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14/11/2020

Una tassa su chi lavora in smart working, l’indecente proposta di Deutsche Bank

Che banche e banchieri siano una razza maledetta è cosa nota. Che nei momenti di crisi si sentano liberi di poter avanzare le proposte più indegne lo abbiamo imparato dai fatti, dagli editoriali dei giornali di proprietà delle banche e dei banchieri e da opinionisti fuori sacco e fuori di testa, come Massimo Cacciari o Pietro Ichino.

Ma il livello raggiunto da Deutsche Bank è di una spanna superiore a Cacciari o gli opinionisti liberali. In un documento sul come e sul dove trovare i soldi per i sussidi dedicati a chi, per colpa del Covid e delle misure anti Covid, ha perso il lavoro o ha visto diminuire il proprio salario, Deutsche Bank (una delle banche più “tossiche” d’Europa, con una montagna di derivati-spazzatura in pancia, ndr) avanza la proposta di una tassa straordinaria del 5% sui salari dei lavoratori e delle lavoratrici in smart working.

Gli analisti di DB descrivono lo smart working come un “privilegio” quasi intollerabile. Il lavoratore o la lavoratrice che lavora da casa infatti rappresenta secondo loro un doppio problema.

Il primo è che può utilizzare i vantaggi che ne derivano mantenendo lo stipendio pieno ma riducendo i costi di trasporto, del pranzo fuori casa e addirittura dell’abbigliamento (lavorare da casa consente mise assai più “frugali”).

Il secondo è che proprio non spendendo per questi fattori… consuma meno e “non fanno girare l’economia”. Secondo Luke Templeman, lo “strategist” di Deutsche Bank, “questo è un grande problema”.

Chiedere ad un banchiere di avere una visione complessiva è come chiedere a Salvini di fare la persona seria.

Abbiamo scritto spesso in questi mesi sulle controindicazioni dello smart working. Ad esempio le aziende ci hanno guadagnato in produttività, ma hanno ridotto i benefit previsti per i lavoratori attivi in sede. Non solo. Molto spesso sono le aziende a richiedere lo smart working e tendenzialmente risparmieranno enormemente su affitti o costi dei locali, pulizie e macchinari, avendo minore necessità di spazi.

In secondo luogo, i costi dei mezzi di produzione (elettricità, rete internet e in alcuni casi un computer adeguato) non sono più a carico delle aziende, ma del lavoratore. Poi c’è il fatto – a nostro avviso il peggiore – della fine della separazione tra tempo di lavoro e tempo non di lavoro, che sta portando ad un allungamento fattuale della giornata lavorativa ma con lo stesso salario.

Infine, ma non per importanza, è indicativo che una banca, se deve pensare a dove reperire risorse (per i sussidi a chi se la sta passando male in tempi di emergenza pandemica e di crisi sociale), non riesce a trovare altro che tassare i salari di lavoratori e lavoratrici – quelli che le tasse le pagano già alla fonte e non hanno modo di evaderle, eluderle o di portare i salari in un paradiso fiscale...

Mai e poi mai ad una banca o ad un banchiere può venire in mente che le risorse si potrebbero prendere lì dove sono in abbondanza e cioè dai loro patrimoni e da quelli dei loro più facoltosi clienti ed azionisti.

Giustamente il poeta e scrittore Sanguineti invitava a non perdere mai il senso dell’odio di classe. Gente come quelli della Deutsche Bank sono li a rammentarci che le parole di Sanguineti sono vere, realistiche, efficaci come pietre.

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