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07/09/2018

L’attuale corso politico tedesco, le elezioni a venire e l’incognita “Aufstehen”

Domenica 26 agosto, Angela Merkel, nella sua “tradizionale” intervista televisiva di rientro dalle vacanze estive per il canale RDA, aveva tenuto un profilo piuttosto basso sulle questioni legate alla sicurezza e all’immigrazione, sulle quali si trova in disaccordo con una parte della propria famiglia politica – tra cui il ministro degli Interni bavarese della CSU Horst Seehofer – preferendo spaziare su altri temi della destra tedesca su cui c’è maggiore convergenza tra i conservatori, come la riforma delle pensioni o l’avvenire dell’Unione Europea.

Ha modificato radicalmente il quadro l’irrompere sulla scena per due giorni consecutivi delle violente manifestazioni dell’estrema destra (AFD e Pegida), che hanno tra l’altro colto impreparato il dispositivo di sicurezza della polizia, a Chemniz, la terza città più popolosa in Sassonia, nell’ex Germania Est, convocate in seguito all’accoltellamento mortale di un 35enne nella notte tra sabato 25 agosto e domenica 26 agosto, in margine ai festeggiamenti per il 875esimo anniversario di fondazione della città, che ha visto l’arresto lunedì di un giovane siriano e di un iracheno.

Circa seimila persone hanno manifestato il primo giorno – mentre la polizia ne prevedeva qualche centinaio – rispondendo all’appello delle forza di estrema destra AFD e Pegida, che ad ogni omicidio o violenza commessa da un “immigrato” chiamano alla mobilitazione, facendo divenire le città teatro di queste aggressioni il simbolo dell’opposizione alla politica governativa riguardo all’immigrazione; proponendo così l’equazione immigrazione=insicurezza e facendola diventare il tema centrale della propria agenda, in grado di orientare l’opinione pubblica e di influenzare pesantemente anche le dinamiche della CDU-CSU.

Così dopo Kandel, il dicembre scorso, Cottbus, e Wisbaden, anche la città sassone è diventata l’ennesimo terreno di mobilitazione contro “la politica migratoria criminale” della Merkel.

Gli avvenimenti di Chemnitz sono stati un ennesimo campanello d’allarme ed uno smacco per Michael Kretschmer, presidente del governo regionale e uomo della destra della CDU.

In Sassonia, l’AFD è arrivato in testa alle ultime legislative del 2017 ed è accreditata al 25% per le elezioni regionali che si svolgeranno il prossimo anno.

I prossimi appuntamenti elettorali saranno così un banco di prova importante per le formazioni che compongono l’attuale maggioranza governativa: il 14 ottobre in Baviera, il 28 a Hesse, e tra un anno in differenti Land dell’Est come Sassonia, Brandeburgo e Turingia, dove l’AFD mira a oltrepassare il 20% dei consensi.

Mentre l’attenzione politica era focalizzata sugli avvenimento sassoni, martedì 27 agosto il quotidiano Bild pubblicava un sondaggio elettorale dell’Istituto Insa per certi versi travolgente sulle intenzioni di voto in Baviera.

La CSU, che nel 2013 aveva ottenuto il 47,7% dei consensi, era accreditata al 36%, contro il 15% dei Verdi e dell’AFD.

La strategia di “fuga a destra” inaugurata dalla CSU sembra così essersi risolta in un boomerang, non in grado di fermare l’ascesa dell’AFD e l’emorragia di voti verso questa formazione, e ha visto dirottare ipoteticamente la parte più moderata del proprio elettorato verso i Verdi.

Questi risultati sorprendenti hanno indotto il Ministro-Presidente Markus Söder, che si ricandida in una regione in cui da cinquanta anni a questa parte la CSU non ha mai perso la maggioranza assoluta, ad essere più discreto sulle questioni identitarie.

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In questo clima di polarizzazione politica, che ha visto contrapporsi le manifestazioni dell’estrema destra a quelle antifasciste in risposta a ciò che è successo nei giorni precedenti, si è svolto il lancio ufficiale del movimento Aufstehen a Berlino.

Annunciato da una intervista al sito d’informazione indipendente Mediapart da parte di una delle sue più rilevanti promotrici, Sahra Wagenknecht, e lanciato sul web il 4 agosto, il 4 settembre una conferenza stampa lo ha presentato ufficialmente in un luogo simbolo della sinistra tedesca.

Il suo lancio ha ricevuto l’attenzione dei media europei, tra cui quegli italiani, e il Corriere della Sera ha intervistato proprio la Wagenknecht.

Ci sarà modo di proporre ampi stralci del punto di vista della co-presidente del gruppo parlamentare di Die Linke in un contributo successivo, per fare una doverosa opera di fact checking sulle narrazioni diffuse da parte della stampa sulle sue posizioni sull’immigrazione, questione spinosa che nel corso della conferenza stampa è passata in secondo piano.

Basterebbe una minima conoscenza del percorso politico di questa leader storica della Piattaforma Comunista di Die Linke per contestualizzare le sue affermazioni, che tendono a mettere in evidenza e in discussione innanzitutto “le cause” dell’immigrazione, dovute alla politica bellicista della NATO e della UE, di cui è una fiera oppositrice, e l’antifascismo intransigente di cui è storicamente portatrice, per screditare qualsiasi ipotesi interpretativa che pretende di scoprire delle “affinità” con l’estrema destra riguardo all’immigrazione, nel cui merito difende invece il diritto d’asilo.

Il movimento, che conta circa 100.000 adesioni “virtuali”, il coinvolgimento di importanti pezzi della sinistra social-democratica e storiche figure dei Verdi, ha differenti obiettivi.

Aufstehen vuole porsi come pivot per un “bilanciamento a sinistra” della politica dei partiti storici di questo ambito, recuperare consenso in quella fetta di elettorato persa durante le ultime legislative – circa 400.000 ex-votanti della Linke sono andati all’AFD – ridiventare un punto di riferimento politico del blocco sociale, rimettendo al centro dell’agenda politica “la questione sociale” e quindi contendendo alla destra l’egemonia di quei settori popolari che hanno visto un deterioramento delle proprie condizioni di vita negli ultimi anni; settori che costituiscono ormai quasi la metà della popolazione “tedesca”, secondo una ricerca citata durante la conferenza stampa.

La crisi democratica che affronta la Germania attualmente è attribuita dalla Wagenknecht alla fine della coesione sociale, su cui l’estrema destra – in mancanza di un piano politico declinato secondo le esigenze delle fasce popolari – penetra nel tessuto sociale come una lama nel burro.

Anche se la questione europea, sia rispetto alle posizioni politiche – decisamente critiche – espresse in precedenza, sia per ciò che concerne le elezioni europee del maggio prossimo, è rimasta sullo sfondo durante la conferenza stampa, è chiaro che il forte sentimento anti-UE dei settori popolari, specialmente ad Est, è stato fino ad ora incanalato dall’opposizione di estrema destra, ed è stato caratterizzato da una marcata ostilità di fronte all’immigrazione; associato ad una critica alle élites di governo, che è andato a sommarsi ad un senso di abbandono che caratterizza le popolazioni dell’ex Germania dell’Est fin dal processo di “riunificazione/annessione”.

Tre dati sono solitamente sottovalutati nell’analisi attuali sulla Germania: da un lato le conseguenze di questo processo, che ha portato ad una “integrazione mancata” delle due Germanie che si riverbera anche oggi sul piano sia sociale che politico; dall’altra la “demonizzazione” del patrimonio di conquiste della DDR nella politica mainstream, nonostante l’“Ostalgie” provata dai suoi abitanti in seguito alla “riunificazione”; e infine la differenza tra il processo di “de-nazificazione”, portato avanti radicalmente ad Est ma non a Ovest, con l’assoluta continuità del personale politico-economico dopo la fine della seconda guerra mondiale.

Sia detto per inciso: l’anticomunismo della Repubblca Federale Tedesca (detta anche Germania Ovest) storicamente è stato tra i più feroci nell’Europa Occidentale ed ha reso possibile quel brodo di cultura che ha fatto risorgere l’estrema destra dopo il 1989.

Tornando alla presentazione di Aufstehen, non possiamo che concordare con il giudizio espresso da Thomas Schnee in un recente articolo apparso su Mediapart, che si interroga sulla natura del movimento: “Se si crede ai suoi promotori, Aufstehen è chiamato a divenire una sorta di grosso think tank aperto a tutti e destinato, attraverso una piattaforma internet partecipativa a cui è stato dato il nome di Po.Lis., a elaborare una sorta di programma comune della sinistra, allo stesso tempo fonte di ispirazione e strumento di pressione sui partiti”.

I mesi a seguire saranno fondamentali per capirne la capacità di incidere “a sinistra”, gli sviluppi organizzativi futuri e il reale protagonismo nelle dinamiche politiche di Aufstehen.

Intanto un interessante sondaggio condotto da Kantar Emnid, per Focus, realizzato ad inizio agosto, qualche giorno dopo il lancio del sito d’internet per presentare gli obbiettivi del futuro movimento, e pubblicato da Le Monde il 4 settembre, indica che il 34% degli elettori tedeschi sarebbe pronta a votare per tale partito, che sarebbe sostenuto per l’87% degli elettori della Die Linke, 53% dei Verdi e 37% di quelli dell’SPD.

Un sondaggio che, come tale, è da prendere “con le pinze” ma che deve comunque avere creato non poche preoccupazioni a chi, dentro gli organi dirigenti di quelle formazioni, dimostra indifferenza od ostilità al progetto, e deve creare una certa preoccupazione anche nelle alte sfere del governo tedesco.

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È indubbio che alle europee del maggio prossimo si giochi un'importante partita per le forze che sono state fin qui perno del progetto dell’Unione Europea, ora in gravi difficoltà più o meno in tutto il Continente, a cominciare dal “cuore” dell’Unione: Germania e Francia. Forze che ora temono che le urne si risolvano in un gigantesco “referendum” contro l’Unione Europea e la sua rappresentanza politica. Questo timore, più che ai competitor alla propria destra, è rivolto soprattutto a quelle forze continentali che potrebbero incanalare una ipotesi alternativa reale al sistema politico attuale.

È notizia recente la candidatura del tedesco Manfred Weber come capolista del Partito popolare europeo, con l’obiettivo di diventare il prossimo presidente della Commissione Europea.

46 anni, capogruppo del PPE a Strasburgo dal 2014, membro dell’ala più moderata e filo-europea dei cristiano-sociali bavaresi (CSU), Weber è sostenuto dalla Merkel.

La sua candidatura sarà ufficialmente messa al voto il 7-8 novembre a Helsinki, nella conferenza del PPE.

Sull’importanza di questo appuntamento elettorale, il politico bavarese non sembra nutrire dubbi, come riportato da IlSole24Ore di giovedì 6 settembre:

“Siamo ad un bivio. Nel 2019, le elezioni europee decideranno il futuro dell’Unione. Minacciata dall’esterno e al proprio interno, l’Unione deve affermarsi e difendere i propri valori (...) Contribuirò a rendere ai popoli europei la loro Europa e a ristabilire i legami tra i cittadini e la stessa Unione Europea”.

Lo iato creatosi tra l’UE e i suoi sudditi – pardon, “cittadini” – è ormai un dato acquisito per le élites ordo-liberiste europee, così come la paura di “perderne” il controllo alimenta i loro incubi peggiori: la posta in gioco anche in Germania è quindi alta e l’appuntamento è tutto tranne che rituale. Ormai è strategico.

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