Fiato alle trombe e ai tromboni, arriva il decreto “salva-Ilva”.
Breve riassunto delle puntate precedenti. I giudici di Taranto
accertano che, producendo acciaio con gli attuali impianti “a caldo”, l’azienda inquina e uccide;
quindi gli impianti vengono sequestrati e possono restare accesi solo
per essere risanati, ma non per produrre altro acciaio, altrimenti il
delitto di disastro colposo e omicidio colposo plurimo continua e la
magistratura ha il dovere di impedirlo; se e quando gli impianti
fuorilegge – l’arma del delitto – saranno finalmente a norma, cioè
smetteranno di avvelenare e ammazzare, potranno tornare a produrre.
Il governo dice: l’Ilva s’è impegnata a investire subito 4 miliardi
(a fronte di 3 miliardi di utili accumulati in 17 anni) per bonificare
gli impianti, quindi può riprendere subito a produrre mentre li risana;
se poi non mantiene i patti, il governo gliela fa vedere lui e magari
sostituisce i Rivacon qualcun altro. È un po’ come se
ci fosse un maestro pedofilo che ogni giorno molesta i bambini in
classe. I giudici lo arrestano per impedirgli di molestarne altri. Ma il
governo fa un decreto per rimandarlo a scuola, a patto che nel
frattempo si impegni a curarsi: se poi non si cura e continua a
molestare bambini, verrà sostituito. Già: e ai genitori dei nuovi bimbi
molestati chi glielo spiega?
Il decreto salva-Ilva è ancora peggio. Perché nessuno dei contraenti dell’accordo è credibile.
Non lo sono i Riva, che si sono impegnati infinite volte a mettere a
norma i loro impianti e non l’hanno mai fatto. Non lo è il presidente Bruno Ferrante,
prefetto: a luglio il giudice impose il blocco della produzione nelle
aree “a caldo” e ora si scopre che quell’ordine fu violato dall’azienda
presieduta da Ferrante, che continuò a produrre (dunque a inquinare),
tant’è che il gip ha dovuto sequestrare tonnellate di acciaio che non
dovrebbero esistere (corpo del reato).
A Servizio Pubblico, l’incredibile Clini
ha detto che “il presidente Ferrante s’è impegnato”. Me’ cojoni, dicono
a Roma. E naturalmente il governo se l’è bevuta (tanto, quando si
scoprirà che è l’ennesima truffa, il governo sarà un altro). Ecco, non è
credibile neppure il governo. Uno dei registi del decreto è Passera, che ai tempi di Intesa prestava soldi a Riva e lo reclutava per la cordata Alitalia: un ministro super partes.
C’è poi la palese incostituzionalità
del decreto che dissequestra impianti sequestrati da un gip con
un’ordinanza che, in uno Stato di diritto, può essere ribaltata solo al
Riesame e in Cassazione. Non a Palazzo Chigi e al Quirinale. Se una porcata del genere l’avesse fatta B., che osò molto ma non al punto di cancellare sentenze per decreto
(ci provò con Eluana, ma fu stoppato dal Colle), avremmo le piazze e i
giornali pieni di costituzionalisti, giuristi, intellettuali e politici
“democratici” sdegnati che sventolano la Costituzione.
Invece la fanno Monti e Napolitano, quindi va tutto bene. Corriere: “Decreto del governo per riaprire l’Ilva. Monti: coniugare lavoro e salute” (impossibile: l’Ilva se produce uccide). Repubblica: “Ecco il decreto per l’Ilva. Monti: nessuna polemica coi pm” (infatti cancella l’ordinanza di un gip). Sole 24 Ore: “Ilva, dissequestro per decreto. Monti: nessun contrasto coi magistrati”. Avvenire: “Decreto per salvare l’Ilva ed evitare un flop da 8 miliardi l’anno”. Messaggero: “Monti sull’Ilva: a rischio 8 miliardi”. La Stampa: “Ilva, un garante per ripartire”. Il Foglio: “Il governo tecnico soccorre l’Ilva (e la siderurgia) per decreto”. Libero: “Decreto per riaccendere l’impianto tutelando la salute” (sì, dei Riva). La fu Unità: “Ilva, decreto per salvare 8 miliardi. Tutela della salute e controllo indipendente del risanamento ambientale”.
Altro che corrompere i giornalisti: qui ormai c’è chi viene via gratis. Perepè perepè perepè.
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