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08/12/2012

Grillo e 5 stelle: le soluzioni di oggi saranno i problemi di domani

Come i lettori di questo blog sanno (ed alcuni mi hanno rimproverato) seguo il M5s con aperta disponibilità al dialogo, dunque, non credo d’essere accusabile di pregiudizi ostili nei suoi confronti; questo, però, non significa che non  abbia critiche da fare e riserve da sciogliere e sarebbe sleale tacere le une e le altre. In particolare, ritorno sul punto delle soluzioni organizzative che il comico genovese ha dato al Movimento ed, in particolare, al ruolo che si autoassegna. Partiamo da questo.

Grillo è stato una risorsa decisiva per il movimento che, senza di lui non ci sarebbe; questo è fuori discussione  e solo pochi invidiosi provano a contestarlo. Però, man mano che il movimento cresce (ormai è il secondo partito italiano, anche se non sappiamo come si rimescoleranno le carte nella destra) “Beppe” corre il rischio di trasformarsi da Grillo in Crono, un personaggio mitologico che rischia di stargli alla perfezione. Come ricorderete, Crono aiutò la madre a liberarsi di Urano che giacendo su di lei senza sosta, impediva che i figli concepiti uscissero dal suo utero. Pertanto Crono castrò il padre e ne prese il posto di sovrano del Mondo. Tuttavia, quando generò a sua volta, una profezia gli annunciò che uno dei figli lo avrebbe, a sua volta, spodestato. Pertanto Crono iniziò a divorare i suoi figli. All’insolito banchetto scampò Zeus che, in effetti, lo detronizzò resuscitando i fratelli precedentemente divorati.

In effetti, qualcuno potrebbe raccontare così la nuova versione della storia: Grillo-Crono sta cercando di liberare madre-Italia dall’Urano della partitocrazia che la opprime, ma, per timore di essere spodestato dai suoi figli sta iniziando a mangiarli. Restando da vedere se ci sarà uno Zeus e chi potrà essere.

Fuor di metafora: Grillo sta dando anima ad una protesta democratica contro questo ceto politico dispotico, ma corre il rischio di sovrapporsi ad essa e diventare lui un nuovo despota. Capisco che lui abbia intenzioni ben migliori, ma di buone intenzioni è lastricata la via dell’inferno perché, a volte, si può svolgere inconsapevolmente un ruolo molto diverso da quel che si vorrebbe.

Questa estrema personalizzazione del movimento comporta una serie di effetti controintuitivi sui quali lo stesso Grilli farebbe bene a meditare:

a- questo espone Grillo sia ad attentati che a montature scandalistiche. Colpire una sola persona è sempre più facile che colpire un movimento e se questo non è in grado di sopravvivere alla perdita reale o simbolica di quella, togliersi dai piedi questa opposizione diventerebbe molto più semplice;

b- questa conduzione del movimento attraverso il possesso giuridico del simbolo ed il controllo delle sue reti comunicative si traduce in una forma di “patrimonialismo politico” anche più stringente di quello di Forza Italia o dell’Idv che erano “patrimonio personale” rispettivamente di Berlusconi e Di Pietro. Ancora peggio, questo rischio è accentuato dall’assenza di uno statuto deciso democraticamente, di assemblee autonome degli iscritti al movimento, dalla intolleranza verso i dissidenti, dall’assenza di strutture decisionali collettive elette democraticamente;

c- Con ogni probabilità, il M5s, nonostante tutto, avrà uno strepitoso successo alle politiche ed anche se ci fossero duemila dissidenti che uscissero per formare un’altra lista o accordarsi con De Magistris, sposterebbero solo pochissimi decimali, risultando ininfluenti, perché c’è una ondata montante che lo sostiene. Però i problemi cominceranno un minuto dopo l’insediamento dei parlamentari perché ci sono un mare di questioni (come ad esempio la politica estera) su cui non esiste una linea del movimento e non ci sono regole che stabiliscano chi (oltre che il “capo”) possa decidere quale sia la posizione da assumere. Risultato: gli eletti capaci di intendere e volere con la propria testa assumerebbero inevitabilmente posizioni divergenti, dando vita a tendenze centrifughe. La stabilità del gruppo sarebbe data dagli yesmen che farebbero subito corpo con le indicazioni del “capo”, ma ricordiamoci che gli yesmen sono sempre i primi a vendersi. Alla prima occasione tutto va in briciole;

d- L’identificazione fra il padre fondatore ed il movimento va bene nelle prime fasi, dopo, se il padre non lascia gradualmente spazio ad un gruppo dirigente collettivo espressione democratica della base, inizia a profilarsi la divaricazione fra il fondatore e la sua creatura politica. La cosa non emerge subito e, sinché le cose vanno bene, nulla traspare. Alla prima sconfitta politica, le crepe si manifestano, ma a quel punto è sono l’epifania di un processo già avviato da tempo ed a quel punto potrebbe essere troppo tardi per salvare il tutto.

E le perplessità crescono considerando sia le regole per gli eletti dettate da Grillo, sia le modalità con cui il movimento sta scegliendo i suoi futuri parlamentari. Lasciamo perdere le prime e parliamo delle seconde.

Per evitare infiltrazioni, Grillo ha decretato che a potersi candidare alle primarie interne (“parlamentarie” dice lui) possono essere solo quanti si siano già candidati precedentemente in elezioni amministrative. Che questo funzioni contro rischi di infiltrazioni è tutto da dimostrare (dove sta scritto che infiltrati non ce ne fossero da prima?) comunque, magari riduce un po’ tale rischio. In ogni caso, si tratta di un escamotage che può funzionare la prima volta, ma dopo è inapplicabile: mica si può fissare una volta per tutte l’”albo eligendi” congelando il tutto in eterno. Si può stabilire i candidati ad ogni elezione politica debbano essere stati candidati prima in qualche elezione amministrativa, lasciando aperta ai nuovi la porta  delle amministrative ma, a quel punto, che senso avrebbe la norma se non un generico cursus honorum per accedere alle candidature maggiori? A meno che Grillo non pensi il M5s come una operazione a termine, che deve partecipare alle politiche una sola volta e poi si fa altro, ma, in questo caso, sarebbe carino se ce lo dicesse subito.

Poi non è affatto chiaro (almeno per quel che ne ho capito) quali saranno gli effetti pratici della consultazione: immaginiamo che si voti con il porcellum –come ormai appare quasi sicuro- se ne deduce che gli eletti lo saranno sulla base delle liste bloccate, in ordine di presentazione, e qui si aprono una serie di questioni:

a- immaginiamo che saranno candidati i primi 915 di questa competizione (630 alla Camera e 315 al Senato), ma chi decide chi andrà alla Camera e chi al Senato? Anche perché è presumibile che il M5s, che ha una base elettorale prevalentemente giovanile- avrà migliori risultati alla Camera e, quindi lì dovrebbe esserci maggiore probabilità di riuscita;

b- c’è poi da decidere come distribuire i candidati nei vari collegi: per quel che ne sappiamo, ora un iscritto al M5s di Bergamo può votare per “Calogero Bianchi” di Catania e l’iscritto di Catania può votare per “Anselmo Neri” di Catania. Ma dopo, ammesso che sia Bianchi che Neri rientrino fra i candidati alla Camera, in quale collegio saranno candidati? In quello dove risiedono o in quello in cui hanno preso più voti? O magari in un terzo collegio dove non hanno alcuna probabilità di essere eletti perché il movimento lì raccoglie pochissimi consensi?

c- c’è poi un’altra questione: siccome gli eletti lo saranno in base all’ordine di presentazione, ci chiediamo se esso rispecchierà i risultati di questa consultazione, oppure ci saranno variazioni nell’ordine.

Mischiando questi tre elementi (dislocazione Camera-Senato; scelta del collegio; presentazione in ordine di lista) si capisce quanto ampia possa essere la capacità decisionale di chi poi materialmente comporrà le liste. Essendo un vecchio esperto di sistemi elettorali che ha lungo studiato le tecniche dei radicali, vi posso garantire una cosa: datemi i risultati e vi  faccio vedere come, usando anche solo i primi due meccanismi, decido io chi saranno gli eletti effettivi, magari gli ultimi arrivati nella consultazioni, lasciando a casa quasi tutti quelli arrivati primi. Forse qualcuno può sfuggire all’operazione, ma nella maggioranza dei casi state sicuri che ci prendo.

Questo, peraltro, senza considerare il rischio di manipolazioni dei risultati che possono essere fatte sia dal basso che dall’alto: dal basso da parte di organizzazioni interessate che non hanno bisogno di assemblee (proibite dallo strano non statuto) per orientare pacchetti di voti, dall’alto in sede di proclamazione dei risultati.

Intendiamoci: non sto dicendo che Grillo o Casaleggio o anche solo uno degli addetti all’operazione “scrutinio” manipoleranno il risultato –ci mancherebbe altro!- ma che, volendo, potrebbero farlo e questo inevitabilmente si presta ad operazioni di discredito. Peraltro nessuno ci garantisce che un altro movimento che adotti questi criteri  sia sempre fatto da persone meno scrupolose che, invece, i dati li manipolerebbero: quel che dice come non si tratti di una procedura affidabile democraticamente, dato che in democrazia le garanzie dell’integrità personale dei decisori non sono decisive, mentre lo sono le procedure.

Infine: mi fate capire sulla base di quali criteri un militante del movimento sceglie i suoi rappresentanti: sulla base degli interventi nel blog? Conoscenza personale?  Fama mediatica? Immaginazione? Peraltro, non c’è stata nessuna vera campagna elettorale dei candidati e nessuno di essi ha potuto esporre particolari idee politiche perché le uniche che contano sono quelle del “programma” già stabilito. Che razza di selezione può venire fuori così?

E torno su un punto battuto altre mille volte: non esiste democrazia senza regole certe. La democrazia, per sua natura, non può prescindere da procedure garantiste. E qui mi pare che non ci siamo.

Aldo Giannuli

Fonte

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