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16/12/2022

Ucraina - Nuova legge contro la libertà di stampa, perquisizioni contro i comunisti

Il 13 dicembre scorso la Rada ucraina (il parlamento) ha approvato una legge sui media per soddisfare uno dei prerequisiti per l’adesione all’Unione europea. Ma la nuova legge espande e non riduce i poteri dei censori statali ucraini sulle organizzazioni dei media, inclusi i media online, vieta la diffusione di propaganda o informazioni russe o che difendono il periodo sovietico dal 1917 al 1991 e stabilisce rapporti normativi per i contenuti in lingua ucraina rispetto ai contenuti in lingua russa sulle stazioni radio. All’inizio del 2021 l’Ucraina aveva già bandito tre canali televisivi in lingua russa. La nuova legge ucraina sui media entrerà in vigore tre mesi dopo la sua ratifica. Non risultano finora osservazioni critiche da parte dell’Unione Europea ad una legge che limita fortemente la libertà di stampa in Ucraina.

Intanto arriva anche notizia di perquisizioni a tappeto di uffici e abitazioni di militanti del Partito Comunista d’Ucraina (KPU) messo fuorilegge come altri dieci partiti politici del paese. L’operazione è stata condotta nelle città di Kiev, Dnipro e Kryvoy Rog nell’ambito di “misure anti-sabotaggio”. Lo si apprende da un comunicato diffuso dai servizi di sicurezza ucraini (SBU) nel pomeriggio di mercoledì 14 dicembre.

Gli agenti hanno confiscato le “prove” dell’attività sovversiva degli indagati: bandiere dell’Unione Sovietica, immagini di Lenin, manifesti del KPU e materiale politico, volantini, medaglie, nastri di San Giorgio, riviste e testi. Tra questi compaiono 5 libri di Oles Busina, il giornalista antimaidan ucciso vicino alla sua abitazione a Kiev nel 2015. È stato rinvenuto anche un fucile da caccia, ma non è specificato se sia da fuoco o a salve, autorizzato o meno.

Secondo l’SBU i materiali confiscati costituirebbero addirittura un “arsenale di strumenti di propaganda per condurre campagne ed eventi di massa a sostegno del nemico in caso di cattura delle regioni di Kiev e Dnipropetrovsk” e proverebbero l’intenzione di una presa violenta del potere.

Per questa ragione gli inquirenti del Servizio di Sicurezza hanno avviato un procedimento penale ex art. 109, contro “azioni finalizzate al cambiamento violento o al rovesciamento dell’ordine costituzionale o alla presa del potere statale”. Il timore è che questo atto possa preludere a un’ondata di arresti politici nei confronti dei membri del KPU.

Già lo scorso 28 novembre i servizi di sicurezza ucraini avevano fermato e perquisito la casa di due membri del KPU ad Odessa, padre e figlio. Anche in questo caso era stato requisito materiale politico: bandiere dell’URSS e del partito, poster e foto di diversi leader comunisti, libri e volantini. Il Partito Comunista d’Ucraina è stato definitivamente vietato lo scorso 7 luglio e molti suoi dirigenti sono stati costretti a nascondersi o andare in esilio per evitare l’arresto e le persecuzioni. Dalla messa al bando, questa risulta essere la maggiore operazione di polizia condotta contro i comunisti per ragioni meramente politiche.

Di tutto questo i difensori dei diritti umani al Parlamento europeo sembrano non accorgersi o non volerne sapere niente.

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