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06/07/2015

Oxi, stampa e politica in Germania perdono la calma

Dopo l'atto di sottomissione di Matteo Renzi, che è andato a Berlino poco prima del referendum greco ad attaccare Tsipras con le parole che piacciono ad Angela Merkel, è sempre più evidente che l'autonomia del governo italiano da quello tedesco somiglia molto allo zero. Siamo andati quindi a vedere le reazioni al voto greco da parte della stampa e della politica istituzionale tedesca.

La reazione tedesca

Se fosse per il vicecancelliere Gabriel, della SPD, da stamani in Grecia non ci sarebbe più un euro. Da parte del maggior esponente del "PD tedesco" vengono infatti parole che chiedono una linea dura, a seconda di come la si interpreta qualcosa di simile ad un embargo, contro la Grecia. I quasi 15 miliardi persi direttamente dalla Bundesbank, come riporta la Handelsblatt, in caso di Grexit pesano nel dibattito politico. Ma il il punto è che, dalla serata di ieri, nel mainstream tedesco sono cresciute le voci di chi vuol spingere la Grecia fuori dall'euro. Colpisce il fatto che nessuno, almeno non nelle fonti consultate da noi, usi una formula del tipo "consulteremo i partner europei sull'ipotesi di uscita della Grecia dall'euro".

L'opinione prevalente è che la Germania debba, nel caso, espellere la Grecia dall'euro e via. Come se l'Europa fosse un affare di Berlino. Il punto è che, dal punto di vista dei trattati internazionali, non c'è un chiaro passaggio che parli di espulsione di un paese dalla moneta unica. Probabile allora che si provi a creare le condizioni finanziarie per questa uscita. Intanto a Berlino si urla e a Roma ci si sottomette. Contenti loro ma, viste le immagini di giubilo, al momento sembrano più contenti i greci.

Il ruolo e le conseguenze del voto

Solo la retorica della sinistra italiana o di coloro che stanno cercando di montare sul carro greco anche da destra oppure di chi come Fassina faceva il viceministro del governo Letta, possono riempirsi la bocca con parole come democrazia o fine dell'austerità. Perché a loro gli eventi politici servono solo per cambiare narrazione e registro con cui parlare agli elettori.

In realtà il referendum greco non è stato pensato come rottura definitiva con la UE, ma come una tappa e una mossa tattica di Tsipras e Syriza nella difficilissima partita a scacchi che è la trattativa con le istituzioni europee per rifinanziare il debito greco. Tsipras era stato messo in un angolo con una proposta irricevibile che avrebbe posto fine alla sua esperienza politica e messo a rischio distruzione Syriza. La sua contromossa, intelligente e rischiosa, è stata quella di indire un referendum per uscire dall'angolo e riacquisire forza e legittimità per rimettersi al tavolo. Le dimissioni di questa mattina di Varoufakis, malvisto dalla Merkel e dall'Eurogruppo (cioè il consesso che riunisce i ministri delle finanze di 19 paesi UE), potrebbe essere il primo gesto distensivo dopo il duro conflitto di questi giorni. Fanno parte, cioè, della partita a scacchi che si fa ogni giorno più pericolosa. In questa fase Tsipras e il popolo greco si sono ripresi qualche punto percentuale di forza da mettere su un tavolo che però continua a vederli come parte debole della contesa. Il resto è narrazione romantica o malafede.

La Grecia è un paese che è stato dilaniato dalle politiche di austerità e che ha perso molta della propria sovranità economica e politica. Rappresenta meno del 2% del PIL europeo e da oggi subirà una forte rappresaglia da parte della Troika con la Germania in testa a fare pressioni sulle istituzioni. L'Eurogruppo potrebbe scegliere la linea dura come monito per tutti gli altri paesi, calcolando costi (economici) e benefici (politici) di un'eventuale uscita greca. Ma il popolo greco ha risposto ugualmente in modo coraggioso e si sta organizzando per resistere, conscio che la cura proposta dalla UE ha ormai fallito, anzi ha peggiorato la situazione, e dopo tanti anni di sacrifici i conti del paese sono addirittura peggiorati.

Il popolo greco con questo voto ha fatto un favore soprattutto a noi e a tutti coloro che con il rigido monetarismo euro e l'austerità hanno visto peggiorare le loro vite. Grazie a questo referendum le questioni del debito sovrano, dell'austerità e del saccheggio di banche e elites finanziarie verso i popoli europei sono finalmente al primo posto dell'agenda politica. Anche in un paese come il nostro dove fino ad ieri si parlava soprattutto di profughi e meteo. Ma sia chiaro, che con questo referendum non si risolve nulla. La strada è sempre lunga per porre fine a questo saccheggio che aspira soldi e ricchezze dal basso verso l'alto. A questo giro ha segnato un gol il 99%, ma l'1% è sempre in netto vantaggio.

Redazione, 6 luglio 2015

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