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04/09/2018

Palestina - Abbas apre alla proposta USA di confederazione con la Giordania

di Roberto Prinzi

Il presidente palestinese Mahmoud Abbas sarebbe d’accordo ad un piano di pace presentato dall’amministrazione Usa solo se Israele fosse parte di una confederazione con palestinesi e giordani. A rivelare la notizia è l’organizzazione di sinistra israeliana Peace Now.

Incontrando ieri il gruppo pacifista e alcuni parlamentari israeliani di sinistra (Meretz) e centro (labour), il leader palestinese avrebbe detto loro che l’inviato di pace di Washington Jason Greenblatt e il consigliere di Trump Jared Kushner gli avrebbero chiesto cosa ne pensa di un piano di pace che prevede una confederazione tra palestinesi e giordani. A quel punto Abbas avrebbe risposto loro che concorderebbe a tale proposta se ne facesse parte anche Israele. Il presidente si sarebbe poi lamentato della recente decisione Usa di non finanziare più l’Unrwa (Agenzia Onu per i rifugiati palestinesi) affermando che, così facendo, gli Usa “stanno chiudendo il processo di pace”. “Gli Usa – avrebbe detto il presidente – vogliono distruggere l’Unrwa completamente”, sottolineando come il 70% degli abitanti di Gaza siano rifugiati. “Come è possibile abolire l’Unrwa da un lato e dare poi aiuti umanitaria ai palestinesi dall’altro?” si sarebbe chiesto retoricamente il leader di Fatah. “Ho incontrato [il presidente Usa] Trump quattro volte – ha poi rivelato – e il presidente si è detto favorevole alla soluzione a due stati con una zona demilitarizzata controllata dalle forze della Nato”.

Abbas si sarebbe quindi lamentato del premier israeliano Benjamin Netanyahu che, secondo quanto riportato, si rifiuterebbe di incontrarlo di persona. “Il mio problema è con Netanyahu non con il Likud – avrebbe detto il leader dell’Autorità palestinese – Netanyahu è contrario alla proposta di Trump”.

Se le sue dichiarazioni fossero confermate, nei fatti Abbas sarebbe d’accordo ad implementare una “proposta di pace” vecchia e fallimentare, irricevibile per la gran parte del popolo palestinese che per decenni ha lottato per i propri diritti, terra, indipendenza e autonomia. Una proposta che ha legittimità di esistere solo nei libri di storia. Abbas apparirebbe ancora una volta un leader debole, inetto a guidare le rivendicazioni di un popolo che aspira alla libertà. Un presidente sempre più compromesso a svendere quel po’ che resta di autonomia palestinese in cambio di qualche prebenda. Il suo “problema solo con il premier Netanyahu” e non con il suo partito Likud è quanto mai significativa del grado di compromissione delle autorità di Ramallah con Tel Aviv.

Eppure non c’è giorno in cui un rappresentante del Likud non vomiti il suo odio contro i palestinesi, o, in modo ancora più netto, dichiari a gran voce che tutto “Eretz Yisrael” appartiene agli ebrei sventolando la Torah a giustificazione delle loro asserzioni. Ma il presidente Abbas, racchiuso nel suo quartier generale di Ramallah e circondato dai privilegi che solo a lui e a pochi altri l’autorità occupante israeliana elargisce, non ci avrà fatto caso in questi anni. Del resto le sue priorità sono altre: aggravare la crisi umanitaria a Gaza (con l’obiettivo di far cadere, quelli sì, i suoi “nemici” di Hamas) e reprimere il dissenso in Cisgiordania con leggi liberticide o i manganelli dalle sue forze di sicurezza (sicurezza, sia chiaro, non per i palestinesi).

In attesa di una conferma (o smentita) di quanto rivelato ieri dal presidente Abbas, Amman ha già fatto sapere di essere contraria a qualunque confederazione giordano-palestinese. La portavoce del governo giordano Juamana Ghneimat, ha detto infatti che unire il regno hashemita con la Cisgiordania non è “materia di discussione, non è possibile”. L’unica strada percorribile, ha poi precisato, è la soluzione a due stati: uno stato per gli israeliani e un altro per i palestinesi. Per ora l’Autorità palestinese fa sapere con il suo portavoce Nabil Abu Rudeinah che la soluzione a due stati resta un prerequisito per ogni futuro accordo con la Giordania.

E se Abbas apre agli israeliani, quest’ultimi rispondono picche. Il ministro della difesa Liberman potrà non essere un fine politico o un raffinato intellettuale, ma quando parla è sempre molto chiaro e va subito al punto. Intervistato da una rete televisiva israeliana, il falco dell’esecutivo Netanyahu è stato netto: “Tutte i negoziati [con i palestinesi] ci hanno portato ad un vicolo cieco, perciò Israele deve assumersi la responsabilità e agire unilateralmente”. Lieberman ha poi espresso pubblicamente la sua volontà di poter fare pressioni economiche sulla Striscia di Gaza sotto assedio israeliano da oltre 11 anni. “Ogni gazawi che si preoccupa per la sua vita, deve capire che chiunque fa parte del terrorismo sta danneggiando i suoi mezzi di sostentamento”. Semplice, chiaro, coinciso.

Intanto, nella notte le forze armate israeliane hanno demolito una struttura di acciaio vicino alla cittadina palestinese di Yatta, nel distretto cisgiordano di Hebron. Nelle stesse ore undici palestinesi venivano arrestati dall’esercito israeliano in vari punti della Cisgiordania. Giusto così per ricordare chi, secondo il presidente Abbas, dovrebbe far parte della confederazione con Ramallah e Amman.

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