grandi gruppi economici o per acquisirla – o per affossarla ed eliminare così un potenziale concorrente!
La liberalizzazione dei mercati e la globalizzazione della finanza e dell’economia hanno sperimentato nel trasporto aereo tutto ciò che più deleterio rappresenta per i lavoratori e allo stesso tempo hanno deciso la successiva suddivisione dei ruoli in questo settore in ambito internazionale. In Europa le varie fasi della liberalizzazione hanno portato così al fallimento e alla chiusura di numerose compagnie aeree, all’assorbimento di molte di esse da parte delle tre compagnie aeree che dall’inizio si era deciso di mantenere nella loro forma e nelle dimensioni di vettori globali (Lufthansa, Air France e British) e alla costruzione delle ormai famose low-cost (prima fra tutte Ryanair) che sono servite soprattutto alla destrutturazione delle regole di mercato del settore aereo e dei contratti di lavoro.
Alitalia era troppo grande per fallire o per essere facilmente ed immediatamente assorbita da uno dei tre principali vettori europei e avrebbe quindi potuto resistere e difendere la propria esistenza e l’occupazione.
Così Germania, Francia e Regno Unito, con la collaborazione dell’Unione Europea e facendo leva sull’ignavia dei nostri governanti, decisero di erodere pian piano la solidità economica della ex “compagnia di bandiera” italiana.
25 anni in cui l’attacco portato ad Alitalia ed ai suoi lavoratori è stato continuo, pesante e senza esclusione di colpi. Unico argine è stato il protagonismo dei lavoratori e delle lavoratrici che hanno dato vita ad un’esperienza sindacale quasi unica nel panorama italiano. Il sindacalismo di base in Alitalia e nell’intero settore del trasporto aereo ha assunto la fisionomia e le dimensioni di un sindacato di massa, qualche volta vincendo, spesso ritardando e condizionando gli eventi più deleteri per i lavoratori...
Oggi Alitalia si trova alle prese con l’ennesima crisi e il cambio di governo non modifica sostanzialmente la situazione. I quattro attori che si stanno confrontando nell’ipotesi di ristrutturazione della compagnia sono infatti interessati ad altro piuttosto che al rilancio del trasporto aereo in Italia. Atlantia, cioè il gestore delle Autostrade e di Aeroporti di Roma è infatti entrato nella ipotetica compagine dei nuovi azionisti per tentare di ricattare il governo precedente che dava per scontata la revoca delle concessioni ad Autostrade ed oggi può contare su una differente attenzione sia da parte del PD sia dei 5stelle a prescindere dalle dichiarazioni di facciata.
Ferrovie dello Stato, le capofila formale del consorzio, è stata portata per le orecchie ad interessarsi ad Alitalia e ne farebbe piacevolmente a meno se potesse e magari spera in un contrordine da parte del governo.
Il Ministero dell’Economia sarebbe dovuto essere il garante politico ed istituzionale dell’intera operazione attraverso una partecipazione di circa il 15% ma l’ex Ministro Tria non ha mai nascosto la sua contrarietà, evidenziata con più forza poco prima della crisi di governo. Il nuovo Ministro Roberto Gualtieri che farà? E soprattutto è sconosciuta la posizione del PD, sempre comunque a favore di svendite dei più importanti asset industriali del paese in nome dell’interesse di mercato.
Rimane il quarto soggetto, quello che dovrebbe fornire l’esperienza del settore, cioè la statunitense Delta, una delle maggiori compagnie aeree mondiali attualmente alleata di Air France e che attraverso l’acquisizione del 10 o 15% di Alitalia (per lei veramente pochi spiccioli) avrebbe di fatto il controllo operativo dell’azienda. In effetti si è ben compreso che l’obiettivo di Delta è quello di non far crescere Alitalia, di mantenerla (per quanto?) nell’ambito dei piccoli vettori regionali e di tutelare così il proprio ricco traffico da/per gli USA e indirettamente tutelare gli interessi di Air France soprattutto sui voli intercontinentali da/per l’Europa.
E in effetti sono i voli di lungo raggio, quelli verso le Americhe, l’Asia, l’Australia e l’Africa a rappresentare per una compagnia aerea il segmento industriale più importante, più redditizio e non soggetto alla concorrenza delle low-cost. Delimitare l’intervento di Alitalia all’Italia, all’Europa e a pochissimi voli intercontinentali, come sembra stia accadendo anche con questi nuovi acquirenti, equivale ad uccidere qualsiasi ipotesi di rilancio della compagnia.
Questo è in sintesi lo stato della situazione attuale, aggravata da una sempre più evidente incapacità dei vari governi a gestire una situazione difficile, con implicazioni occupazionali enormi e riflessi nelle politiche economiche e nelle relazioni a livello europeo.
Ad Alitalia servirebbe invece una diversa ricetta per contribuire alla crescita del paese, sviluppando l’occupazione. Per un paese come l’Italia che ha una forte vocazione turistica dovrebbe essere scontata la presenza di una grande compagnia aerea che sia in grado di coprire adeguatamente soprattutto la rete dei voli intercontinentali. Chi dovrebbe tutelare gli interessi di tutti i cittadini e della ripresa di un settore trainante per l’economia e l’occupazione non può che essere lo Stato.
Per questo Potere al Popolo ritiene che l’unica strada possibile per il rilancio di Alitalia sia la nazionalizzazione, così come richiesto anche da alcune sigle sindacali.
Soltanto un forte e deciso intervento del pubblico può assicurare uno sviluppo armonico del settore attraverso una serie di provvedimenti che, come avvenuto in altri paesi, non favorisca le low-cost ai danni della compagnia di riferimento nazionale.
Solo l’intervento del pubblico ed un forte investimento può indirizzare le politiche industriali dell’Alitalia verso il segmento più redditizio (quello intercontinentale): il più rilevante per i bilanci della compagnia ma anche per assicurare una importante presenza dell’Italia nel mondo.
Solo l’intervento del pubblico può contrapporsi efficacemente agli interessi predatori internazionali che sono alla base della crisi perenne di Alitalia e che provengono dal nord Europa e dal nord America.
Solo l’intervento del pubblico può salvaguardare e sviluppare l’occupazione e il lavoro buono, la crescita e la tutela delle professionalità espresse nel trasporto aereo che rappresentano la migliore salvaguardia della sicurezza del volo e la qualità del servizio.
Solo l’intervento del pubblico che coinvolga i cittadini e i territori può elaborare una pianificazione che tenga conto delle esigenze ecologiche, di controllo delle emissioni, di controllo dell’inquinamento acustico.
In effetti questi sono concetti base che possono essere estesi a qualsiasi azienda del settore dei trasporti, dai treni alle navi, al trasporto pubblico su gomma di persone o merci.
La sicurezza dei trasporti, la difesa del lavoro e dell’ambiente e la qualità dei servizi sono per Potere al Popolo le quattro condizioni essenziali e prioritarie che non possono essere messe in discussione da privatizzazioni, liberalizzazioni e ricerca del facile profitto.
Anche per questo siamo quindi contro le privatizzazioni e per la nazionalizzazione e il forte impegno pubblico nell’intero settore dei trasporti, come anche in tutte quelle aziende industrialmente strategiche per il paese!
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