di Raul Ilargi Meijer via The Automatic Earth blog, 05 novembre 2017
Se c’è una cosa che la diatriba tra Spagna e Catalogna può servire a ricordare è la Turchia. Per la UE si tratta di un problema molto più grosso di quanto si pensi.
Innanzitutto Bruxelles non può più continuare a insistere sul fatto che si tratti di un problema interno della Spagna, almeno non da quanto il presidente catalano Puidgemont è... a Bruxelles, dove si trovano anche altri quattro membri del suo governo.
Questa situazione sposta le decisioni dal sistema giudiziario spagnolo alla sua controparte belga. E le due parti non sono esattamente gemelle, nonostante si tratti di due paesi che fanno parte della UE. Questo porta alla luce un problema europeo piuttosto importante: la mancanza di omogeneità nei sistemi giudiziari. I cittadini dei paesi UE sono liberi di spostarsi e di lavorare in tutti i paesi della UE, ma sono comunque soggetti a diversi sistemi legislativi e a diverse costituzioni.
Il modo in cui il governo spagnolo sta cercando di mettere le mani su Puidgemont è esattamente lo stesso con cui il presidente turco Erdogan sta cercando di catturare il suo presunto arcinemico, Fethullah Gülen, che da tempo è residente in Pennsylvania. Ma gli Stati Uniti non sono disposti a estradare Gülen, nemmeno ora che la Turchia mette sotto arresto il personale delle ambasciate statunitensi. Gli americani ne hanno avuto abbastanza di Erdogan.
Erdogan accusa Gülen di organizzazione di un colpo di stato. Il primo ministro spagnolo Rajoy accusa il governo catalano esattamente della stessa cosa. Non si tratta, però, dello stesso tipo di colpo di stato. Quello turco è stato caratterizzato da violenza e morte. Quello spagnolo invece non lo è stato, o almeno non lo è stato da parte di chi oggi viene accusato di aver condotto questa azione.
Bruxelles avrebbe dovuto intervenire nel caos catalano già da molto tempo, invocando un incontro e una composizione pacifica, anziché insistere sul fatto che tutto questo non avesse a che vedere con la UE, come invece è stato vigliaccamente e facilmente affermato. O sei un’Unione oppure non lo sei. Se lo sei, allora è tua responsabilità garantire il benessere di tutti i tuoi cittadini. Non puoi fare distinzioni e preferenze, devi essere coerente.
Oggi il giornale belga De Standaard ha fatto una curiosa distinzione. Ha detto che al sistema giudiziario belga non è stato chiesto di “estradare” (uitlevering) Puidgemont in Spagna, ma di cederlo (overlevering). È questo l’assurdo lessico del legalese.
L’articolo ha anche affermato che il caso sarà portato davanti a tre diverse corti giudiziarie, ciascuna delle quali avrà 15 giorni per annunciare una propria decisione. Per questo motivo Puidgemont è al sicuro per almeno un mese e mezzo. Poi, per il 21 dicembre, Rajoy ha indetto le elezioni in Catalogna. In vista di queste si dice che voglia bandire come illegali diversi partiti. Non sorprendetevi se tra questi ci sarà il partito di Puidgemont.
Peraltro, se anche il presidente catalano democraticamente eletto dovesse perdere tutti i ricorsi a sua disposizione, potrebbe sempre chiedere asilo politico al Belgio (a quanto pare il Belgio è l’unico paese UE a cui i cittadini UE possano chiedere asilo politico). A quel punto ci troveremmo in una situazione giudiziaria alquanto caotica, che vedrà la Spagna contro il Belgio contro la UE. In un certo senso questo sarebbe un fatto positivo, perché metterebbe alla prova un sistema che non è affatto preparato a tutte queste divergenze.
Ma che ennesimo disastro sarebbe, per la UE! Essa ha già mostrato zero capacità di leadership in questo caso politico, sia da parte dei suoi vertici come il capo della Commissione Europea, Juncker, sia da parte di Angela Merkel, il suo capo di stato più potente. Come potremmo non pensare che l’Unione Europea sia completamente alla deriva? Da questo punto di vista si tratta di una situazione non meno grave della crisi dei rifugiati o della decapitazione dell’economia greca.
La minaccia di infliggere condanne a 30 anni di prigione a persone che hanno solamente organizzato un’elezione pacifica non è esattamente ciò per cui la UE dovrebbe battersi. E adesso che sta avvenendo, questo minaccia la sua stessa sopravvivenza. L’Europa non può essere la terra di Francisco Franco o di Erdogan. Non può voltarsi dall’altra parte e pretendere di andare avanti.
Potrebbe essere questo il motivo per il quale le forze armate tedesche, la Bundeswehr, hanno preparato un rapporto che considera gli scenari futuri per l’Europa, inclusi i peggiori. L’articolo di Der Spiegel è scritto solo in tedesco, e il mio tedesco è un po’ arrugginito, ma la traduzione mediante Google sembra terribilmente accurata. Ho dovuto cambiare solo poche parole.
Gli autori non immaginano che l’opzione peggiore si verifichi in Spagna o in Grecia, ma forse dovrebbero. Ad ogni modo, le loro proiezioni sono abbastanza chiare e danno da pensare.
Gli strateghi militari pensano che il crollo della UE sia possibile:
Secondo le informazioni di Der Spiegel, la Bundeswehr avrebbe esaminato per la prima volta scenari che seguono le tendenze della società e della politica fino al 2040. Gli strateghi stanno cercando di definire anche il peggiore degli scenari possibili. La Bundeswehr ritiene che la fine dell’Occidente nella sua forma attuale sia una possibilità che potrebbe verificarsi entro i prossimi decenni. Tutto questo secondo le informazioni che Der Spiegel ha ottenuto da “Prospettive strategiche 2040”, un documento che è stato adottato alla fine di febbraio dai vertici del Ministero della Difesa e che da allora è stato tenuto sotto silenzio.È abbastanza divertente notare che le “proiezioni future” assomigliano proprio alla UE di oggi, almeno per come la vedo io, non a quella del 2040.
Per la prima volta nella storia, questo documento di 102 pagine della Bundeswehr mostra come le tendenze nella società e i conflitti internazionali possano influenzare le politiche di sicurezza tedesche dei decenni a venire. Lo studio definisce il quadro entro il quale la Bundeswehr dovrà probabilmente muoversi nel prossimo futuro.
Il documento non fornisce alcuna decisione specifica sugli equipaggiamenti e le forze in campo. In uno dei sei scenari (“La disintegrazione della UE e la Germania in modalità reattiva”) gli autori ipotizzano una serie di “contrapposizioni multiple”. Le proiezioni future descrivono un mondo nel quale l’ordine internazionale sarà eroso dopo “decenni di instabilità”, i sistemi di valori globali divergeranno e la globalizzazione avrà termine.
“L’ampliamento della UE è stato un obiettivo per lo più abbandonato, già altri paesi hanno lasciato il blocco UE e l’Europa ha perso la sua competitività globale”, scrive uno stratega della Bundeswehr. “Un mondo sempre più caotico e propenso al conflitto ha mutato drasticamente il contesto della difesa per la Germania e l’Europa”. Nel quinto scenario (“Oriente contro Occidente”), alcuni paesi della UE orientale hanno bloccato il processo di integrazione europea mentre altri hanno già “aderito al blocco orientale”.
Nel quarto scenario (“competizione multipolare”) l’estremismo è in crescita e ci sono paesi UE che “occasionalmente sembrano avvicinarsi al modello russo” di capitalismo statale. Il documento non fa espressamente alcuna previsione, ma tutti gli scenari sembrano “verosimili entro il 2040”, scrivono gli autori. Le simulazioni sono state sviluppate da studiosi del Federal Armed Forces Planning Office.
C’è un lungo articolo a pagamento di Der Spiegel sulla questione, ma tutto ciò dovrebbe essere quantomeno argomento di discussione. Angela Merkel può anche passare tutto il suo tempo a pronunciare discorsi pro-UE, e così possono fare anche tutti gli altri leader europei, ma il suo esercito ha seri dubbi su tutto ciò. E di fronte alla palude che si è aperta col caso catalano, chi potrebbe più dubitare che abbiano ragione ad avere dubbi?
Il movimento DiEM25 di Yanis Varoufakis è completamente indirizzato alla democratizzazione della UE, ma si tratta davvero di un obiettivo realistico? Quanto deve divergere un’Unione prima di decidere che è meglio lasciarla andare al suo destino? La Polonia, l’Ungheria e la Repubblica Ceca perseguono obiettivi completamente diversi da quelli dei Paesi Bassi e della Germania. Il nuovo presidente francese Macron si sta rendendo sempre più conto che tutto ciò che può fare è ciò che la Merkel gli permette di fare.
E ora ecco che arriva la Spagna e cerca di comminare leggi franchiste e violenza ai suoi cittadini. Bruxelles non fa nulla, Berlino non fa nulla. I rifugiati possono restarsene a marcire sulle isole greche se i paesi dell’Est non li vogliono, e le nonne catalane vengono massacrate dalle truppe franchiste mentre Bruxelles non trova proprio niente da ridire.
Il modo in cui la UE funziona oggi non è un caso, così come non lo sono i suoi recenti sviluppi. La Bruxelles di oggi è il culmine di 50-60 anni di progressiva istituzionalizzazione. Non è cosa che si possa cambiare con un’elezione qua o là.
La Catalogna sarà la fine dei giochi per Bruxelles? O lo sarà invece la crisi dei rifugiati? Lo sarà la Brexit? E’ impossibile dirlo, ma ciò che è sicuro è che allo stato attuale l’Unione non ha futuro, e al tempo stesso non c’è alcuna soluzione in vista. I poteri attualmente in essere sono ben radicati, e non hanno alcuna intenzione di abdicare solo perché lo vuole qualche paese, o parte di qualche paese, o qualche partito politico, o qualche gruppo di elettori.
La UE è profondamente antidemocratica e ha tutta l’intenzione di rimanerlo.
Immaginate che il Belgio “ceda” Puidgemont, l’uomo il cui movimento ha portato la nonviolenza a un livello nuovo e moderno, e immaginate che Rajoy lo condanni a 30 anni di carcere, e che lo stesso individuo il giorno dopo sieda a qualche meeting a Bruxelles. Che quadro verrebbe dipinto davanti agli occhi di 500 milioni di cittadini europei?
Sono pazzi se pensano di cavarsela in questo modo.
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