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21/09/2019

Il comunismo. Uno spettro che in Europa ancora incute paura!

Nella giornata di giovedì 19 settembre il Parlamento Europeo – con 535 voti a favore, 66 contrari e 52 astenuti – ha approvato una vergognosa mozione che condanna l’uso dei simboli del Comunismo equiparandoli a quelli del Nazismo. Inoltre è stata chiesta la rimozione di questi simboli e di quelli dell’Armata Rossa dai luoghi che ricordano le battaglie e gli episodi topici della lotta contro l’esercito nazista.

Limitandoci ai deputati europei provenienti dall’Italia hanno votato questa infame mozione parlamentari del PD, della Lega, di Forza Italia e di Fratelli d’Italia. È utile segnalare che qualcuno di questi (tra le fila del PD) è stato militante e dirigente di un partito che si dichiarava comunista!

Diciamo subito che tale atto – che configura una vera e propria revisione regressiva della storia contemporanea – non è un fulmine a cielo sereno ma è il suggello formale ad una lunga ed articolata campagna anticomunista che da diversi anni è in atto in Europa.

Da tempo le organizzazioni comuniste – specie nei paesi che, prima del 1989, venivano collocati in quella che, comunemente, era definita “Europa dell’Est” – sono soggette ad una persecuzione giuridica (in molti casi con arresti, processi farsa e repressione poliziesca) che limita pesantemente le agibilità politiche e la libertà di lotta e di organizzazione.

I governi di tali paesi – oltre ad essere i campioni delle politiche di privatizzazione selvaggia che hanno svenduto l’apparato industriale ed economico di questi stati alle multinazionali occidentali – sono in prima fila in questa crociata culturale e politica che punta, esplicitamente, a riscrivere la storia dell’ultimo secolo negando la funzione di avanguardia e di emancipazione collettiva che i comunisti hanno interpretato per decenni in queste società.

Dalla Polonia all’Ucraina, dalla Cechia all’Ungheria, dalle cosiddette Repubbliche Baltiche agli staterelli, nati dalla disgregazione a suon di bombe umanitarie della ex Jugoslavia, negli anni che stanno alle nostre spalle, è stata montata ad arte, con il sostegno concreto di lauti finanziamenti in Dollari ed Euro, una sapiente ed articolata opera di manomissione della storia e delle vicende sociali di questi paesi.

Un impressionante volume di fuoco (Centri Universitari, Istituzioni Sovranazionali, le solite ONG, l’impero dei media, il Vaticano) è stato scatenato per realizzare una gigantesca operazione di falsificazione e revisione – persino del “senso comune” – all’insegna della mistificante “lotta al totalitarismo” fino a concepire, come in questi giorni, l’aberrante equiparazione tra il Nazismo e il Comunismo.

Che il Parlamento della “civile e progressista” Unione Europea approvi una simile schifezza non ci sorprende, anzi questo atto oscurantista conferma la tesi politica che avanziamo da tempo: l’Unione Europea è una costruzione imperialista, dai profondi tratti autoritari ed ha nella sua essenza e vigenza una funzione di regressione culturale che produce mostruosità di ogni tipo!

Di fronte a questa situazione – che oramai è legislazione corrente del Parlamento Europeo – dovrebbero levarsi le voci indignate di quanti, in Italia e non solo, ancora straparlano dei valori liberali della UE e di una presunta superiorità del pensiero europeo rispetto a popoli e paesi verso cui, quotidianamente, vengono richieste attestazioni di “civiltà”, di “laicità” e di “universalismo democratico”.

Dubitiamo, però, che questo avvenga convinti che – nell’ambito dell’accentuarsi della competizione globale internazionale e dello scontro tra potenze e blocchi politici e monetari – l’Unione Europea sarà costretta ad incarnare, sempre più, una linea di condotta aggressiva, neo colonialista e profondamente repressiva verso ogni opzione politica che alluda al cambiamento ed alla trasformazione dei rapporti sociali.

Marx, in maniera chiara e precisa, affermava: «Il comunismo per noi non è uno stato di cose che debba essere instaurato, un ideale al quale la realtà dovrà conformarsi. Chiamiamo comunismo il movimento reale che abolisce lo stato di cose presente. Le condizioni di questo movimento risultano dal presupposto ora esistente».

Questa breve citazione descrive bene un processo reale, che per quanto contraddittorio (come è stata la storia del movimento comunista del Novecento) non è possibile abolire per decreto, con un tratto di penna dai libri di storia o con una pennellata di vernice dai monumenti nelle piazze.

Il Comunismo, il Socialismo, la rottura rivoluzionaria sono antitetici a questo Modo di Produzione ed al corso storico della crisi del capitalismo. Contro questo (pesante) dato oggettivo sono cozzati, storicamente, il Metternich, lo Zar di Russia, Hitler, le cancellerie occidentali e l’intero armamentario dell’accademia borghese particolarmente dopo gli avvenimenti dell’89/91. Non sarà, quindi, un codicillo del Parlamento di Bruxelles a negare una ragione sociale ed un processo storico.

Naturalmente questa consapevolezza, questa vera e propria necessità per l’umanità lavoratrice non significa, in alcun modo, che non vada denunciata e combattuta, in tutte le sedi, la recente deliberazione del Parlamento Europeo e l’intera operazione di criminalizzione dei comunisti. Su questo versante politico la Rete dei Comunisti si rende disponibile a partecipare ad iniziative che dichiarino una ferma opposizione a questo deliberato antidemocratico, antistorico e revisionista.

Nel contempo, però – particolarmente verso le giovani generazioni, che sono l’obiettivo principale di queste narrazioni tossiche e dell’intera comunicazione deviante del capitale – occorre assumere la “difesa del Comunismo” come elemento scientificamente dinamico ben oltre le suggestioni nostalgiche ed incartapecorite di una certa “sinistra” le quali, nettamente, si configurano fuori da ogni dialettica reale nella società costituendo la negazione degli elementi di vera modernità di tale processo universale di liberazione collettiva.

La crescita delle diseguaglianze e della polarizzazione sociale, l’aumento di tutte le diversificate forme di sfruttamento e di alienazione anche nel cuore del capitalismo ed, infine, il palesarsi dell’infarto ecologico del pianeta sono i segnali evidenti di quella dialettica che i marxisti individuano nella crescente contraddizione tra sviluppo delle forze produttive dinamiche e i rapporti di produzione statici. Una dinamica che rende odiosi ed insopportabili i rapporti sociali vigenti verso cui occorre continuare ad alimentare la nostra lotta, la nostra alterità e l’intero portato della passione durevole comunista.

Si comprenderà, dunque – con buona pace dei burocrati dell’Unione Europea – che il Comunismo non può essere “dichiarato fuorilegge” da chicchessia!

20 settembre, 2019

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