di Roberto Prinzi
Il presidente palestinese Mahmoud Abbas
sarebbe d’accordo ad un piano di pace presentato dall’amministrazione
Usa solo se Israele fosse parte di una confederazione con palestinesi e
giordani. A rivelare la notizia è l’organizzazione di sinistra
israeliana Peace Now.
Incontrando ieri il gruppo pacifista e alcuni parlamentari israeliani di sinistra (Meretz) e centro (labour), il
leader palestinese avrebbe detto loro che l’inviato di pace di
Washington Jason Greenblatt e il consigliere di Trump Jared Kushner gli
avrebbero chiesto cosa ne pensa di un piano di pace che prevede una
confederazione tra palestinesi e giordani. A quel punto Abbas avrebbe
risposto loro che concorderebbe a tale proposta se ne facesse parte
anche Israele. Il presidente si sarebbe poi lamentato della
recente decisione Usa di non finanziare più l’Unrwa (Agenzia Onu per i
rifugiati palestinesi) affermando che, così facendo, gli Usa “stanno
chiudendo il processo di pace”. “Gli Usa – avrebbe detto il presidente –
vogliono distruggere l’Unrwa completamente”, sottolineando come il 70%
degli abitanti di Gaza siano rifugiati. “Come è possibile abolire
l’Unrwa da un lato e dare poi aiuti umanitaria ai palestinesi
dall’altro?” si sarebbe chiesto retoricamente il leader di Fatah. “Ho
incontrato [il presidente Usa] Trump quattro volte – ha poi rivelato – e
il presidente si è detto favorevole alla soluzione a due stati con una
zona demilitarizzata controllata dalle forze della Nato”.
Abbas si sarebbe quindi lamentato del premier israeliano Benjamin
Netanyahu che, secondo quanto riportato, si rifiuterebbe di incontrarlo
di persona. “Il mio problema è con Netanyahu non con il Likud –
avrebbe detto il leader dell’Autorità palestinese – Netanyahu è
contrario alla proposta di Trump”.
Se le sue dichiarazioni fossero confermate, nei fatti Abbas sarebbe
d’accordo ad implementare una “proposta di pace” vecchia e fallimentare,
irricevibile per la gran parte del popolo palestinese che per decenni
ha lottato per i propri diritti, terra, indipendenza e autonomia. Una proposta che ha legittimità di esistere solo nei libri di storia. Abbas apparirebbe ancora una volta un leader debole, inetto a guidare le rivendicazioni di un popolo che aspira alla libertà. Un presidente sempre più compromesso a svendere quel po’ che resta di autonomia palestinese in cambio di qualche prebenda.
Il suo “problema solo con il premier Netanyahu” e non con il suo
partito Likud è quanto mai significativa del grado di compromissione
delle autorità di Ramallah con Tel Aviv.
Eppure non c’è giorno in cui un rappresentante del Likud non vomiti
il suo odio contro i palestinesi, o, in modo ancora più netto, dichiari a
gran voce che tutto “Eretz Yisrael” appartiene agli ebrei sventolando
la Torah a giustificazione delle loro asserzioni. Ma il presidente
Abbas, racchiuso nel suo quartier generale di Ramallah e circondato dai
privilegi che solo a lui e a pochi altri l’autorità occupante israeliana
elargisce, non ci avrà fatto caso in questi anni. Del resto le sue
priorità sono altre: aggravare la crisi umanitaria a Gaza (con
l’obiettivo di far cadere, quelli sì, i suoi “nemici” di Hamas) e
reprimere il dissenso in Cisgiordania con leggi liberticide o i
manganelli dalle sue forze di sicurezza (sicurezza, sia chiaro, non per i
palestinesi).
In attesa di una conferma (o smentita) di quanto rivelato
ieri dal presidente Abbas, Amman ha già fatto sapere di essere contraria
a qualunque confederazione giordano-palestinese. La portavoce
del governo giordano Juamana Ghneimat, ha detto infatti che unire il
regno hashemita con la Cisgiordania non è “materia di discussione, non è
possibile”. L’unica strada percorribile, ha poi precisato, è la
soluzione a due stati: uno stato per gli israeliani e un altro per i
palestinesi. Per ora l’Autorità palestinese fa sapere con il suo
portavoce Nabil Abu Rudeinah che la soluzione a due stati resta un
prerequisito per ogni futuro accordo con la Giordania.
E se Abbas apre agli israeliani, quest’ultimi rispondono picche. Il ministro della difesa Liberman potrà
non essere un fine politico o un raffinato intellettuale, ma quando
parla è sempre molto chiaro e va subito al punto. Intervistato da una
rete televisiva israeliana, il falco dell’esecutivo Netanyahu è stato
netto: “Tutte i negoziati [con i palestinesi] ci hanno portato
ad un vicolo cieco, perciò Israele deve assumersi la responsabilità e
agire unilateralmente”. Lieberman ha poi espresso pubblicamente
la sua volontà di poter fare pressioni economiche sulla Striscia di
Gaza sotto assedio israeliano da oltre 11 anni. “Ogni gazawi che si
preoccupa per la sua vita, deve capire che chiunque fa parte del
terrorismo sta danneggiando i suoi mezzi di sostentamento”. Semplice,
chiaro, coinciso.
Intanto, nella notte le forze armate israeliane hanno demolito una
struttura di acciaio vicino alla cittadina palestinese di Yatta, nel
distretto cisgiordano di Hebron. Nelle stesse ore undici palestinesi
venivano arrestati dall’esercito israeliano in vari punti della
Cisgiordania. Giusto così per ricordare chi, secondo il presidente
Abbas, dovrebbe far parte della confederazione con Ramallah e Amman.
Fonte
Nessun commento:
Posta un commento