La decisione della magistratura tarantina che conduce, giustamente, allo spegnimento dell’Afo2 ha immediatamente visto la reazione scomposta e arrogante della multinazionale indiana: trasformazione della cassa ordinaria in speciale e incremento del numero dei lavoratori coinvolti sino a 3.500. Ciò significa, nei fatti, il licenziamento.
Non hanno atteso neanche il tavolo ministeriale di giovedì 12 dicembre. Non è chiaro se la scelta serve a drammatizzare ulteriormente la situazione per fare pressioni sul tribunale del riesame al fine di evitare lo spegnimento dell’Afo2.
Quello che è certo è che questa impresa se ne deve andare. Gli impianti sono obsoleti, insicuri e pensare di ottenere una legislazione speciale per mantenerli in produzione è criminale. Il governo cincischia, incapace di assumere quel ruolo che pure gli compete. Giovedì al Ministero dello Sviluppo Economico USB chiederà nuovamente di intraprendere un’altra strada.
Chiudere le fonti inquinanti e costruire un accordo di programma. Lo stabilimento tarantino cade a pezzi ed è inimmaginabile una scelta industriale che coniughi diritto al lavoro, alla salute e il rispetto dell’ambiente. La soluzione che proponiamo, l’unica percorribile, passa per il ritorno in mano pubblica dell’ex Ilva, per queste ragioni il governo deve subito dichiarare inadempiente ArcelorMittal e perseguirla legalmente per danni.
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