Questa mattina le forze dell’ordine hanno fatto irruzione nella mia
classe quinta, mentre stavamo parlando di Martin Heidegger. Irruzione è
un termine forte, ma esatto in questo caso: nessuno ha bussato e chiesto
il permesso. Hanno svolto un controllo antidroga facendo passare tra i
banchi un pastore tedesco, poi sono andati via. A mani vuote, come si
dice.
Non è la prima volta che succede, naturalmente, anche se è la prima
volta che succede a me. E’ successo, qualche giorno fa, al liceo
Virgilio di Roma, e la cosa è finita sui quotidiani nazionali, perché il
Virgilio è un liceo molto ben frequentato. E’ successo qualche giorno
prima al Laura Bassi di Bologna, anche lì con molte polemiche. E’
successo e succede quotidianamente in decine di istituti tecnici e
professionali, che fanno poco notizia perché non sono così ben
frequentati come il liceo Virgilio di Roma. E due anni fa, a Terni, un
docente è stato sospeso dall’insegnamento per essersi opposto
all’ingresso delle forze dell’ordine in classe.
Quelli che sono favorevoli a queste incursioni ragionano come segue:
spacciare è un reato, e il reato è un male, e va perseguito; se uno è a
posto, nulla ha da temere. Diamo per buono questo ragionamento, ed
esaminiamone le conseguenze. Se è così, allora è cosa buona e giusta che le forze dell’ordine facciano irruzione nelle abitazioni private.
Sarebbe un modo efficacissimo per combattere il crimine. Controlli a
tappeto, a sorpresa, nelle case di tutti. Poliziotti, carabinieri, cani
antidroga. In qualsiasi momento aspettatevi che qualcuno bussi alla
vostra porta. Che un cane fiuti tra le vostre cose. Se siete a posto,
non avete nulla da temere. E perché non estendere i controlli anche nei
luoghi di culto? Sì, lo so, molti di voi stanno pensando alle moschee: e
la cosa a molti non dispiacerebbe. Ma io penso alle chiese. Immaginate
un’irruzione delle forze dell’ordine in una chiesa, durante un rito. I
cani tra i banchi che annusano. Cinque minuti e tutto è finito. Se
qualcuno ha della droga, lo si porta via. E amen, come si dice.
Non vi piace l’idea? Perché? Perché nel primo caso si tratta di un luogo
privato, nel secondo caso si tratta di un luogo sacro, direte. E la scuola che luogo è?
Io che vi insegno, la considero al tempo stesso un luogo privato – una
casa – ed un luogo sacro. Il più sacro dei luoghi, perché è quello in
cui si formano gli uomini e le donne di domani. Ma, direte, la scuola è
un luogo dello Stato, ed è bene che le forze dell’ordine dello Stato
controllino un luogo dello Stato. E’ cosa loro, per così dire. Bene,
concedo anche questo. Ed anche in questo caso, vediamo le conseguenze.
Il Parlamento è un luogo dello Stato. E’ il luogo più importante dello
Stato. E’ lo Stato. Che succederebbe se delle forze facessero irruzione in Parlamento con cani antidroga?
Sarebbe una cosa sensatissima, perché in Parlamento si fanno leggi che
riguardano la vita di tutti, ed è assolutamente vitale per la salute
della nostra democrazia ed il futuro dello Stato che chi fa le leggi sia
nel pieno possesso delle sue facoltà mentali. Eppure se succedesse una
cosa del genere, sarebbe un grande scandalo politico. Perché? Per lesa
maestà. Perché è umiliante per un senatore essere perquisito, annusato.
Sospettato di essere un drogato, o peggio uno spacciatore.
E veniamo al dunque. Quando io vengo a casa tua – perché la scuola è la
casa degli studenti – e ti sottopongo a perquisizione, io ti sto dando
diversi messaggi. Il primo è che ti considero una persona poco
raccomandabile. Non è una questione personale: può essere che tu sia a
posto, ma è poco raccomandabile la categoria cui appartieni. Il fatto
stesso che si facciano controlli antidroga è una conseguenza dell’infimo
status degli adolescenti nella nostra società. E’ risaputo che l’alcol
fa in Italia diverse migliaia di morti e causa tragedie terribili.
Eppure la vendita di questa sostanza stupefacente pericolosissima è
consentita. Lo Stato consente la vendita di alcolici, per giunta con il
suo monopolio, mentre i Comuni promuovono apertamente il consumo di vino
ed altri alcolici con apposite manifestazioni locali. Il consumo di
alcolici è consentito perché è cosa da adulti. E’ una abitudine diffusa
tra persone perbene, stimabili, con un buono status sociale. La droga,
che fa meno morti dell’alcol, è invece roba da adolescenti, da
ragazzetti, da soggetti con uno status marginale: dei minus habentes.
E’ significativo che il consumo e lo spaccio di hashish e marijuana
siano perseguiti con molto più zelo del consumo e dello spaccio di
cocaina, una sostanza molto diffusa tra soggetti dotati di uno status
anche considerevole, come professionisti e politici. Non è la sostanza
stupefacente il problema. Se così fosse, l’alcol sarebbe proibito. Il problema è chi consuma, non cosa consuma.
Il secondo messaggio è che la scuola è un posto in cui non ti puoi
sentire come a casa. Per quanto ti stimi poco, non verrei mai a
perquisirti a casa, a meno che non abbia un mandato. Ma a scuola sì. A
scuola ti tengo d’occhio. Rispondendo alle polemiche dei genitori per i
controlli antidroga al liceo Laura Bassi di Bologna, il procuratore
aggiunto Valter Giovannini ha dichiarato: ”trova ancora spazio l’arcaico
convincimento ideologico che l’università e più in generale gli istituti
scolastici godano di una sorta di extraterritorialità“.
Nessuna extraterritorialità. Non siete a casa vostra, siete in un posto
in cui possiamo entrare e uscire quando vogliamo. Possiamo perquisirvi,
possiamo farvi annusare dai nostri cani. Siete sotto il nostro
controllo. Del resto, non sono gli adolescenti di continuo sotto il
controllo dei professori? Non sono di continuo osservati, richiamati,
sanzionati se non si comportano come si deve? Ecco dunque il poliziotto
ed il carabiniere che vengono a ribadire il concetto, nel caso in cui
non fosse abbastanza chiaro. La scuola è un luogo in cui siete
controllati e controllabili, perquisiti e perquisibili. Non è una casa
della cultura e dell’educazione, come qualcuno potrebbe dire
retoricamente. Non ha nulla di sacro. E’ una istituzione che raccoglie –
concentra – dei minus habentes, e non è escluso che concentrarli per controllarli sia il suo scopo principale.
E’ un messaggio rivolto a tutti, ma forse c’è un terzo messaggio rivolto
ad alcuni. Può essere una coincidenza, ma in molte delle scuole, anzi
delle classi perquisite c’erano studenti appartenenti ai collettivi
studenteschi. Se non è solo una coincidenza, allora il terzo messaggio è
questo: vi controlliamo tutti, ma in particolare teniamo d’occhio voi
che fate politica, voi dei collettivi, voi che vi definite comunisti o
anarchici; rientrate nei ranghi, che è meglio per voi. E lei,
professore, torni pure a parlare di Martin Heidegger. Non è successo
niente.
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