13/09/2019
Il fucile di Salvador Allende
Secondo la montatura del macellaio Pinochet, l‘11 settembre 1973 Salvador Allende, presidente democratico del Cile, si sarebbe suicidato nel palazzo presidenziale sotto bombardamento, utilizzando il fucile mitragliatore regalatogli da Fidel Castro.
Era una menzogna, che voleva esporre una macabra simbologia ed assolvere gli assassini. Allende fu massacrato mentre combatteva contro i golpisti, per diretto ordine del generale infame. Poi fu inscenato il suo suicidio attribuendolo all’arma che veniva dalla famigerata Cuba.
Fidel Castro aveva visitato il Cile di Allende nel 1971 e tra i due c’erano stati giorni di grandi discussioni e profonda fratellanza. Fidel Castro comprese il coraggio e la determinazione di Allende nel voler costruire un progetto socialista; e salutando il presidente cileno riconobbe che egli stava perseguendo i suoi stessi scopi per altre vie. Nello stesso tempo però Castro avvisò Allende che gli Stati Uniti e l’imperialismo mai avrebbero permesso una transizione democratica al socialismo. Per questo gli regalò un AK 47.
Il golpe in Cile fu organizzato dagli Stati Uniti, con il coordinamento diretto del segretario di stato Kissinger. I generali traditori e fascisti guidati da Pinochet godevano dell’appoggio della democrazia cristiana e delle altre forze di cosiddetta opposizione democratica, che controllavano la maggioranza del parlamento e la usavano come clava eversiva contro il legittimo presidente.
La CIA aveva a sua volta pianificato sabotaggi a tutte le principali attività del paese, mentre la mafia aveva finanziato lo sciopero ad oltranza dei camionisti, che faceva mancare beni essenziali. Così nei quartieri borghesi si manifestava con le pentole vuote, mentre le squadracce fasciste di Patria e Libertà compivano attentati ed assassini.
Per rispondere alla continua aggressione al suo governo ed al potere popolare, Allende aveva indetto per settembre un referendum, che tutti i sondaggi davano a suo favore. Ma prima che esso venisse effettuato partì il golpe, da parte di generali che avevano assicurato piena fedeltà al presidente legittimo.
Aveva avuto ragione Fidel Castro.
Sopra il mare di sangue di oltre trentamila militanti della sinistra assassinati, il Cile divenne il teatro e la cavia del primo esperimento di politica liberista del dopoguerra. I Chicago Boys di Milton Friedman furono i consulenti economici del tiranno Pinochet e con lui procedettero alla completa privatizzazione delle imprese e dei servizi, del sistema pensionistico e sanitario, dell’istruzione, smantellando ogni diritto sociale e del lavoro. Ancora oggi il Cile è uno dei paesi più socialmente ingiusti dell’America Latina.
L’eredità infame del golpe in Cile è stata l’affermarsi ovunque delle politiche liberiste, che rinunciavano al fascismo con cui erano intimamente legate solo quando se lo potevano permettere.
Oggi ricordiamo Allende pensando anche al Venezuela, dove le stesse forze e gli stessi interessi hanno inscenato lo stesso tentativo di golpe. Ma Chavez aveva proceduto ad un’opera sistematica di smantellamento delle vecchie caste politiche e militari e dei loro poteri. Così un Pinochet ed un esercito disposti ad abbattere il legittimo governo di Maduro, USA e multinazionali non li hanno trovati. E oggi Trump licenzia per inefficienza Bolton, che guidava i fallimentari golpisti in Venezuela.
Ricordiamo il coraggio, la integerrima fede nel socialismo, il martirio di Salvador Allende, ed anche la lezione del fucile-mitragliatore che gli regalò Fidel Castro.
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