Le ricette della Troika
scoraggiano gli investimenti. Nulla di quel che i governi europei e la
Bce raccontano per giustificare le "riforme strutturali" è vero. Nella
realtà accade l'esatto opposto.
È fuga dall'Europa del sud per le multinazionali, in quello che
rischia di essere un esodo che minaccia i capitali e l'innovazione in
un'Europa del Sud che ne ha «disperatamente bisogno per emergere dalla
crisi del debito e dalla recessione».
Lo riporta il Wall Street
Journal citando alcuni esempi, quali l'americana Kimberly Clark, che ha
annunciato la propria intenzione di voler ridurre le attività per i
pannolini da bambini in Europa in seguito al calo delle nascite. In
ritirata anche Alcoa e PPR. A lasciare sono anche la tedesca Merck, che
ha di recente annunciato il taglio del 20% della propria forza lavoro in
Spagna, e l'inglese Compass Group, che ha chiuso parte delle attività
in Portogallo.
«Dall'inizio dell'anno ci sono stati segnali di
debolezza degli investimenti esteri diretti in Europa del Sud. Nei primi
sei mesi dell'anno - riporta il Wall Street Journal -, il ritiro di
investimenti in Italia ha superato l'affluenza di fondi di 1,6 miliardi
di dollari. Gli investimenti esteri diretti sono in calo del 38% in
Portogallo, Spagna, Grecia e Italia dal 2007, con gli investitori che
spostano le proprie risorse verso i paesi emergenti».
In Italia
i nuovi investimenti sono rallentati e scoraggiati in parte dalla
burocrazia. La francese Decathlon ha rinunciato al progetto di costruire
un quartier generale da 25 milioni di dollari vicino Milano che avrebbe
creato 250 posti di lavoro.
Una lunga serie di notizie
negative che indicano la stessa cosa: le “riforme strutturali” stanno
producendo il risultato opposto a quello dichiarato dalla Troika (Be,
Ue, Fmi).
Ricordiamo infatti che ufficialmente i tagli feroci
alla spesa pubblica e la dichiarata “necessità” di ridurre il “costo del
lavoro” (abbassando i salari, precarizzando i contratti, eliminando una
serie di diritti e garanzie per i dipendenti) sono stati motivati con
due obiettivi centrali:
- arrivare al pareggio di bilancio e rendere sostenibile sul lungo periodo la spesa pubblica;
- creare le condizioni per attrarre investimenti nei paesi Piigs (Portogallo, Italia, Irlanda, Grecia e Spagna).
Entrambi gli obiettivi sono falliti. Il debito pubblico è infatti
cresciuto in tutti questi paesi (tranne in parte in Irlanda) nonostante
i tagli; anzi, più duri sono stati, più il debito è peggiorato. La
ragione era ampiamente prevedibile: ridurre la spesa pubblica fa
diminuire il prodotto interno lordo, rallenta a cascata tutta l'attività
economica, quindi fa diminuire anche le entrate derivante dalle tasse
(a partire dall'Iva).
Questa “depressione localizzata”, accompagnata da un rovesciamento
totale della legislazione sul lavoro, che toglie alle presenti e
soprattutto alle future generazioni ogni speranza di miglioramento della
propria condizione, lungi dal rappresentare un “contesto favorevole”
agli investimenti (esteri o nazionali non fa differenza) sta creando un
ambiente desertico da cui persino le multinazionali sono costrette a
fuggire. L'esempio di Decathlon è paradigmatico: a chi vendo
attrezzature sportive low cost in un paese che fa fatica ad arrivare a
fine mese?
Un'economia è infatti un sistema. Togliere o segare
alcuni pilastri – al contrario di quel che pensano gli imbecilli drogati
di ideologia liberista formati alla Bocconi – disincentiva l'attività
produttiva. Più sono bassi i redditi locali, meno vantaggioso diventa
investire. Nessuno, infatti, ai piani alti dei consigli di
amministrazione delle multinazionali, pensa che sia possibile
trasformare dei paesi avanzati in “maquilladoras” messicane in cui
produrre a basso costo merci da vendere altrove. Questi luoghi già
esistono dentro e appena fuori i confini dell'eurozona (Est europeo,
Marocco, persino l'arrembante Turchia) e non c'è affatto bisogno di
altri “poveri in competizione”. Semmai c'è scarsità di mercati ricchi in
cui esportare una quantità di merci sovraprodotte un po' ovunque.
Ma i servi del capitale non lo capiranno mai...
Fonte
L'articolo sbaglia su un punto, quanto si sta verificando non è frutto delle deficienza dei liberisti bocconiani, ma il concludersi di uno dei tanti cicli che contraddistingue il capitalismo, che geneticamente è portato ad annientare se stesso per poi risorgere dalle ceneri (sociali e non solo, le guerre mondiali insegnano) in cui si auto-consuma.
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