Quello che sta accadendo nel paese non può più essere definito una crisi. La devastazione economica e sociale ha ormai assunto i tratti di un trauma collettivo, afferma uno specialista. Estratti.
La specialità di Georg Pieper sono i traumi. Ogni volta che una catastrofe si abbatte sulla Germania lui si presenta sul posto per analizzarne l'impatto. Dopo gli attentati di Oslo e Utøya è partito per la Norvegia, dove ha diretto un team di colleghi. Ha una grande capacità di osservare minuziosamente una situazione e valutare le dimensioni di una catastrofe.
A ottobre Pieper ha trascorso alcuni giorni ad Atene, dove ha tenuto corsi di analisi dei traumi per psicologi, psichiatri e medici. Prima di partire era preparato ad affrontare una situazione difficile, ma la realtà ha superato le sue peggiori paure.
Per il tedesco medio, consumatore vorace di informazioni, la crisi è storia vecchia. La realtà del disastro economico si è rivelata a noi attraverso espressioni fredde come “fondo di salvataggio” e “buco di svariati miliardi”, e anziché analizzare il contesto globale ci limitiamo a osservare Angela Merkel a Berlino o a Bruxelles mentre scende da una limousine nera con l’aria contrita.
Ma in questo modo ci sfugge la verità. Sulla Grecia, sulla Germania e sull’Europa. Pieper parla di “rimozione di massa” per spiegare ciò che sta accadendo, e i meccanismi di difesa dei politici, in particolare, funzionano a meraviglia.
Ecco come si è presentata la Grecia agli occhi di Pieper nell’ottobre del 2012: donne in avanzato stato di gravidanza supplicano gli ospedali di farle entrare, e se non hanno un’assicurazione o denaro a sufficienza nessuno le aiuta a mettere al mondo i loro figli. Persone che fino a poco tempo fa facevano ancora parte della classe media raccolgono resti di frutta e legumi per le strade della periferia di Atene.
Un vecchio racconta che non può più pagare le medicine per il cuore perché la sua pensione è stata dimezzata. Dopo aver lavorato per più di quarant’anni pensava di aver fatto il suo dovere, ma oggi non capisce più come funziona il mondo. Le persone che vanno in ospedale sono invitate a portarsi da casa lenzuola e cibo. Da quando le imprese di manutenzione sono state congedate sono i medici, gli infermieri e gli aiuto-infermieri (senza stipendio da mesi) che si incaricano della gestione delle strutture. In ospedale mancano guanti e cateteri. L’Unione europea parla di un rischio di propagazione di malattie infettive.
Per mancanza di mezzi finanziari, interi isolati sono attualmente senza gasolio. In primavera un uomo di 77 anni si è suicidato sparandosi davanti al parlamento di Atene. Poco prima di togliersi la vita avrebbe gridato: “così non lascio debiti ai miei figli”. Negli ultimi tre anni il tasso di suicidi è raddoppiato.
Un trauma è un avvenimento che stravolge profondamente la percezione che un individuo ha dell'universo che lo circonda. Si tratta di un’esperienza talmente violenta che il soggetto viene risucchiato in un vortice di sconforto. Ormai soltanto i cinici parlano ancora di regressione sociale per la Grecia. Ciò che stiamo osservando in questo momento non è altro che un trauma collettivo.
“La crisi colpisce in modo particolare gli uomini”, constata Pieper. Come è noto, gli uomini basano la loro identità sul lavoro molto più delle donne, e dunque danno grande peso al loro valore commerciale. E in questo momento il valore commerciale della maggior parte dei greci sta crollando vertiginosamente. La crisi colpisce anche la loro virilità. Attualmente turbe psichiche come la depressione si propagano in Grecia come fossero un’epidemia. Non è sorprendente che un terzo dei suicidi siano commessi da uomini.
Il circolo dell’odio
Non serve essere una Cassandra o un esperto per immaginare l’impatto che tutto questo può avere sulle relazioni sociali tra gli individui e sul clima della società greca. Il risentimento nei confronti di un sistema corrotto e di una politica internazionale i cui aiuti finiscono nelle casse delle banche anziché nelle tasche dei bisognosi è enorme. E se possibile sta aumentando. Gli uomini portano questo odio a casa, in famiglia, e i loro figli lo riportano in strada. I gruppi violenti che attaccano le minoranze si moltiplicano rapidamente.
A novembre gli Stati Uniti hanno emanato un avviso per chi aveva intenzione di recarsi in Grecia, sottolineando la pericolosità del paese, in particolare per i neri. Per la Grecia, da sempre considerata un luogo ospitale, è qualcosa di sconvolgente.
In tempi normali anche il più terribile degli eventi non è sufficiente a mettere l’individuo in ginocchio, spiega Pieper, perché tutti noi siamo dotati di un istinto di sopravvivenza estremamente sviluppato. E questa è una buona notizia. La cattiva notizia è che questo istinto funziona soltanto in una società in salute, capace di ammortizzare lo shock. La tragedia di Utøya ha mostrato la forza che una società di questo tipo è in grado di sprigionare. Tutta la Norvegia ha sostenuto le vittime dopo il massacro, come se qualcuno avesse coperto il paese con una campana di solidarietà.
In Grecia le fondamenta della società sono state erose fino a farla affondare. La crisi ha annientato lo stato sociale. “L’uomo – scrive Geog Pieper – si trasforma in un essere selvaggio in questo tipo di situazioni drammatiche”. La necessità lo allontana dalla ragione, e l’egoismo prende il posto della solidarietà.
Qualche settimana fa Transparency international ha pubblicato il suo indice mondiale della corruzione. La Grecia è all’ultimo posto tra i paesi europei, non lontano da nazioni come la Colombia o Gibuti. Notizie di questo tipo sono difficili da mandare giù. “Mi domano per quanto tempo questa società possa resistere prima di esplodere”, sospira Pieper. Secondo lui la Grecia è sull’orlo della guerra civile. E questo riguarda tutti noi.
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