Crisi di governo, Monti a Napolitano: “Legge di Stabilità, poi mi dimetto”
Prima la Legge di Stabilità, poi le dimissioni. Perché “il presidente del Consiglio non ritiene possibile l’ulteriore espletamento del suo mandato”. Mario Monti
si è dimesso. O, meglio, ha annunciato che lo farà dopo l’approvazione
del dl da cui dipende la tenuta economica dell’Italia. Il motivo? La
sfiducia del Pdl, come si legge chiaramente nella nota diffusa dal
Quirinale: “Il premier ha rilevato che la dichiarazione resa ieri in
Parlamento dal segretario del Pdl Angelino Alfano
costituisce, nella sostanza, un giudizio di categorica sfiducia nei
confronti del Governo e della sua linea di azione”. Da qui la decisione.
Almeno quella ufficiale. Secondo fonti ministeriali, al contrario, la classica goccia che ha fatto traboccare il vaso è stata invece la pregiudiziale di costituzionalità sull’accorpamento delle province. La scelta, comunque, era già stata presa. Ed è irremovibile.
La
prossima tappa, del resto, Monti l’ha già fissata. E’ scritta a chiare
lettere nel comunicato del Colle: “Il Presidente del Consiglio accerterà
quanto prima se le forze politiche che non intendono assumersi la
responsabilità di provocare l’esercizio provvisorio – rendendo ancora
più gravi le conseguenze di una crisi di governo, anche a livello
europeo – siano pronte a concorrere all’approvazione in
tempi brevi delle leggi di stabilità e di bilancio. Subito dopo –
prosegue la nota – il Presidente del Consiglio provvederà, sentito il
Consiglio dei Ministri, a formalizzare le sue irrevocabili dimissioni
nelle mani del Capo dello Stato”. Questo perché il Professore non ha
nessuna voglia di farsi ulteriormente “impallinare, né logorare” dalla
propaganda del Pdl, né di far diventare il suo esecutivo bersaglio annunciato del disegno pre-elettorale di Berlusconi&Co.
La svolta, assolutamente inaspettata, arriva dopo una giornata all’insegna di una relativa calma, con il capo del Governo
che a Cannes si era detto tranquillo in merito alla situazione politica
interna. Evidentemente non era così, e le sue parole, col senno di poi,
sembrano quasi un testamento politico. La mossa del capo del Governo ora potrebbe comportare cambiamenti radicali nella road map
tracciata da Giorgio Napolitano, con le elezioni politiche anticipate
rispetto al 10 marzo e l’approvazione della legge di Stabilità a prima
di Natale. In tal senso, la data fissata sarebbe quella
del 19 dicembre. Dopo di che il Colle passerebbe allo scioglimento
delle Camere, con le consultazioni per il nuovo parlamento nella seconda
metà di febbraio.
Questa ipotesi seguirebbe un disegno ben
preciso, che punta a raggiungere un duplice obiettivo. Con una campagna
elettorale sensibilmente più corta, infatti, diminuirebbe il rischio
esposizione dell’Italia sui mercati e si darebbe meno tempo al Pdl per
organizzare la propaganda in vista del voto. Del resto, era ciò che
chiedeva il segretario del Partito democratico Pier Luigi Bersani durante le ‘consultazioni informali’ di ieri al Quirinale.
Il leader democrato, infatti, aveva assicurato lealtà al governo,
sottolineando al contempo di non voler “lasciare mani libere” al Pdl in
vista di una campagna elettorale tutta orientata contro l’operato del
governo tecnico. Non solo. Bersani aveva anche provato a far anticipare
la data del voto, proprio per non lasciare troppo tempo ai berlusconiani
per riorganizzarsi. Proprio per questo motivo, del resto,
l’accelerazione impressa da Monti non è piaciuta per niente all’interno
del Pdl (c’è chi parla di “grave scorrettezza”), anche perché ci sarebbe la convinzione che il premier abbia condiviso la sua exit strategy sia con Pierferdinando Casini che con Pier Luigi Bersani.
Nella
nota del Quirinale, tuttavia, si evince anche una sorta di sfida o
quantomeno un messaggio assai chiaro lanciato dall’ex rettore della Bocconi
a Berlusconi e al Pdl. Il passaggio è quello in cui Monti parla di
accertare “quanto prima se le forze politiche che non intendono
assumersi la responsabilità di provocare l’esercizio provvisorio –
rendendo ancora più gravi le conseguenze di una crisi di governo, anche a
livello europeo – ” siano disposte a votare al più presto il sì alla
Stabilità. Come dire: subito il provvedimento economico, altrimenti la
responsabilità del possibile disastro sui mercati e in termini di
credibilità in Europa ricadranno sul Popolo della Libertà.
Il partito azzurro, a questo punto, può decidere o meno se approvare in
tempi record la Stabilità. Se non lo fa, il Paese potrebbe ritenerlo
colpevole dello sfacelo economico; se invece vota sì subito, avrà
pochissimo tempo per riorganizzarsi intorno al vecchio leader, che
comunque ha già lanciato la sua campagna elettorale. Da comprendere,
inoltre, quale sarà l’atteggiamento dei Pdl nei confronti dell’election day con le regionali di Lombardia e Molise: fino a ieri fortemente voluto dal Cavaliere per provare a sfruttare l’effetto scia del voto al nord (e conquistare così un numero di senatori sufficiente a render difficile la vita a Palazzo Madama),
ora rischia di diventare un fardello non di poco conto per la mancanza
di tempo utile ad organizzarsi. Non è escluso, infine, che prima o in
coincidenza dell’arrivo in aula della Legge di Stabilità, il Professore
parli al Parlamento per mettere i puntini sulle ‘i’ e, chissà, preparare anche il campo ad un suo futuro squisitamente politico. Fondamentale,
a questo punto, arrivare a lunedì e capire come i mercati reagiranno
all’ufficializzarsi della crisi del governo italiano.
Fonte
Dimissioni Monti, ora il professore avrà le mani libere
E ora Mario Monti ha le mani libere. Libere per
‘dire agli italiani’, come lui stesso avrebbe riferito alle persone più
vicine, come la pensa veramente. E anche mani libere per avviare
finalmente una lista. Per andare dove? Di nuovo a Palazzo Chigi? Forse. Ma forse e anche meglio al Quirinale, riferimento e garanzia di un governo con Pier Luigi Bersani
presidente del Consiglio e una buona fetta degli scranni parlamentari
di maggioranza occupati da quel centro – Casini, Fini e Montezemolo in
testa – che attorno alla figura dell’ex rettore della Bocconi da tempo
sperano di accodarsi. Fantapolitica? Di certo, le parole di Montezemolo
trapelate oggi – “senza Monti più difficile fare una lista”
– possono anche essere lette al contrario: ora che Monti non è più
legato a un esecutivo tecnico si può ragionare di una sua discesa in
campo. E il plauso di Bersani alla “dignità” del presidente del
Consiglio non è necessariamente in contrasto con una coalizione di
centro-sinistra segnata a fondo dall’europeismo del professore. Senza
contare che il successo del Pd, dato per certo sulla carta, altrettanto
certo non è nei numeri, soprattutto quelli del Senato, soprattutto ora
che le speranze di votare con qualcosa di diverso dal Porcellum sono
definitivamente tramontate e i democratici potrebbero svegliarsi dopo il
voto con la maggioranza relativa dei voti nel Paese ma senza le
poltrone sufficienti a governare da soli o in tandem con la sola Sel.
Altrettanto certo, per ora Monti ha deciso di non galleggiare.
Fonti ministeriali riferiscono che il premier avrebbe spiegato al Capo
dello Stato le sue intenzioni di procedere alle dimissioni per
l’atteggiamento assunto dal Pdl. Non ci sto, questo il ragionamento del
premier, a farmi impallinare da un partito che ha votato i provvedimenti
per un anno e all’improvviso prende una posizione opposta ai suoi
comportamenti. E ancora: non ci sto a considerare che quanto successo
non comporti delle conseguenze, la decisione del Pdl lede la mia persona e il mio governo.
Il presidente, spiega chi ha potuto parlargli, “ha ritenuto che il discorso di Alfano - oggi il primo a garantire sulla responsabilità del suo partito -
alla Camera rappresentasse un netto cambio di posizione rispetto alla
linea sin qui tenuta dal Pdl”. In particolare Monti non ha gradito per
nulla la parte sui danni che, a detta del segretario, le misure del
governo hanno avuto sull’economia: “Il premier non poteva accettare che
si dicesse che il debito è salito, così come la disoccupazione, le
tasse, l’inflazione; accusando il governo di aver fatto nel contempo
diminuire la crescita e i consumi”, spiega. Per Monti si è trattato di
un “atto di sfiducia” vero e proprio sull’agenda portata avanti
dall’esecutivo. Per tale ragione, riferisce la stessa fonte, il capo del
governo ha ritenuto doveroso fare un “atto politico forte e di
discontinuità” che sancisse come la posizione “attuale” del Pdl, che è
‘in contrasto con quanto finora sostenuto” fosse incompatibile con la
prosecuzione di un leale rapporto di fiducia.
Quanto a una lista
che si fregi del suo nome, “su questo ancora nessuna decisione è stata
presa”, dicono fonti vicine al governo, facendo capire, tuttavia, che
una riflessione è in corso. Nessuno al momento si sbottona e c’è da
credere che Monti continuerà a non prendere in considerazione la cosa
finché occupera gli uffici di Palazzo Chigi. Ma l’ipotesi di un ingresso
in politica non viene esclusa. Anzi, il premier starebbe tuttora
riflettendo sulla possibilità di promuovere in prima persona una lista
elettorale. “Una riflessione – si dice – non è ancora terminata”. Anche
ieri ci sarebbero stati contatti tra alcuni ministri, in primis Passera, Ornaghi e Riccardi,
e quell’ala del Pdl che vorrebbe sostenere l’attuale presidente del
Consiglio anche dopo la legislatura. Un’area che per il momento
comprende Cl, gli alemanniani e altri ‘big’ del partito e che potrebbe
ingrandirsi qualora il premier decidesse di scendere in campo.
Fonte
I giornali borghesi, al solito, mostrano profonda carenza nell'analizzare criticamente la situazione, celando in modo piuttosto maldestro un certo tifo nei confronti di tutto ciò che di volta in volta possa frapporsi tra il soggetto considerato come male assoluto e la direzione del Paese.
Gli articoli della testata di Travaglio sono comunque utili per farsi un'idea delle incessanti manovre politiche che hanno caratterizzato questo fine settimana d'inizio dicembre.
Essenzialmente stiamo assistendo ad una partita a risiko tra ciò che resta del capitalismo personalistico italiano (quello di Berlusconi e i pochi sodali rimasti) che avendo legato la sua esistenza alle sorti stesse di un certo modo d'intendere e amministrare lo Stato, non può prescindere dal ferreo controllo di quest'ultimo, e il capitalismo transnazionale, in cui confluiscono linee di potere ed interessi spesso divergenti, ma non più intenzionati a sopportare la gestione del potere eccessivamente "indipendentista" di un ex compagno di club che troppo poco s'è adoperato per il travaso della ricchezza italiana (quella delle classi medio basse) oltreconfine.
Col senno di poi questo week end dell'immacolata sarà decisivo per la sesura degli assetti della Terza Repubblica, va da se che Berlusconi è sempre ad imboccare il percorso tracciato dal suo mentore Craxi.
In tutti questi giochi, l'unico clamoroso sconfitto resta il popolo che inerme assiste allo spettacolo, come fosse davanti a un thriller politico di cui fatica a seguire le battute.
Nessun commento:
Posta un commento