Le dimissioni di Monti e il rientro in campo di Berlusconi consegnano alla sinistra anti-troika una pressante e particolare responsabilità.
Non piangeremo di sicuro sulle dimissioni di Monti dal governo, né gioiremo della mossa del cavallo di Berlusconi, ma siamo consapevoli che lo scenario che si apre ci pone di fronte seri problemi di analisi, programma e azione concreta nei prossimi mesi. Di questo intendiamo discutere nell'assemblea nazionale che si terrà a Roma il prossimo 15 dicembre, convocata dalle forze che nel deserto dei tartari sono riuscite a mettere in campo la riuscita manifestazione del 27 ottobre scorso.
Il primo problema è che le dimissioni di Monti non eliminano la sua micidiale agenda. Essa incombe sul prossimo futuro come una pesante ipoteca su qualsiasi governo che emergerà dalle prossime elezioni. Con essa si intende continuare il massacro sociale già iniziato e annunciato su indicazione della troika Bce-Ue-Fmi attraverso i patti imposti dall'adesione all'Unione Europea e all'Eurozona. Si tratta di una gigantesca sottrazione di risorse, reddito, ricchezza e diritti ai lavoratori e ai servizi sociali per destinarli all'alimentazione del capitale finanziario che prospera sul debito pubblico italiano.
Da tutti gli indicatori emerge come le misure imposte della troika e adottate dal governo Monti, siano la causa della recessione – e del tracollo industriale, occupazionale e dei redditi – nel nostro paese. La loro continuazione non potrà che acutizzarla.
Secondo quanto riferiscono molti quotidiani influenti, Washington, Francoforte, Bruxelles e “mercati finanziari” si sono già messi all'opera per mantenere comunque in sella Monti o avere garanzie che la sua agenda non subirà modifiche all'indomani dell'insediamento del nuovo governo. Bersani sembra averlo in testa molto chiaramente, tant'è che la Carta d'Intenti per le primarie prevedeva un punto vincolante sul rispetto dei trattati europei (Fiscal Compact etc.) e internazionali (la Nato) per chiunque le avesse vinte e si candidi a governare il paese.
Ma la realtà – sempre in movimento, mai statica – ci regala la sorpresa del rientro nella competizione elettorale di Berlusconi. Il cavaliere ha verificato che i suoi interessi privati vengono danneggiati dal clima generale e sa che per recuperare profitti aziendali e immunità giudiziaria deve “rientrare” in politica. La sua armata Brancaleone (il PdL) ha dimostrato che senza la sua leadership non esiste e, se non esiste, non è in grado di assicurargli nessuna delle due.
Ma Berlusconi è tra i pochi che capisce gli umori della pancia profonda del paese, l'Italietta qualunquista e reazionaria, aliena alle strategie dei poteri forti sovranazionali, che reagisce rabbiosamente ad ogni modifica del proprio status sociale senza mai pensare ad una alternativa di sistema, ma che al massimo aspira alla continuità con il passato, quello che ha consentito ai “prenditori” di arricchirsi con gli appalti, il sottogoverno, l'evasione fiscale, la speculazione sui prezzi, la precarietà del lavoro.
Berlusconi intende raccogliere consensi su una critica frontale ai vincoli europei (dall'euro al fiscal compact) e alla loro conseguenze in Italia (tasse impopolari come l'Imu, disoccupazione, crollo dei consumi etc). Un terreno, questo, che avrebbe dovuto essere coltivato dalla sinistra e che invece viene sdoganato e praticato dalla destra. Ma su questo, la destra rischia di crescere e di consolidarsi anche nei settori popolari devastati dalle misure antisociali di Monti e del montismo.
Per una sinistra di classe che intende definire la sua agenda contro i diktat della troika e agire in modo politicamente indipendente dal centro-destra e dal centro-sinistra, si pone il problema, serissimo, di non lasciare questo spazio al berlusconismo di ritorno, il quale detiene maggiori strumenti di penetrazione e influenza nei nostri settori sociali di riferimento.
La sinistra di classe si trova dunque di fronte ad un doppio compito a cui dovrà saper dare risposte efficaci:
a) Resistere al canto delle sirene dell'antiberlusconismo che suoneranno ininterrottamente nei prossimi mesi cercando di azzittire e arruolare intorno al centro-sinistra ogni opposizione politicamente indipendente contro il massacro sociale annunciato dalla troika
b) Contrastare la demagogia e le soluzioni reazionarie della destra e del berlusconismo contro “l'Europa” dentro i settori popolari. In questo la destra ha giù un competitore, Beppe Grillo e il suo Movimento. Ciò significa per la sinistra abbandonare ogni vizio politicista e “sporcarsi le mani” in mezzo alla gente, nei luoghi di lavoro come nei mercati rionali.
In sostanza questa sinistra “resistente” - in modo particolare quella attiva nel Comitato No Debito e nel sindacalismo conflittuale - sarà costretta a maturare rapidamente nelle prossime settimane ed a mettere in campo obiettivi, programma e azione concreta per diventare protagonista dell'opposizione ai diktat della troika e dimostrare fattivamente di poter essere una alternativa alle ricette antipopolari del centro-destra e del patto Monti-centrosinistra. Dentro la crisi non c'è meno peggio che tenga. Di questo intendiamo discutere all'assemblea nazionale di sabato 15 dicembre a Roma.
Fonte
Almeno per oggi direi che il giro d'opinioni sulla situazione politica prossima ventura può considerarsi concluso.
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