Il vertice del G20 fortemente voluto da Mario Draghi sull’Afghanistan si è riunito ieri in modalità virtuale. Sono passati ormai due mesi dal precipitoso ritiro militare occidentale dal paese e dalla caduta di Kabul nelle mani dei Talebani.
Oltre ai rappresentanti del G20, vi hanno partecipato anche paesi come Qatar, Spagna, Olanda e i rappresentanti di Fondo Monetario Internazionale e della Banca mondiale. Assenti i presidenti della Cina e della Russia, Xi Jinping e Vladimir Putin – presenti solo a livello ministeriale – che però vengono da tutti ritenuti protagonisti fondamentali per i nuovi equilibri della regione.
Si apprende intanto che, secondo fonti statunitensi, un team militare cinese sarebbe atterrato a Bagram nei primi giorni di ottobre, probabilmente per effettuare un sopralluogo in vista di un possibile impiego dell’infrastruttura fino a due mesi or sono in mano alle truppe statunitensi. “Quello che posso dire a tutti è che si tratta di un’informazione puramente falsa”, ha però replicato il ministro degli esteri Wang Wenbin.
La missione cinese, con caratteristiche che richiamano in modo impressionante il “Grande Gioco” nel XIX Secolo nella stessa area, rientrerebbe nel quadro degli accordi tra Pechino e i talebani per la ricostruzione dell’Afghanistan, che potrebbero riguardare anche il supporto cinese alla riorganizzazione e addestramento delle forze militari e di polizia del regime talebano.
Un attento osservatore come Alberto Negri sottolinea come Putin e Xi Jinping non hanno partecipato al summit del G20 a Roma perché “a Mosca il 20 ottobre ci sarà un altro vertice afghano con una delegazione dei talebani, oltre che di Cina, India Iran e Pakistan. Nella conferenza stampa di Draghi nessun giornalista lo ha fatto notare: siamo all’omertà o all’ignoranza dell’informazione”.
Ma se sul campo la Cina appare più dinamica, contemporaneamente anche i rappresentanti dell’Unione Europea hanno incontrato ieri a Doha in Qatar gli emissari dei Talebani. Nei giorni scorsi altri incontri bilaterali con i Talebani erano avvenuti con una delegazione tedesca e una americana. In evidente difficoltà, i funzionari europei e statunitensi parlano di “colloqui tecnici e che non costituiscono in alcun modo un riconoscimento del governo ad interim”.
Resta questo infatti il dilemma e l’ipocrisia di fondo delle potenze occidentali: “Trovare il modo di sostenere la popolazione, senza legittimare un governo arrivato al potere con la forza e che nega i diritti fondamentali dei cittadini, in particolare delle donne” fanno sapere a stretta bocca le cancellerie occidentali.
La situazione economica e sociale dell’Afghanistan rischia una catastrofe. Dopo la conquista talebana di Kabul infatti, miliardi di dollari di fondi della Banca centrale afghana all’estero sono stati congelati, il governo è privo di riserve di denaro ed ha dovuto imporre un rigido controllo dei capitali. Il paese dipende per il 40% della sua economia da aiuti esterni e da agosto ad oggi l’inflazione è aumentata del 30%. Se l’attuale tendenza non sarà invertita, l’Onu denuncia che la quasi totalità dei 38 milioni di abitanti del paese, più precisamente il 97%, rischia di scivolare sotto la soglia di povertà, dove attualmente si trova già il 72% della popolazione.
Ed è così che l’unica iniziativa emersa dal vertice del G20 è quella degli aiuti umanitari all’Afghanistan. Per ora a destinazione è arrivato soltanto un terzo degli aiuti promessi fin qui. “L’intenzione di aumentare gli stanziamenti c’è, come dimostra l’annuncio dell’UE di devolvere 1,2 miliardi di euro. Ma c’è bisogno che l’Onu, a cui è stato dato mandato, coordini le iniziative e faccia la regia di un aiuto comune” ha affermato il premier italiano Mario Draghi. Gli Usa dal canto loro hanno messo sul piatto 300 milioni di dollari di aiuti umanitari, praticamente un quarto di quelli europei.
Ma le potenze occidentali si trovano di fronte all’ennesima contraddizione reale. Una volta stanziati gli aiuti umanitari come farli arrivare e gestire se l’attuale governo dell’Afghanistan non viene legittimato come interlocutore? Aiuti umanitari “loro malgrado” diventano difficili da gestire. È per questa ragione che il G20 o le iniziative euro-statunitensi senza essere concordate con Russia e Cina non vanno da nessuna parte. La “rogna afghana” è ancora tutta lì, come prima, forse più di prima.
Ed è proprio per avere piena contezza di questa realtà, delle sue contraddizioni nella storia recente e nel presente che dalla prossima settimana inizia un ciclo di conferenze sull’Afghanistan organizzata dalla Rete dei Comunisti e da Cambiare Rotta. Si comincia il 18 ottobre a Napoli, poi in altre città.
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