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14/10/2019

Bombe sul Donbass e “colpi bassi” su Kiev

Nell’interpretazione ucraina – tanto nella versione dei battaglioni nazisti e di buona parte dei nazionalisti, quanto in quella governativa – la cosiddetta “formula Steinmeier”, sottoscritta il 1 ottobre per gli accordi di Minsk sul Donbass, è fatta di martellamenti con mortai e lanciagranate sui villaggi del Donbass prossimi alla linea del fronte; è fatta di assalti portati da “Azov” e “Corpo nazionale” ai punti di passaggio per il ritiro delle forze, e anche del rifiuto a ritirare uomini e mezzi nelle zone espressamente fissate (Petrovskoe e Zolotoe) lo scorso 1 ottobre proprio in base alla “formula Steinmeier”. Si è arrivati al punto, due giorni fa, di scontri armati, anche con l’impiego di razzi anticarro, tra reparti ucraini che rifiutavano di abbandonare le posizioni, parlando di “tradimento degli interessi del paese” e “abbandono di terra ucraina al nemico”.

Nei giorni scorsi, le milizie della DNR hanno denunciato un migliaio di tiri ucraini sui centri abitati ormai purtroppo “tradizionali”: Gorlovka, Zajtsevo, Staromikhajlovka, Spartak, Aleksandrovka, Mineralnoe, Krutaja Valka, Dokučaevsk, e altri.

Il 10 ottobre, alla presenza degli osservatori OSCE, le milizie della LNR hanno lanciato un razzo di segnalazione sul ritiro dei propri reparti nell’area di Zolotoe, ma da parte ucraina non si è avuto il passo reciproco; al contrario, ieri, nell’area di Petrovskoe, le forze ucraine hanno abbattuto un drone da ricognizione del OSCE.

Secondo i commentatori di rusvesna.su, si è in presenza di una situazione che potrebbe rivelarsi produttiva: la contrapposizione tra reparti pronti a ritirare le forze e drappelli neonazisti, potrebbe portare alla liquidazione, manu militari, dei reparti più radicali delle truppe che rifiutano l’accordo del 1 ottobre e ciò allenterebbe la tensione, già molto alta, nella capitale, su Vladimir Zelenskij, con ciò stesso consentendo alle Repubbliche popolari di tenere, senza troppi intralci, le elezioni previste dalla “formula Steinmeier”.

Si tratta insomma di una situazione che rischia di rivelarsi a dir poco “spiacevole” per l’immagine internazionale di Kiev. Se a questa si sommano le ultime notizie che giungono dall’Olanda, a proposito delle indagini sull’abbattimento del Boeing malese MH17, nei cieli del Donbass, il 17 luglio 2014, allora Zelenskij non può certo dirsi tranquillo, pur se a finire (forse) in tribunale dovrebbe essere il suo predecessore, Petro Porošenko.

Sinora si erano ripetute regolarmente le richieste della Malesia di far vera luce sulla strage, da subito attribuita compattamente, in occidente, alle milizie del Donbass, e poi a un reparto missilistico russo, si diceva, “prontamente rientrato oltre il confine”.

Poi, già lo scorso anno, la stessa TV ucraina aveva riportato accenni olandesi (il Boeing era in volo da Amsterdam a Kuala Lumpur e, delle 298 persone a bordo, 193 erano olandesi, insieme a passeggeri di altre nove nazionalità) sulla “possibile responsabilità” di Kiev nell’abbattimento. Qualche mese fa, un ex agente del SBU ucraino, Vasilij Prozorov, aveva parlato della strana reazione ucraina all’accaduto, come se Porošenko e i Servizi sapessero tutto in anticipo.

Lo scorso giugno, il Joint Investigation Team (JIT: Olanda, Australia, Belgio, Malaysia, Ucraina) aveva emesso mandati di cattura internazionale contro quattro comandanti delle milizie della DNR – un ucraino e tre russi – accusati della tragedia.

Ora, però, il Parlamento olandese, con quello che Kiev considera un “colpo alla schiena”, chiede che si faccia luce sull’interrogativo base, cui le “indagini” del JIT non hanno sinora dato risposta: come mai Kiev non avesse chiuso ai voli civili “lo spazio aereo sopra e intorno all’Ucraina orientale”. I deputati insistono dunque per “un’ulteriore indagine dei fatti” e chiedono al governo di “riferire sui risultati alla Camera bassa del Parlamento”.

Sulla mozione, votata compattamente dai quattro partiti della maggioranza di governo e dai quattro di opposizione, sembra aver influito il sondaggio effettuato tra i familiari delle vittime, l’87,5% dei quali ritiene che l’Ucraina debba esser chiamata a rispondere, anche se gli stessi partiti non hanno mai smentito la precedente risoluzione sulla “colpevolezza della Russia”.

Il Ministro degli esteri Stef Blok, con una “logica” tutta sua, ha affermato che il Governo “non vede fondamenti giuridici” per acconsentire alla richiesta dei deputati, non si è comunque opposto alla possibilità di ulteriori indagini sulla mancata chiusura dello spazio aereo, e ha infine proclamato che il “nostro governo, così come quello australiano, ritengono la Russia colpevole per l’attacco al MH17. Mentre l’indagine sul coinvolgimento dell’Ucraina non è un’indagine nell’ambito di un procedimento penale”.

Il direttore del Centro russo di congiuntura strategica, Ivan Konovalov, da sempre giudica chiara la questione: “È del tutto evidente che né la Russia, né le milizie sono coinvolte nella tragedia. L’area del villaggio di Zaroščenskoe, da cui fu sparato il razzo, a quel tempo era controllata dalle truppe ucraine e sappiamo anche che, al mattino, poco prima della catastrofe, il SBU aveva là trasferito una divisione “Buk”. Tra l’altro, in una delle prime conclusioni olandesi, il fatto era menzionato, ma poi era stato rimosso”. Impossibile anche parlare di “casualità”, perché, dice ancora Konovalov, il “Buk” è un sistema complesso, che “si deve saper gestire, gli si deve assegnare un obiettivo.

Inoltre, quella rotta aerea era monitorata dai controllori ucraini, poi stranamente scomparsi, così che è impossibile interrogarli. Ricordiamo poi anche il pilota ucraino Vladislav Vološin, in volo quel giorno proprio nell’area in cui il Boeing fu abbattuto, e che poi improvvisamente si era suicidato. Gli americani, d’altra parte, hanno sempre monitorato la situazione nella zona di conflitto con la ricognizione spaziale. Quante volte abbiamo chiesto che fornissero i dati e loro hanno sempre rifiutato”.

Non da ora, gli esperti russi, hanno fatto luce sul numero identificativo dei resti del razzo “Buk”, come appartenente alle forze armate ucraine; hanno rivelato la grossolana falsificazione (qui, dal minuto 13.47) del video presentato da Kiev a “prova” del viaggio del sistema missilistico russo verso il Donbass e ritorno in Russia; hanno presentato (ancora qui, dal minuto 20.35) la registrazione audio di un colloquio telefonico del 2016 tra militari ucraini della stazione radio Malakhit, nell’area di Odessa, sottolineando in particolare le parole del colonnello Ruslan Grinčuk (minuto 24.13) “sulla possibilità di abbattere ancora un Boeing”.

Parafrasando un ex grande inquilino del Cremlino: “le indagini vanno e vengono; la colpevolezza della Russia, per qualcuno, rimane”.

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