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24/09/2019

I comunisti messi fuori della legge?

“Penso che i bolscevichi ci ricordino Anteo, l’eroe della mitologia greca. Essi, così come Anteo, sono forti per il fatto che mantengano il legame con la loro madre, con le masse che li hanno messi al mondo, che li hanno nutriti ed educati. E fino a quando mantengono i legami con la loro madre, con il popolo, essi hanno tutte le probabilità di restare invincibili”. (Stalin)

Se la faccenda non fosse molto seria, infame e becera per la forma e pericolosissima per il contenuto – molto più per ciò che può rappresentare in una prospettiva prossima, di quanto non lo sia al presente – si potrebbe ironizzare su quanto la “risoluzione” del parlamento europeo sia stata anticipata da centinaia di episodi, non solo negli ultimi quattro-cinque anni, (foibe, “ragazzi di Salò”, protocolli istituzionali con nazisti ucraini, per dire solo di casa nostra) che ne annunciavano l’arrivo.

Come la storiella di epoca gorbacioviana, dell’ispettore scolastico che chiede agli alunni il giudizio su Khuščëv, Brežnev, Andropov, ecc. e i ragazzi rispondono che è negativo; ma quando chiede come considerino invece Gorbačëv e loro rispondono che è pure negativo, l’insegnate spiega che, essendo una classe modello, si sono portati avanti col programma.

È di due giorni fa, per citare solo l’ultimo caso, la notizia che in Lettonia, a Riga e a Daugavpils, lo scorso 9 maggio (non c’è certo bisogno di rammentare ai lettori di questo giornale cosa rappresenti il 9 maggio 1945) tre diverse persone sono state condannate e multate per essersi mostrate in pubblico con simboli proibiti: chi indossando una maglietta con falce e martello, chi brandendo la bandiera rossa, chi quella sovietica.

Dopo di ciò, in giugno, il Parlamento lettone ha confermato in terza e definitiva lettura il progetto di legge sul divieto di indossare, in manifestazioni pubbliche, uniformi dell’URSS e della Germania nazista; proibito anche far risuonare i relativi inni. Par di capire che continueranno invece a esser ufficialmente sponsorizzate le uniformi delle divisioni SS lettoni che combatterono dalla parte dei nazisti.

Già in un romanzo di Viktor Pelevin, ricorda il blogger “La voce di Mordor” (nome: Mikhail) era tratteggiato un mondo in cui si decreta l’esclusiva responsabilità dell’URSS nello scatenamento della seconda guerra mondiale e ci si prepara al passo successivo: ratificare il ruolo del NKVD (Commissariato del popolo agli affari interni) nel convincere Hitler – anche lui, dunque, vittima dell’URSS e di Stalin – allo sterminio degli ebrei. L’ex premier golpista ucraino, Arsenij Jatsenjuk, non aveva forse già sentenziato, cinque anni fa, che l’Ucraina e la Germania erano state entrambe attaccate dall’URSS?

Ora, continua Mikhail, nient’altro che uno dei maggiori giornali britannici, a metà anni ’30, aveva scritto che tutto sommato Hitler era una brava persona e l’Occidente doveva cercare di concentrare tutta l’attenzione del Führer su una cosa: la distruzione della Russia bolscevica; Hitler doveva essere incoraggiato a ogni costo a marciare verso est. Tutti gli accordi e tutta la diplomazia tra il mondo occidentale e la Germania miravano solo a una cosa: spingere la Germania alla guerra contro l’URSS.

Vero è che non si calcolò la diabolicità di Hitler: a partire dalla Polonia, che fu la prima vittima della propria stessa politica; stesso discorso per la Francia; e anche la Gran Bretagna che, oltre alla Polonia, aveva già tradito la Cecoslovacchia, smembrata da Germania e Polonia. Ma, per il resto, Hitler fece ciò che gli era stato richiesto: attaccò l’URSS. Il mostro, dice Mikhail, “veniva nutrito di carne con le mani, fiduciosi che quello non avrebbe morso la mano che lo nutriva. Ma a pagare per tutto questo toccò all’Unione Sovietica”.

Intervistato da news-front.info, ancora Mikhail-“Mordor” afferma che la risoluzione europea rappresenta “uno sputo in faccia da parte di chi, a suo tempo, noi avevamo liberato”. E però, dice, “noi stessi siamo in buona parte colpevoli, perché abbiamo tradito i nostri nonni e i nostri padri. È cominciato tutto a fine anni ’80, con tutta una serie di pubblicazioni, libri, riviste, film, sulle “nefandezze dei soldati sovietici”, sul “terribile sistema”.

Oggi la situazione sembra migliorata, ma forse è solo un ritocco cosmetico: si inserisce Solženitsin nei programmi scolastici, nei film si continua a parlare di “crimini dei comandi sovietici”, dei battaglioni punitivi, dei reparti di sbarramento, ecc., ma non si parla delle carneficine naziste. Se avessero vinto i tedeschi” continua Mikhail, “il paese sarebbe stato rigettato nell’età della pietra, smembrato in zone fornitrici di materie prime; si arriva a dire, come fa il prof. Andrej Zubov, che se, alla fine, i tedeschi fossero comunque stati vinti dagli americani, cioè dal mondo “civilizzato”, sarebbe stato un bene, perché essi avrebbero poi portato la civiltà in Russia”.

Chissà se sarebbe andata a finire davvero così. Di sicuro, si sa invece che l’Unione Sovietica, attaccata dai nazisti, fu costretta a combattere anche contro divisioni, armate, corpi volontari di mezza Europa che, insieme agli hitleriani, presero parte all’invasione dell’URSS e alle stragi là perpetrate, tutti insieme, sotto le bandiere del Terzo Reich: Finlandia, Danimarca, Italia, Slovacchia, Ungheria, Romania, Croazia, oltre a corpi volontari spagnoli, francesi, olandesi, fiamminghi, norvegesi, georgiani, valloni, armeni, bulgari.

A proposito dell’Italia mussoliniana, dato che ci riguarda direttamente, è forse il caso di ricordare, per la tragica attualità della situazione nel Donbass, aggredito dai nazigolpisti di Kiev, come il corpo di spedizione italiano, tra ottobre e novembre 1941, invadesse proprio il Donbass, attaccasse Stalino (oggi Donetsk), Gorlovka e Ordžonikidze (oggi Enakievo), dopo di che occupasse la regione di Odessa.

Sul territorio sovietico si contarono a centinaia le Marzabotto, le Sant’Anna, Cavriglia, Niccioleta, i villaggi spazzati via dalla faccia della terra, le carneficine dei nazisti e dei loro complici europei, di cui è triste testimonianza la sorte degli sventurati abitanti del villaggio bielorusso di Khatyn – https://www.youtube.com/watch?v=P2CWz55PS9w&feature=youtu.be – il cui destino è ricordato anche nel drammatico film di Ėlem Klimov “Idì i smotrì” (“Va’ e vedi” – https://www.youtube.com/watch?v=zYIaDYRipoM&feature=youtu.be – qui, dal minuto 25).

Con l’infame risoluzione del 19 settembre, gli odierni eredi dei complici del nazismo, liberal-conservatori, social-fascisti, revisionisti, euro-atlantisti, che siedono al parlamento europeo, non solo si arrogano il diritto di ordinare ciò che dovrebbe o non dovrebbe fare (punti 15 e 16) al Paese che ha sgominato il nazismo al prezzo di 27 milioni di morti (e che, purtroppo, in molte occasioni, non ha atteso l’ordine di Bruxelles per muoversi nella direzione voluta dal parlamento europeo) ma intenderebbero anche forse cancellare dalla memoria quell’aggressione e quelle carneficine perpetrate dai loro passati “eroi”.

Nello specifico, la risoluzione legalizza il divieto, già introdotto in vari paesi UE (Baltici, Polonia, ecc.), di partiti e simboli comunisti e, soprattutto, chiede l’estensione anche agli altri paesi del divieto di ideologia, simboli e monumenti comunisti.

Si adegueranno prontamente i Sindaci delle migliaia di Comuni italiani in cui piazze, strade, parchi sono dedicati a partigiani comunisti? Abbatteranno anche loro, come si fa nell’Ucraina nazista, in Polonia, nei Paesi baltici, le migliaia di steli con la stella rossa che in ogni bosco ricordano il sacrificio dei partigiani comunisti che ci hanno liberato dal nazifascismo?

In questa sede, non si discute delle “dimenticanze” e delle aperte menzogne esposte in quella risoluzione: ruolo delle “democrazie occidentali” nel decennio 1930-’39, sia nei confronti dell’Unione Sovietica, che della Germania; mire e operazioni polacche dal 1920 al ’39. Non si vuol ripetere come, per quasi tutti gli anni ’30, Mosca, consapevole dell’inevitabilità di un’aggressione, tentasse di tutto per scongiurare la guerra, a partire da adesione alla Lega delle Nazioni, iniziative per la creazione del Patto orientale (respinto, tra l’altro, da Gran Bretagna, Germania e Polonia), accordi con Francia, Polonia, Cecoslovacchia, Romania, Jugoslavia, nello sforzo di dar vita a un sistema di sicurezza collettiva... Il tema è già stato trattato da tanti e in tante occasioni, anche su questo giornale.

Importante oggi è sapere cosa stiano preparando di ancora più ignobile, in un futuro molto prossimo, gli eredi di quei complici del nazismo, contro i comunisti e tutti coloro che si contrappongono, su un piano di classe, all’ordine capitalistico.

Importante oggi, per i comunisti, è non attendere passivamente la messa al bando non solo dei simboli comunisti, ma dei comunisti in quanto tali; cosa fare, come muoversi, con quale prospettiva e su quali linee strategiche, insieme a quali alleati, per impedire che ciò accada; analizzare quali forme potrebbe assumere, in ragione dell’inasprirsi della contrapposizione di classe, una tale “legittimazione dell’infamia”, e come, per quali vie, farvi fronte, nel caso, molto verosimile, che essa si verifichi. In ogni caso, appare determinante, oggi come ottanta o novanta anni fa, non staccarsi dalla “madre terra”, dalle masse; fondamentale, come diceva il grande Mao, muoversi “nella società come i pesci nell’acqua”.

PS: a Bruxelles ha trovato buona compagnia l’ex Sindaco di Milano Giuliano Pisapia; ha votato a favore della risoluzione anche l’ex Sindaco di Riga Nil Ušakov, oggi eurodeputato e per anni campione della difesa dei diritti della minoranza russa in Lettonia... Il suo successore, Oleg Burov, pure di origini russe, meno di un mese fa, a chi gli chiedeva: “A Riga, alcuni attivisti chiedono periodicamente la demolizione del monumento ai soldati sovietici. Quale destino attende il monumento?” lui rispondeva: “Lo attende il seguente destino: c’era, c’è e ci sarà”. E a Viljujsk (Jakutija), alla faccia degli eurodeputati socialfascisti, è stato inaugurato nei giorni scorsi un altro busto a Stalin, il sesto nella Repubblica.

PPS: solo dozzinali trotskisti, in Italia, potevano ridursi a tirare in ballo, anche in quest’occasione, le cosiddette “vittime dello stalinismo”, forse non rendendosi conto che, così facendo, si abbassano al livello di quei socialfascisti “europei” e offendono, per davvero, la memoria dei milioni di soldati sovietici che combatterono contro il nazismo al grido “Za Rodinu, za Stalina!”- “Per la Patria, per Stalin!”.

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