di Michele Giorgio
Benyamin “Benny”
Gantz in politica interna prenderà, in parte, le distanze dalla linea
di Benyamin Netanyahu e promuoverà la «serenità sociale» tra ebrei laici
e religiosi. Ma non farà alcuna rivoluzione nei rapporti tra gli
israeliani ebrei e i cittadini di serie B, gli arabi, i palestinesi
d’Israele. E in politica estera non marcherà una differenza sostanziale
da quella svolta dal leader del Likud.
Userà il pugno di ferro, come Netanyahu, con l’Iran e i suoi alleati –
che alla Conferenza di sicurezza di Monaco dello scorso febbraio ha
indicato Tehran come una delle principali sfide all’Occidente – e non
rinuncerà all’abbraccio di Donald Trump. Il presidente Usa mercoledì
sera ha segnalato che lui ha rapporti non solo con Netanyahu ma con
tutto lo Stato di Israele. Se Netanyahu è, come sembra, avviato sul
viale del tramonto, ciò non vuole dire che la fine della sua lunga era
politica genererà una svolta.
Nato 60 anni fa, sposato, quattro figli, una vita trascorsa nelle
forze armate, conclusa con il grado di generale e l’incarico di capo di
stato maggiore, Gantz solo in apparenza è un uomo di centro. Il programma del suo partito “Resilienza” – che ha fondato lo scorso dicembre e ha poi unito ad altre formazioni dando vita a “Blu e Bianco” – si
avvicina molto a quello della destra quando sul tavolo ci sono
questioni come l’Iran, il mondo arabo e i territori palestinesi
occupati. Gantz non rientra nel solco del sionismo religioso,
che ha ispirato Netanyahu e ora domina nella società israeliana, ma non è
riconducibile ideologicamente neppure al sionismo di marca laburista
(tramontato da tempo). Semplicemente è un sionista laico fautore delle
politiche israeliane di sicurezza e di mantenimento dell’occupazione.
In questa campagna elettorale, e in quella per il voto del 9 aprile, l’ex capo di stato maggiore non ha fatto mai riferimento alla soluzione a “Due Stati”, Israele e Palestina. Il
sito progressista, +972, sostiene che a Gantz piace lo status quo,
l’occupazione, con Israele che controlla tutto il territorio della
Palestina storica senza però annettere ufficialmente la Cisgiordania
come vorrebbe fare Netanyahu. Gantz si era recato a fine luglio
nella Valle del Giordano dichiarando che quel territorio palestinese
rimarrà sotto Israele in qualsiasi futuro accordo. Pochi giorni dopo, il
6 agosto, si presentò nelle comunità israeliane di confine di Gaza
promettendo «azioni incisive per abbattere i leader di Hamas». In
pratica una nuova guerra. D’altronde da comandante delle forze armate ha guidato due offensive contro Gaza, nel 2012 e nel 2014,
che hanno provocato oltre duemila morti palestinesi, migliaia di feriti
e distruzioni immense. La scorsa primavera Gantz, per recuperare voti a
destra, si vantava di aver ridotto in macerie Gaza.
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