di Michele Giorgio – il Manifesto
I due Benyamin, irriducibili avversari appena qualche giorno fa, sono pronti ad abbracciarsi? Così sembra. Benyamin “Benny” Gantz, ex generale e leader della lista centrista Blu Bianco, vincitrice delle elezioni di una settimana fa, e il primo ministro di destra e capo del Likud Benyamin “Bibi” Netanyahu,
su pressione del capo dello stato Rivlin ieri sera si sono incontrati
per discutere della costituzione di un governo di unità nazionale. L’ultranazionalista
antiarabo, nonchè ago della bilancia della politica israeliana, Avigdor
Lieberman, dice che l’accordo è fatto e prevede un premier a rotazione.
Secondo lui «Gantz e Netanyahu devono solo decidere chi farà per primo
il capo del governo». Un esecutivo di unità nazionale darebbe a
Netanyahu, uscito sconfitto dal voto, una insperata possibilità di
rimanere in sella e, forse, l’opportunità di sfuggire alla procura
intenzionata (pare) a mandarlo sotto processo per corruzione.
Di questo possibile governo unitario probabilmente faranno
parte altri partiti oltre a Likud e Blu Bianco. Di sicuro non includerà
la Lista araba unita (Lau), terzo gruppo alla Knesset con 13
seggi ed espressione della minoranza palestinese (arabo israeliana, 1/5
della popolazione del paese). E non solo per scelta già annunciata dagli
arabi. Gantz non ha mai preso in considerazione, almeno non
pubblicamente, l’ipotesi di coinvolgere in qualche modo la Lau nel
governo. Neanche a parlarne con Netanyahu che ha dedicato una buona parte della campagna elettorale proprio ad attaccare la minoranza araba in Israele. Eppure militanti e simpatizzanti delle formazioni politiche arabe ieri erano impegnati in un dibattito incandescente. Sui social si sono scontrati sostenitori
e detrattori della decisione presa domenica dai dirigenti della Lau
durante le consultazioni con Rivlin di indicare come loro primo ministro
un esponente di un partito sionista, ossia Gantz. Non accadeva
dal 1992 quando i partiti arabi garantirono l’appoggio esterno al
governo di Yitzhak Rabin sulla base dell’assicurazione che l’esecutivo
avrebbe aperto una pagina nuova nei confronti dei palestinesi dei
Territori che da cinque anni facevano l’Intifada contro l’occupazione.
L’anno dopo Rabin firmò gli accordi di Oslo con l’Olp di Yasser Arafat.
La Lau non ha deciso all’unanimità. Uno dei quattro partiti che la compongono, Tajammo/Balad, nazionalista progressista, ha negato il suo appoggio, non
ha preso parte ai colloqui con il presidente e ha annunciato che, se
Gantz riuscirà a formare un governo, i suoi tre deputati non gli
voteranno la fiducia. Una posizione contestata dai «pragmatici»
che chiedono di baciare il rospo in nome della fine del regno di Bibi segnato da leggi e provvedimenti a chiaro svantaggio della
minoranza araba in Israele e contro i diritti dei palestinesi nei
Territori occupati, come l’annessione a Israele della Valle del
Giordano. I fautori della «fermezza politica» invece sottolineano che Gantz non ha posizioni lontane da quelle di Netanyahu e
non ha promesso, una volta nominato premier, di cancellare la legge che
nel luglio 2017 ha proclamato Israele come lo Stato della nazione
ebraica e non di tutti i suoi cittadini. Il leader di Blu Bianco in
campagna elettorale, rivolgendosi ai palestinesi d’Israele, ha parlato
solo di politiche volte ad eliminare la criminalità nei centri abitati
arabi.
«Non abbiamo fatto, come si dice, una scelta identitaria e
ideologica», spiega al manifesto Mtanes Shihade, uno dei tre deputati di
Tajammo/Balad, «tutti vogliamo che Netanyahu non sia più al potere ma
non può essere questo il punto di arrivo di tutto». Gantz, prosegue
Shihade, «è un militare, un uomo che ha fatto uso della forza contro i
palestinesi, che ha rivendicato con orgoglio le distruzioni inflitte
(nel 2014, ndr) a Gaza e non ha mai parlato di processo di pace durante
la campagna elettorale». Inoltre, conclude il deputato, «non possiamo
dare appoggio a un leader di partito che non ha mai aperto una
interlocuzione diretta con i partiti arabi e che ci ignora del tutto».
Ben diverso è l’approccio del leader della Lau, Ayman Odeh, capo del Fronte per la pace e l’uguaglianza controllato dal Partito comunista.
In un suo articolo pubblicato dal New York Times ha scritto «Abbiamo
deciso di dimostrare che i cittadini arabi palestinesi non possono più
essere respinti o ignorati... La nostra decisione di raccomandare
Gantz... è un chiaro messaggio che non c’è futuro condiviso (in Israele)
senza la piena ed equa partecipazione dei cittadini arabi palestinesi».
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