Domenica 29 maggio si sono svolte le elezioni presidenziali in Colombia.
Nessuno degli sfidanti ha ottenuto il 50% più uno dei voti necessari per essere eletto direttamente, e si andrà quindi al ballottaggio il 19 giugno.
Tra circa tre settimane si sfideranno il candidato della coalizione progressista Pacto Histórico, Gustavo Petro, forte di poco più del 40% ottenuto al primo turno, e l’outsider di destra Rodolfo Hernández, che ha incassato più del 28% dei consensi.
Federico Gutiérez, che doveva essere – in un quadro di estrema frammentazione del voto conservatore – l’uomo di punta della vecchia classe politica è giunto terzo, con circa il 24%, ed ha subito indicato ai suoi elettori di votare per Hernández.
Per la cronaca, Sergio Fajardo, è arrivato quarto con il 4% dei consensi.
Al Pacto Historico serve circa un milione di voti per Cambiar Colombia, come recita una immagine della sua campagna elettorale per il ballottaggio apparsa il giorno dopo le elezioni.
Il risultato ha suscitato le speranze del gruppo Puebla, composto da vari leader del progressismo latino-americano, che ha affermato: “la sua vittoria riempie di speranza l’America Latina. Il popolo comincia a respirare una nuova aria di dialogo, eguaglianza sociale, ed integrazione”.
Petro, alla sua terza sfida presidenziale, ha ottenuto più di 8 milioni e mezzo di voti, un risultato storico considerati i poco più di un milione e trecentomila voti del 2010 – con il 9,3% – ed i più di quattro milioni e 850 mila voti del 2018 – con il 25,08% – quando perse al ballottaggio contro il candidato uribista Duque.
È comunque il miglior risultato conseguito da candidato progressista alle presidenziali nella storia del Paese.
Si tratta di un innegabile successo per il PH dopo il brillante esito elettorale delle politiche del 13 marzo, che ha visto la coalizione essere la più rappresentata al Senato e la seconda alla Camera.
62enne, economista, negli anni '80 Petro è membro del M-19, un movimento guerrigliero che ha abbandonato la lotta armata dopo gli Accordi di Pace siglati nel 1990.
È stato uno dei fondatori dell’Alleanza Democratica, la formazione che derivava dal M-19 e che lo candidò all’Assemblea Costituente nel 1991, poi alla Camera nel 2002.
È stato un dei maggiori oppositori di Alvaro Uribe e nel 2005 sostenne la creazione del Polo Democratico Alternativo, formazione che lo portò al Senato l’anno successivo.
Si presentò alle presidenziali nel 2010, in cui risultò il terzo più votato.
Ha lasciato il Polo per fondare un “proprio” partito e divenire sindaco di Bogotà nel 2011.
Sei anni dopo si presentò alle presidenziali sostenuto dal movimento Colombia Humana, che poi ha integrato il Pacto.
Al primo turno, Petro ottiene un risultato pari o oltre il 70% in gran parte del dipartimento del Caribe, tranne a Cesar e San Andres, comunque oltre il 40%. Un exploit nel Pacifico, con una media oltre il 70% tranne che nella Valle de Cauca dove ottiene il 54%, e buoni risultati in Amazonía, con punte attorno al 70% a Putumayo e Vaupès, e un ottimo risultato a Bogotá D.C., dove è stato sindaco.
Si attesta sotto il 40% a Eje Cafetero, Del Agua e Montaña. Gran Santander, Especial-Central – tranne Bogotá D.C. – e Llanos.
Il voto certifica ulteriormente la crisi di legittimità dell’establishment politico che ha governato la Colombia da Uribe in poi, e che la vittoria di Petro il 19 giugno potrebbe rendere irreversibile.
Federico Fico Gutiérrez, ex sindaco di Medellín, formalmente indipendente, rappresentava la continuità con il ventennale sistema di potere colombiano, su cui avevano indirizzato il proprio voto le tradizionali famiglie politiche come il partito Lirebal (centro-sinistra) e Conservador (centro-destra).
Rodolfo Hernández è un eccentrico miliardario famoso per le sue uscite classiste, razziste e misogine ed altre castronerie – ha dichiarato di essere un ammiratore di Hitler, per poi ritrattare affermando che voleva riferirsi ad Einstein – che ha avuto l’appoggio della destra già quando si era presentato come candidato sindaco, vincendo, a Bucaramanga, nella parte centro-settentrionale del paese.
È stato “pompato” da questa le ultime settimane, quando l’establishment aveva capito che con Fico aveva scommesso sul “cavallo zoppo” e doveva trovare una exit strategy praticabile.
Ha condotto una campagna elettorale solo sui social – è conosciuto come “el viejito de Tik Tok” – senza mai confrontarsi con gli altri candidati ed esprimere uno straccio di programma elettorale, a differenza della campagna del Pacto Historico, condotta costantemente in strada girando il Paese in lungo ed in largo, nonostante le minacce di morte ai suoi candidati.
Appare paradossale, ma Hernández si è presentato come campione contro la corruzione, nonostante sia in attesa di essere processato proprio per questo tipo di reati.
Come Rete dei Comunisti, all’interno della campagna nazionale in solidarietà con l’America Latina, abbiamo sostenuto sin da subito la sfida elettorale del Pacto Histórico, una coalizione progressista che ha saputo dare degna rappresentanza politica al profondo desiderio di cambiamento della popolazione colombiana, espressosi con il Paro National dello scorso anno, in una non certo facile situazione caratterizzata dai continui tentativi di destabilizzazione attuati dal vecchio assetto di potere legato a doppio filo con Washington.
Continueremo anche in queste settimane a sostenere la campagna presidenziale forti di un ottimo risultato raggiunto dalla formazione anche tra la comunità colombiana che vive in Italia, ottenuto anche grazie allo sforzo di tante attiviste ed attiviste di origine colombiana nel nostro paese con cui collaboriamo.
Come abbiamo più volte affermato, l’America Latina è una speranza per l’umanità intera.
Con Gustavo Petro e Francia Márquez!
Con il Pacto Histórico!
¡Gracias Colombia!
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