È una questione di giustizia territoriale: se si buttano i soldi pubblici dalla finestra a nord, con le linea ferroviaria Torino-Lione
(in Francia gli studiosi indipendenti non ridono meno di quelli
italiani alla vista dei dati di quella linea), sembra giusto sprecarli
anche al sud, con la nuova linea Napoli-Bari. Questo mega-progetto è caro al ministro Fabrizio Barca, certo attento ad attirare denari pubblici al mezzogiorno, ma, sembra, meno attento a verificare l’utilità delle opere a cui questi soldi sono dedicati. Lavoce.info pubblicò un anno fa una critica allo studio presentato da Fs
per giustificare questo progetto. Fs non replicò mai. E perché mai
avrebbe dovuto farlo, essendo Fs il soggetto economico destinato a
ricevere quei soldi, e rischiando in più di evidenziare l’inconsistenza
dell’analisi da lei stessa presentata, in palese e clamoroso conflitto
di interessi?
Per i dettagli tecnici, si rimanda ovviamente a Lavoce.info. Ci si limita a riassumere qui gli aspetti più clamorosi e
intuitivi di quella critica. Lo studio Fs riguarda la fattibilità socioeconomica dell’opera (“analisi costi-benefici per la collettività”).
Non sono stati presi in esame gli aspetti finanziari dell’opera (soldi
che entrano ed escono per lo Stato), dato che si assume che non vi siano
ritorni finanziari di sorta, e che dunque lo Stato paghi tutto, fino
all’ultimo euro.
Dunque, il raddoppio ad Alta Capacità/Alta Velocità della linea Napoli-Bari, lunga 162,3 chilometri, aveva un costo previsto al momento dello studio di 4,052 miliardi di euro. Lo studio è stato fatto da Rfi (sezione di Fs che si occupa di infrastrutture) un paio di anni fa. Dallo studio Rfi
l’opera risulta fattibile, con un beneficio netto per la collettività
di 683 milioni di euro. L’analisi critica della Voce, basata su una tesi
del Politecnico di Milano, portava il risultato netto
per la collettività da +683 milioni di euro a -837 milioni. Cioè
l’infrastruttura determinerebbe una vistosa perdita netta di benessere
sociale, uno straordinario spreco di soldi pubblici. Ma questo
eliminando solo alcuni errori materiali riscontrabili (i principali
legati ai costi ambientali), senza entrare in merito all’aspetto più
spinoso della faccenda: le previsioni di traffico.
La nuova
linea fa risparmiare, sulla base dei dati ufficiali, un’ora e un quarto
ai treni passeggeri, e probabilmente un po’ di meno ai treni merci (il
dato per questi non è specificato). L’esperienza e la letteratura
internazionale evidenziano che se il tempo di viaggio dimezza, il traffico può anche raddoppiare.
Ma qui siamo lontanissimi da quel valore! Il traffico previsto dallo
studio Fs arriva a quadruplicarsi con la nuova linea. Non vengono
fornite spiegazioni sul modello usato per raggiungere quell’inverosimile
valore. La sensazione è che si tratti di una lieve confusione tra
l’offerta possibile (quanti treni ci possono passare), e la domanda
(cosa verosimilmente ci passerà).
Ovviamente, se nella revisione dei calcoli sopra presentata si fosse assunta una domanda “verosimile” sulla nuova linea, i benefici
sociali prima citati sarebbero ulteriormente crollati, a circa un
quarto di quelli stimati (e da noi assunti comunque come veri per essere
prudenti nel criticare uno studio altrui).
Uno degli argomenti in difesa delle grandi opere è il seguente: intanto facciamole, poi la domanda arriverà. Illuminante a questo proposito è la linea AV Milano-Torino,
costata 8 miliardi, con una capacità di 330 treni al giorno: dopo
quattro anni, ne passano 22. Meglio non parlare poi degli aspetti
occupazionali: per euro pubblico speso, queste opere occupano pochissima
gente.
Ma nei due anni trascorsi da quell’analisi qualcosa è
cresciuto: non la domanda di traffico, purtroppo, ma i costi previsti,
che sono passati da 4 a 7 miliardi. E parliamo solo di previsioni, i
consuntivi tendono ad essere un po’ più alti. Le popolazioni locali qui
non protestano, al contrario che nella Valsusa: la situazione economica e
sociale è tale che qualsiasi euro pubblico è il benvenuto, e il settore
delle opere civili a sud di Roma è spesso controllato da soggetti
sociali che non è prudente contrastare, come dice la stessa Corte dei
Conti.
Meglio non continuare a chiedere all’oste se il vino è buono.
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