La ripresa in “presenza” per tutte le scuole (ma per le superiori solo al 50%) è a rischio. Il notevole rialzo dei contagi avvenuto nei giorni scorsi mette fortemente in dubbio che esistano le condizioni perché tale rientro possa avvenire.
Di fronte a una tale situazione, come al solito, l’Italia appare un paese frammentato, diviso in una quantità di poteri locali che fanno a gara per inventare soluzioni fantasiose se non, a volte, grottesche. Così, dopo la triste sceneggiata delle regioni “a colori” abbiamo quella di un’accozzaglia di decisioni diverse per regioni, provincie e persino comuni.
Raccapezzarsi tra le ipotesi che circolano sulla ripresa scolastica nelle diverse situazioni locali non è facile. La Campania propende per una riapertura scaglionata dal 7 sino al 25 gennaio, quando rientrerebbero le scuole superiori, mentre in Veneto Zaia non si sbilancia e dice che si “dovranno verificare le condizioni”.
La posizione più singolare è quella di Emiliano, presidente della Puglia, che sostanzialmente scarica tutte le responsabilità sui genitori, che decidano loro se i figli devono andare a scuola o restare a casa. In pratica, l’abdicazione a esercitare le funzioni di governo e di orientamento della popolazione che gli competerebbero.
Caos anche sui modelli orari: le entrate scaglionate e le “ore” di 45 minuti sono stati scelti da alcune regioni, ma, all’interno di queste, non da tutte le provincie e comuni, mentre resta un mistero come si potrà gestire l’orario del personale scolastico, già in numero insufficiente.
Quanto al monitoraggio e ai test rapidi per le scuole sembra trattarsi di iniziative, come temevamo, di difficile realizzazione e demandate ai Comuni, che probabilmente non potranno fare nulla, dato che il tracciamento dei contagi, con relativi test, è saltato da tempo.
Anche il potenziamento dei mezzi di trasporto pubblico è demandato agli enti locali, con una situazione, quindi, indecifrabile.
Esiste quindi il rischio concreto che le scuole superiori. e anche alcune classi delle medie, non possano riprendere “in presenza” il 7 gennaio e che molti siano posti di fronte all’alternativa, per nulla piacevole, tra salvaguardare la salute o andare a scuola.
Da più parti, si accusa il governo di aver “dimenticato” la scuola, di averne trascurato l’importanza e di averla “sacrificata”. In realtà questa accusa coglie solo una parte della realtà, poiché anche le attività culturali, ricreative, sociali e di partecipazione politica, le biblioteche, gli spettacoli, lo sport e tutto ciò che non fa parte della sfera strettamente “produttiva” (per intenderci, Confindustriale e del grande commercio) sono state egualmente sacrificate in nome dello slogan secondo cui la “nostra economia” non può permettersi altre chiusure.
Per sostenere questa scelta sciagurata è stata costruita l’ideologia del “convivere con il virus” che sta dimostrando quanto sia fallimentare e letteralmente mortifera: con il virus non si convive, si muore. Il virus si può solo contrastare, combattere e distruggere.
È quindi sbagliato pensare che si sia di fronte a una scarsa attenzione del governo alla scuola, è semplicemente che tutta la strategia del governo riguardo alla pandemia, subordinata agli interessi privati, è crollata miseramente e la scuola, ovviamente, è travolta dal crollo.
Siamo così di fronte, ora, a nuovi e gravi interrogativi, poiché una ripresa che non garantisca sicurezza non è possibile. Come anche non è possibile immaginare di trascinarsi sino a giugno alternando attività in presenza e a distanza. L’anno scolastico è già, in ogni caso, gravemente compromesso, a causa di enormi responsabilità che nessuno vuole ammettere; dando, come sarebbe il caso, le dimissioni.
In questa situazione, appare almeno ragionevole la richiesta formulata dall’OSA (Organizzazione Studentesca d’Alternativa) di sospendere le valutazioni di fine quadrimestre, che dovrebbero essere formulate a fine gennaio, su lezioni tenute a distanza in scrutini tenuti a distanza.
Che si abbia almeno la serietà di non ridurre la valutazione e gli scrutini a una farsa.
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