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15/09/2019

Afghanistan - I talebani si esprimono in merito al dietrofront di Trump

“Se gli americani non vogliono più attaccarci, se vogliono ritirarsi e firmare l’accordo, noi non li attaccheremo. Se invece ci attaccano, continuano i bombardamenti e i raid notturni allora continueremo a fare ciò che abbiamo fatto negli ultimi diciotto anni”.

Questa è la risposta talebana al voltafaccia operato da Trump nei giorni scorsi. Giunge dalla capitale del Qatar, sede dei colloqui di pace e dell’emittente Al Jazeera cui il portavoce dei turbanti ha rilasciato un’intervista.

L’uomo, che si chiama Suhail Shaheen, ha definito sorprendete la dichiarazione del presidente Usa perché “noi avevamo concluso i colloqui di pace”, come del resto aveva annunciato anche il diplomatico afghano-statunitense Khalilzad, che per mesi aveva guidato le trattative.

A detta di Shaheen, fra i vari punti affrontati in nove sessioni protrattesi dall’ottobre 2018 ai primi dello scorso settembre, era giunto un reciproco benestare sulla garanzia talebana di non offrire i propri territori come base per gruppi jihadisti stranieri, modello Al Qaeda, e sul ritiro delle truppe statunitensi. Un ritiro da iniziare con cinquemila unità e concludere con l’intero contingente entro alcuni mesi. Invece il cessate il fuoco sarebbe entrato, come il punto del dialogo intra afghano, in una fase successiva dell’agenda.

Solo dopo il totale ritiro dei contingenti d’occupazione i taliban avrebbero assicurato un blocco delle ostilità. “Saremo pronti a parlare con le altre forze afghane in una seconda fase – ha dichiarato il portavoce talebano – ma questo è un altro tema da prendere in esame dopo la fine dell’occupazione del Paese”. Inoltre sui possibili attacchi o danni a militari statunitensi – che ha offerto lo spunto a Trump per bloccare un patto già sancito almeno sui due suddetti punti – l’uomo dei turbanti ha sottolineato come appena ufficializzato l’accordo avrebbero garantito un ritiro senza alcun attacco a militari Usa. “Ma se non c’è accordo noi decideremo di attaccare o meno se si presenterà un interesse nostro, oppure un interesse nazionale e islamico”.

E finora è andata così: niente accordo e solo sangue in troppi casi di civili, di cui i dialoganti in undici mesi non si son mai preoccupati.

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