Oggi l’Istat comunica il dato dell’inflazione in Italia ad agosto. A livello annuale era previsto a 0,5%, il dato reale è 0,4%. L’inflazione in Germania è pari all’1,7%. A partire da questi dati possiamo fare delle considerazioni.
Come scritto dall’economista Salerno Aletta su Milano Finanza on line, e pubblicato dal nostro sito ieri, i salari in Germania sono cresciuti del 4,8%.
L’ultimo dato Istat sulle retribuzioni in Italia è di giugno e lo colloca allo 0,7%. Abbiamo già informato che nel periodo 2015-2018, secondo l’economista Marco Fortis, la produttività del lavoro in Germania è cresciuta del 7,1%, in Italia del 9,1%.
Possiamo trarre delle conclusioni da questi dati. In pochi anni gli industriali italiani hanno recuperato sugli industriali tedeschi, dunque sul mercato europeo e mondiale, 7,4 punti percentuali in competitività. Tant’è che a differenza della Germania, l’export, seppur di poco (3,1%) sta crescendo in questo anno.
Ciò si traduce in uno spettacolare aumento degli utili per le aziende export oriented mentre, data la deflazione salariale sottostante, le imprese orientate sul mercato interno soffrono molto.
È il modello tedesco che abbiamo adottato, in particolare con il governo Renzi, attraverso il Jobs Act (e le precedenti “riforme del marcato del lavoro”).
Ci sono da aggiungere altre due questioni. Il differenziale inflazionistico è positivo dal 2013 per l’Italia in confronto alla Germania; dunque in 6 anni vi è stato un recupero della competitività di prezzo, almeno nel manifatturiero, di circa 10-12 punti percentuali. Tutto a guadagno degli industriali.
Non solo. Con il governo Renzi ci fu un regalo di circa 20 miliardi agli industriali che assumevano mentre, con Industria 4.0, lo Stato ha versato 22 miliardi per l’ammodernamento degli impianti – visto come innovazione di processo, non di prodotto – di cui gli industriali italiani fanno volentieri a meno, basando tutto sulla deflazione salariale.
L’innovazione tecnologica che si sta facendo in Asia e in Usa, spiazza però in futuro gli industriali italiani.
E qui veniamo a Salvini. Autonomia differenziata, decreto sicurezza, flat tax, presidenzialismo e ode a Margaret Thatcher, nemica giurata dei lavoratori inglesi, fanno capire che la Lega ha intenzione, nei prossimi anni, non solo di svuotare il sud favorendo l’emigrazione per rimpiazzare i lavoratori che vanno in pensione, ma vuole il controllo assoluto della forza lavoro nelle fabbriche del Nord, molte delle quali composte da operai meridionali (negli ultimi 15 anni sono emigrati dal sud 2 milioni di persone) e migranti.
Puntano, dopo decenni, ancora sulla deflazione salariale e sul pluslavoro assoluto, mediante la corrosione della competitività di prezzo nei confronti della concorrente Germania, con gli strumenti del differenziale inflazionistico.
Paradiso degli industriali italiani, inferno dei salariati.
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