Chi l’ha detto che il PD è il partito dei Cie, inventati a suo tempo da Livia Turco e Giorgio Napolitano, quello che dopo Lampedusa fa finta che non esista la Bossi-Fini e che esprime amministratori che sul territorio fanno fare una vita durissima ad ogni genere di extracomunitario?
Chi l’ha detto che il PD è il partito della guerra ai borsoni (dei senegalesi) dell’allora sindaco di Venezia il filosofissimo Massimo Cacciari? O dello sgombero dei romeni con le ruspe, con relativa cacciata nello spazio profondo, come accadde al supersindacalista Sergio Cofferati allora sindaco di Bologna? O il partito nel quale il padre fondatore, il mitissimo Walter Veltroni, fece una conferenza stampa dove si annunciava che sempre i romeni andavano deportati perché uno di loro aveva stuprato a Roma? Chi l’ha detto infine che il padre putativo del Pd, quel Romano Prodi sempre invocato e mai accolto dal partito democratico, è responsabile politicamente della strage di Otranto del ’97 (100 albanesi affogati) come lo è ogni governo di centrosinistra tutte le volte che ha impedito un vero ponte umanitario a Lampedusa?
Si tratta di polemiche che, se mai hanno avuto un fondamento (comunque sicuramente di stampo strumentale), oggi sono completamente superate da una realtà di luminosa integrazione sociale e materiale. Prima di tutto gli extracomunitari hanno cominciato ad avere un’utilità, politica e sociale, anche quando non votano. E’ il caso di Livorno, dove i cittadini extracomunitari a suo tempo sono serviti per allargare il quorum necessario per rendere valido il voto al referendum sull’operazione ospedale. Per essere sicuri di farlo saltare, il quorum, i piddini tra gli aventi diritto hanno inserito anche i sedicenni. E poi razzista chi protestava per un’operazione che, guarda te il caso, non ha compreso neanche un volantino di informazione ai nuovi aventi diritto. E’ evidente che, in caso di extracomunitari, quando risulta essere socialmente positiva pure la loro astensione figuriamoci cosa accade in caso di voto esercitato. E così, proprio nel Pd, arriva il miracolo. Da Paternò al Piemonte, passando per Lecce è tutto un fiorire di iscrizioni, tutte rigorosamente dell’ultimo minuto utile per votare, di cittadini extracomunitari aventi diritto alla partecipazione al congresso. In alcuni casi questi cittadini rappresentano la stragrande maggioranza dei nuovi iscritti al partito come ad Alba dove gli albanesi rappresentano i due terzi dei newcomer. Curiosamente, facendo una rassegna stampa che scorra tutta la penisola si registra una certa uniformità nel fenomeno: i candidati Pd che hanno perso il congresso parlano di scandalo, quelli che l’hanno vinto o minimizzano o parlano apertamente di nuova positiva partecipazione democratica “che fa riflettere” (e parecchio, aggiungiamo noi). Ma quello che colpisce, negli articoli di stampa dal nord al sud, è il ripetersi del comportamento degli extracomunitari: chi si presenta per votare non conosce il nome del segretario del partito (questo capita anche ai bianchi quindi non sottilizziamo), può parlare male l’italiano (ma gli appelli alla crescita e ai sacrifici, si sa, fanno breccia proprio nelle masse diseredate), si interessa solo di ricevere accuratamente compilata la ricevuta di pagamento della tessera (vedi te che personcine precise entrano nel Pd) e vota regolarmente il cognome di un candidato locale senza conoscere il segretario nazionale (miracoli del radicamento territoriale). Tutto questo, ad essere maligni, potrebbe sembrare un fenomeno di voto di scambio detto anche voto clientelare. Una cosa tipo arruolare i diseredati, o quelli con poca eredità, provenienti dall’Africa o dall’Europa dell’Est, pagargli il costo di una settimana di cappuccini, per garantire una carriera politica a bianchi ben vestiti, curati e gonfi di gadget. Si tratta di maldicenze strumentali e sparse ad arte. La verità è sotto gli occhi di tutti: il Pd non guarda solo all’avanzo primario di bilancio, che solo i faziosi definiscono stella polare della politica suicida di un paese, ma anche all’integrazione dei cittadini extracomunitari. La prova provata? Il ministro Kyenge che si occupa di integrazione ed è di origine congolese. Ma come non è che il ministro Kyenge è completamente nelle mani dell’ex ministro Livia Turco, suo padrino politico, mentre attende di tornare al governo? Il sospetto ci sarebbe visto che Kyenge ripete pari pari la parola, banale e destrorsa, di Livia Turco. Ma sono tutte falsità velenose. Come abbiamo accennato da Paternò al Piemonte è tutto uno sbocciare di persone di provenienza albanese, marocchina, senegalese che accorrono a frotte per iscriversi al Pd. E’ un fenomeno rivoluzionario che non capiamo credendo che si tratti di voto di scambio. Certo a Torino a qualcuno è andata peggio e lamenta di essere stato escluso, qualche settimana prima della fase calda del voto, perché sudanese. Ma Roma non fu fatta in un giorno e, se ne sia sicuri, il Pd saprà trovare un nuovo equilibrio tra le provenienze e le sensibilità culturali. C’è da promuovere un ceto politico che deve finire di stroncare questo paese. Qualcuno, proveniente dall’estero, dovrà pur venire a dare una mano. Meglio se la sua mano, quella che vota, costa meno dell’ingresso singolo ad una multisala pop-corn compresi.
Redazione 3 novembre 2013
Ps. Risulta che ad Agrigento gli ex-An si sono iscritti al Pd per rimpolpare le locali file renziane. Vedi mai che la diaspora della destra ex-Msi ha trovato una casa comune, ex-finiani ed ex-rautiani potrebbero farci un pensierino. Certo, nel Pd, per certe sensibilità politiche, cominciano ad esserci un po’ troppi extracomunitari. Ma c’erano anche in Alabama ai tempi delle piantagioni di cotone, basta sapere chi fa cosa e ognuno al suo posto.
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