di Michele Giorgio
La partecipazione
della nazionale di calcio dell’Arabia Saudita alla Coppa delle Nazioni
del Golfo, in svolgimento in questi giorni in Qatar, è solo l’ultimo
segnale di disgelo tra Riyadh e Doha. Già da qualche mese ha
cominciato a rimarginarsi la lacerazione profonda che si era aperta ai
primi di giugno del 2017 con l’annuncio dell’isolamento del Qatar
accusato dalla “Nato araba” – Arabia Saudita, Bahrain, Egitto ed Emirati
– di mantenere rapporti con l’Iran e di sostenere il “terrorismo”, cioè
il movimento dei Fratelli Musulmani. Piccole aperture, toni più moderati sui social, dichiarazioni meno nervose dei leader delle due parti. Infine il mese scorso, hanno rivelato il Wall Street Journal (Wsj) e la Reuters,
il ministro degli esteri del Qatar Mohammed bin Abdulrahman Al Thani ha
effettuato una visita nella capitale saudita dove ha incontrato alti
funzionari sauditi e, pare, fatto un’offerta per chiudere la frattura
che paralizza il Consiglio di Cooperazione del Golfo (Ccg). Non è chiaro
se la visita abbia incluso anche un incontro con il principe ereditario
Mohammed bin Salman, di fatto reggente.
È stata la visita di più alto livello di un rappresentante di Doha nel regno saudita dallo scorso maggio
quando il primo ministro del Qatar, Abdullah bin Nasser bin Khalifa Al
Thani, partecipò al vertice di emergenza del Ccg alla Mecca dopo gli
attacchi alle petroliere nel Golfo dell’Oman attribuiti all’Iran. Gli
analisti arabi sono convinti che la soluzione della crisi sia vicina. In ogni caso il piccolo Qatar può dire di aver vinto ai punti l’incontro di pugilato contro il colosso saudita.
Riyadh e i suoi alleati avevano posto 13 condizioni per revocare il
boicottaggio, tra cui la chiusura della celebre tv qatariota Al Jazeera, la chiusura di una base militare turca (Ankara è la principale alleata di Doha) e l’interruzione dei legami con l’Iran. Doha non ha accolto neppure una di queste richieste.
Anzi, negli ultimi due anni ha lanciato una offensiva diplomatica e di
immagine ad ogni livello – investendo una parte consistente dei proventi
generati dai suoi giacimenti di gas – che l’ha vista protagonista anche
nel calcio professionistico (in attesa dei Mondiali che ospiterà nel
2022) con contratti stellari offerti agli attaccanti Neymar e Mbappé
portati al PSG (già di proprietà qatariota).
I sauditi per ora non confermano il disgelo ma il
riavvicinamento è visibile ed è giudicato con favore
dall’Amministrazione Trump. Gli Usa pur avendo relazioni
strette con Riyadh non hanno mai appoggiato il boicottaggio del Qatar
che, fatto non secondario, ospita il Comando Centrale Usa nel Golfo. Riyadh
ha dovuto fare i conti con la realtà e optare per la riconciliazione in
un momento molto delicato per la regione in cui la tensione con l’Iran
ha rischiato di sfociare più di una volta in una guerra, quindi ben
oltre lo scontro a distanza che Tehran e Riyadh hanno da lungo tempo in
Libano, in Yemen, in Siria e in altri scenari di crisi. È stato
enorme l’impatto avuto dall’attacco con droni e missili – rivendicato
dai ribelli yemeniti Houthi, ma attribuito ancora una volta all’Iran –
che lo scorso 14 settembre ha fermato, sia pure per
breve tempo, circa la metà della produzione petrolifera saudita. In quei
giorni i Saud hanno avuto modo di constatare che aerei, armi e i vari
sistemi difensivi, come i missili Patriot, acquistati con 110 miliardi
di dollari negli Stati Uniti, erano stati superati facilmente da chi
aveva organizzato l’attacco agli impianti petroliferi. La
vulnerabilità del regno, nonostante la protezione assicurata da
Washington, è apparsa evidente tanto da indurre la monarchia a valutare
con attenzione i rischi di una guerra aperta con l’Iran. Trump
inoltre ha scelto di non rispondere militarmente all’attacco del 14
settembre tra lo stupore di Riyadh e del resto della “Nato araba”.
Da qui la decisione saudita di rinsaldare i rapporti con i
paesi del Ccg, Qatar incluso, per ottenere una protezione collettiva
delle petromonarchie, e di tendere, a certe condizioni, una mano all’Iran. Di recente il New York Times
ha scritto che Arabia Saudita e Iran dietro le quinte sono impegnati in
colloqui indiretti per ridurre le tensioni, con il favore del ministro degli esteri emiratino Anwar Gargash, convinto che una escalation con Tehran non faccia «gli interessi di nessuno».
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