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09/11/2017

Libano - Venti di guerra su Beirut

di Stefano Mauro

La stabilità politica in Libano è durata solamente un anno. Due giorni dopo l’incontro con la stampa e il bilancio sul primo anno di presidenza della repubblica da parte di Michel Aoun, il primo ministro Saad Hariri, sorprendendo i suoi stessi alleati, ha annunciato dall’Arabia Saudita le proprie dimissioni con un comunicato televisivo dall’emittente Al Arabya.

Il motivo ufficiale: un clima di tensione simile a quello che portò all’assassinio del padre, Rafiq Hariri nel 2005, con una situazione politica resa ancora più complicata dall’egemonia politica di Hezbollah. Le motivazioni reali, invece, potrebbero essere totalmente diverse. Secondo quasi tutta la stampa libanese da quella più progressista (As-Safir) a quella più conservatrice (L’Orient le Jour) il premier sunnita sarebbe stato costretto da Mohammed Bin Salman e dal ministro degli Affari del Golfo Thamer Sahban a una scelta: dimissioni o arresto.

Dopo i numerosi tentativi, sempre rispediti al mittente, per convincere l’ex pupillo a rientrare nelle strategie saudite sul Libano, Riyadh ha cambiato strategia e ha deciso di “bruciare politicamente” una pedina considerata attualmente inutile. Forte del sostegno di Washington, in chiave anti-iraniana e anti Hezbollah, in questo ultimo mese la politica portata avanti dalla diplomazia saudita è diventata molto più minacciosa. Esempi abbastanza eclatanti sono stati i contatti con numerosi esponenti politici iracheni – sunniti, sciiti e curdi – con la volontà di favorire le divisioni confessionali interne oppure la provocatoria visita di Sahban a Raqqa dopo la sua riconquista, fino alle dimissioni del 4 novembre di Hariri.

La scelta del premier ha causato uno smarrimento iniziale in tutto il Paese dei Cedri al punto da far dichiarare al druso Walid Jumblatt, leader del Partito Socialista Progressista, che “il Libano è un paese troppo piccolo per  poter reggere alle conseguenze politiche ed economiche di queste dimissioni”.

Come spesso accade nei momenti di difficoltà il primo esponente politico ad intervenire pubblicamente in merito alle dichiarazioni di Hariri è stato il segretario generale di Hezbollah, Hassan Nasrallah. Il leader del principale partito sciita ha smorzato i toni e le tensioni – dopo le dichiarazioni minacciose di Hariri – invitando tutti i libanesi “a mantenere la calma e la serenità circa la stabilità politica ed economica del paese”.

Nasrallah ha continuato il proprio discorso definendo poco chiare le motivazioni di Hariri che, secondo lui, sono state “forzate” e non spontanee, anche perché avvenute in Arabia Saudita – fatto alquanto bizzarro – e non in patria. Nello specifico il segretario generale di Hezbollah ha analizzato tre rumors: il primo è quello del possibile attentato nei confronti di Hariri con una dichiarazione fatta volutamente per inasprire il clima politico all’interno del Libano; il secondo che riguarda un possibile preludio ad una guerra israeliano-saudita contro Beirut, definito da Nasrallah, come la continuazione di una strategia del terrore portata avanti da Tel Aviv, principale alleato dei sauditi; il terzo, infine,  riguarda la continua frustrazione saudita riguardo alle cocenti sconfitte in Siria, Iraq e Yemen. “Sappiamo bene – ha concluso Nasrallah – quale può essere la strategia arrogante di Riyadh e di Tel Aviv, ma invito tutti ad aspettare il rientro (se avverrà, ndr) di Hariri per capire le sue motivazioni e per trovare delle soluzioni”.

Lo stesso presidente Aoun, in merito al rientro del premier sunnita, ha dichiarato di non accettare le sue dimissioni fin quando “non verranno presentate di persona da Hariri in territorio libanese” e giudicando molto gravi le accuse di un possibile attentato, smentite categoricamente da tutti gli apparati di sicurezza libanesi.

In un suo editoriale circa le dimissioni di Hariri, Abdel Bari Atwan, direttore del quotidiano online Rai Al Youm, ha indicato come molto concreta la possibilità che lo stesso leader libanese, con nazionalità saudita, sia “in stato di fermo” dopo i numerosi arresti  ed epurazioni di questi giorni. Per quanto riguarda la possibilità di un conflitto saudita-israeliano contro il Libano, Atwan scrive che “Hezbollah è totalmente cambiato in questi anni di conflitto in Siria e lo stesso Iran, che lo si voglia o no, è la vera potenza della regione (...) di conseguenza un conflitto contro il Libano avrebbe delle possibilità di vittoria per Riyadh o Tel Aviv?”.

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