È difficile ammetterlo, anche se i fatti sono inconfutabili. È difficile ammetterlo perché la capacità manipolativa di chi non conosce onestà intellettuale, ma porta rispetto alle regole del libro paga in cui è inserito, rende difficile ammettere senza giri di parole una verità che è scandaloso affermare. Ma che è verità.
È difficile ammetterlo, lo so, senza essere – per stupidità o per malafede – tacciati di antisemitismo, ma la realtà è là, nuda come il re nudo e, come per il re nudo, se nessuno la grida rompendo l’incantesimo, resta nascosta dietro veli immaginari.
Nel caso specifico uno dei veli lo si ritrova nelle parole della statista askenazita Golda Meir : “dopo l’olocausto agli ebrei è consentito fare qualunque cosa”, come se tutto il mondo fosse in debito con gli ebrei per il genocidio commesso dai nazisti! In fondo, se ci si pensa con pensiero libero, sembra un po’ assurdo, ma in realtà è esattamente così: tutto il mondo è ricattato dall’olocausto. La stessa Golda Meir lo ha dimostrato con l’arroganza criminale espressa in varie operazioni di stampo terroristico, affidando al Mossad gli omicidi di coloro che riteneva di dover punire. Era tutto permesso.
Sotto la coperta dell’olocausto i crimini israeliani venivano e vengono derubricati ad “azioni”. Qualche lagnanza quando il terrorismo israeliano colpiva le sue vittime in paesi occidentali, ma niente di più. Eppure, ad un occhio democratico questa sistematicità delittuosa dovrebbe creare almeno una richiesta di sanzioni, ma non succede neanche quello: l’olocausto è come una coperta magica.
Lo sanno anche i tredicenni che uno Stato democratico non può condannare a morte senza processo, ma Israele, come più volte affermato senza alcun pudore dagli stessi statisti israeliani, è al di fuori di ogni legge che non sia la propria. Golda Meir, nonostante fosse di idee socialiste, lo ha dimostrato senza ombra di dubbio e ha fatto scuola ai suoi successori, di qualunque colore politico fossero.
Questo “diritto” ad essere al di sopra delle leggi internazionali è diventato un credo collettivo, una convinzione condivisa da un intero popolo che crescendo con questi valori, peraltro rinforzati da dichiarazioni di figure istituzionali, sostiene la propria superiorità rispetto agli altri. Un popolo che non inorridisce davanti allo sterminio “per la gloria del Signore” se lo sterminio riguarda i “goym” cioè i non ebrei, ma lo ritiene motivo di grandezza e fase del progetto divino per la conquista della terra promessa da Dio a beneficio esclusivo del “suo” popolo, il popolo eletto.
Quest’uso strumentale della leggenda biblica in chiave politica ha sicuramente il suo peso ogni volta che Israele si trova ad affrontare il giudizio delle urne, esattamente come in questi giorni.
È impressionante, per un occhio laico e democratico, vedere che i vari competitors non presentano programmi elettorali basati sul miglioramento dei servizi, delle tutele lavorative, degli investimenti pubblici e così via, ma puntano sulla carta vincente che consiste sempre nelle promesse di maggior durezza contro il popolo palestinese occupato e assediato, e nell’estensione del furto dei territori palestinesi allargando illegalmente i confini dello Stato stesso grazie alla confisca di nuove terre abitate dai coloni fuorilegge e promettendo solennemente che nessuna legge internazionale verrà mai rispettata perché Israele risponde solo al proprio Dio e non alle leggi umane.
Su questo punto, per credenti o atei nessuna differenza, Dio è al di sopra delle leggi umane anche se non se ne ammette l’esistenza. Del resto il padre fondatore del sionismo, Theodor Herzl era ateo, ma la leggenda biblica è stata la sua carta vincente!
Ora, a un passo dalle elezioni, vediamo che il pluri-indagato Netanyahu, scampato alla galera grazie all’uso “salvifico” dei palestinesi da schiacciare, bombardare, arrestare e uccidere, chiede il sostegno popolare a chi condivide con lui il disprezzo della legge internazionale, l’oltraggio del diritto umanitario, l’umiliazione del popolo palestinese e, dulcis in fundo, la propensione al furto, e lo fa “legalizzando” un avamposto coloniale di circa 30 famiglie nella Valle del Giordano e dichiarando che se vincerà le elezioni annetterà tutta la Valle del Giordano a Israele, cioè ruberà altra terra ai palestinesi e su questo ulteriore furto fa campagna elettorale.
Lo so, è difficile ammetterlo, ma il popolo israeliano, a parte una rispettabile quanto super esigua minoranza, ha mostrato di essere un popolo che ama il furto, che appoggia l’omicidio, che calpesta la giustizia internazionale e Netanyahu sa interpretare queste vocazioni collettive promettendo di realizzare il nuovo furto sapendo che può contare sull’impunità internazionale grazie a tre importanti fattori: il primo è il favore dell’opinione pubblica più addomesticata alla narrazione mediatica di basso livello che risponde in pieno alla lucida affermazione di Golda Meir “dopo l’olocausto gli ebrei potranno fare tutto”, dove per “ebrei” non si intendono solo gli israeliani, ma tutti coloro che possono definirsi ebrei in qualunque parte del mondo, e questo lo sanno bene anche quegli ebrei, ortodossi o meno, che invece rifiutano di riconoscersi in questo progetto criminale che va avanti da oltre settanta anni.
Il secondo fattore è l’assenza di sanzioni da parte della comunità internazionale la quale, more solito, si limiterà a condannare verbalmente le basse manovre di “Bibi l’indagato” per annettersi la Valle del Giordano.
Il terzo fattore è il sodalizio in forma di associazione a delinquere in totale impunità col presidente Usa Donald Trump, il quale regala territori non suoi, quindi rubati ai legittimi proprietari, e di conseguenza indica all’intera comunità internazionale che la forza e non già il diritto governa il mondo.
Lo so, è difficile ammetterlo, ma se per avere il favore degli elettori si promette di rubare terra altrui questo significa che il popolo israeliano ormai è un popolo moralmente corrotto, un popolo che non conosce diritti che non siano i propri privilegi e che, per colmo di misura, li considera un dono di Dio, un Dio che chiaramente non può essere il Dio di tutti, ma solo il Dio... degli eletti.
Ammettiamolo dunque, questi lunghi decenni di tolleranza e di complicità internazionali hanno ridotto la stragrande maggioranza degli israeliani ad essere un popolo sentitamente razzista e eticamente corrotto, un popolo che alimenta il proprio razzismo e sostiene i crimini dei proprio governo usando strumentalmente la tragedia dell’olocausto per tacitare le coscienze.
Così, Bibi l’indagato, a due giorni dal voto promette di commettere un ulteriore crimine sapendo che il “suo” popolo lo voterà per questo.
Lo so, è difficile e anche impopolare ammetterlo, ma è onesto farlo: il 17 settembre, cioè tra una manciata di ore, sapremo se Netanyahu, grazie alla promessa di un ulteriore crimine, avrà ottenuto il favore del popolo israeliano e, in tal caso, si potrà correttamente dire che, ad eccezione di quella già citata esigua, rispettabile minoranza, il popolo israeliano è un popolo criminale ed ha il governo adatto a rappresentarlo. Oppure no, lo vedremo prestissimo.
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