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08/11/2020

Imparare da Cosenza

Tra tutte le proteste che sono divampate in occasione dell’ultimo Dpcm, quella che si è fatta notare per lucidità politica è avvenuta a Cosenza.

C’era sicuramente rabbia e rivendicazione, ma non disperazione, come invece abbiamo visto a Napoli e a Torino. Propongo questo distinguo non per fare bassa sociologia, ma perché se da un lato ci sono state forme di esasperazione – comprensibili al netto delle infiltrazioni, tra l’altro ben identificate e identificabili – nel caso di Cosenza la novità, se così possiamo chiamarla, è stata la chiarezza degli obiettivi.

Il disastro della sanità pubblica è un disastro cronicizzato dal punto di vista organizzativo e storicizzato da quello politico, indotto da decenni di politiche liberiste, interpretate di volta in volta dal centrosinistra e dal centrodestra, coalizioni che si sono avvicendate al governo della Calabria, ma che hanno avuto in comune l’idea di spolpare la Sanità; vuoi per farne un bancomat utile al risanamento dei buchi di bilancio, vuoi per appetiti illeciti, col risultato di ridurla a carcassa.

Il risanamento non c’è stato, e l’impatto dell’emergenza Covid non poteva non essere violento, vista la debolezza strutturale delle istituzioni sanitarie regionali.

Per questo, l’istituzione della “zona rossa” è risultato essere di nuovo un modo per fare pagare due volte l’epidemia ai cittadini calabresi: una volta come soggetti depredati del diritto alla salute, una seconda come unico argine al contagio. Argine costruito soltanto sulle limitazioni individuali, sulla perdita di fatturato e di salario di cui si dovrebbero far carico i cittadini, vittime designate della distruzione sistematica della Sanità pubblica calabrese.

Non c’è dubbio che questo approccio dovrebbe essere il modo più corretto e nitido di mettere la questione, perché il disastro non è solo calabrese. Basti pensare alla Lombardia, che vanta il terrificante primato italiano di vittime, in una regione in cui almeno il 30% delle risorse pubbliche sono state date ai privati.

Il licenziamento folkloristico del commissario straordinario in Calabria non risolve nulla. Neppure la richiesta delle dimissioni di uno sprovveduto assessore alla sanità, o di un arrogante presidente di Regione, basterebbero a risolvere il vero problema.

La Sanità pubblica deve essere immediatamente ripristinata non solo in Calabria; il vero “ristoro” non è solo quello degli aiuti, ma del ripristino immediato del diritto alla Salute.

Ecco quello che ci ha insegnato la protesta di Cosenza: il vero ristoro è quello dei diritti, della democrazia. Che non sopporta più il liberismo.

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