“L’ 11 agosto 1892 nasceva Giuseppe Di Vittorio, dirigente comunista e sindacalista, caduto per molti anni nel dimenticatoio della storia e ora riscoperto con una lettura parziale del suo percorso”. Lo sottolinea l’USB in una nota che riportiamo di seguito e che contesta “l’uso strumentale che oggi viene fatto di questo anniversario”.
Sembra ci sia la necessità redimente di riaccendere i riflettori su uno dei più significativi protagonisti della storia politica e sindacale del Secondo Dopoguerra, dettata dall’esigenza di rispolverare in fretta e furia quei caratteri costituenti della sinistra sociale seppelliti da anni di concertazione e politiche di compatibilità.
Una riesumazione condizionata, che sappia dare forza e luce solo ad alcuni degli aspetti incarnati da questo vero e proprio gigante della battaglia politica e sociale del Novecento.
Quali siano gli intenti finali di chi oggi si appropria del suo pensiero, lo storpia fino a renderlo fruibile a chi non si cura di conoscerne la storia, non è ancora completamente intelligibile, anche se con un minimo sforzo arrivare a comprenderlo può essere semplice.
Uno degli aspetti maggiormente tenuto nascosto dai novelli seguaci di Giuseppe Di Vittorio da Cerignola, è quello della sua formazione e collocazione politica in anni davvero difficili, quando ogni giorno si era chiamati a scegliere e a misurarsi con avvenimenti capaci di segnare il futuro di milioni di proletari e di lavoratori.
Non solo quindi la sua conosciuta attività bracciantile e di proto-sindacalista in giovanissima età tra gli sfruttati nei campi della Capitanata, ma la scelta ad esempio di recarsi in Spagna ad infoltire le fila degli antifranchisti per combattere una guerra, pur già considerata persa, che però valeva la pena di essere combattuta. La sua milizia sindacale si intreccia in maniera inestricabile con il suo essere militante internazionalista.
Questa sua scelta lo porta non solo a percorrere tutta la strada che durante la guerra, e ancor di più al suo termine, porterà alla costruzione della prima Internazionale sindacale, la Federazione Sindacale Mondiale, di cui oggi in Italia la USB è l’unica, orgogliosa portabandiera e che dal Congresso di Milano del 1953 vide Giuseppe Di Vittorio presidente mondiale.
Erano gli anni, quelli, in cui le differenze sopite dalla guerra tornavano a galla, gli animal spirit del capitalismo mondiale nascente prendevano forza e cercavano di impedire con ogni mezzo che si affermasse anche nel mondo occidentale quell’orizzonte sociale e socialista che dal 1917 in poi aveva ridato una speranza all’umanità, indicando una strada di progresso, di emancipazione e di conquista del benessere in terra che oggi qualcuno rappresenta come ricerca della felicità e della gioia.
Di Vittorio dovette fronteggiare gli attacchi tesi a demolire il primo e più vero tentativo di costruire una internazionale sindacale che venivano portati con durezza e particolare determinazione dall’AFL statunitense e dalla TUC britannica. Attacchi che si resero particolarmente evidenti e decisivi allorquando c’era da schierarsi pro o contro l’accettazione del Piano Marshall, nonno del nostro attuale e tutto europeo MES, attraverso cui Di Vittorio vedeva profilarsi la subordinazione economica e politica dei Paesi riceventi allo strapotere statunitense, a cui anche un pezzo del movimento sindacale italiano si andava uniformando.
Esattamente quel pezzo che dopo poco favorì, nella FSM, la rottura sindacale e la edificazione della CISL internazionale, che con una poderosa virata a destra spostava l’asse dell’agire sindacale collocandolo nell’alveo del sindacalismo confessionale e di sottomissione ai desiderata del mondo produttivo e imprenditoriale, e subito a seguire la rottura interna della Confederazione generale – e unitaria – del lavoro per costituire prima la CISL e poi la UIL che si collocano esplicitamente nel campo internazionale ed interno avverso a quello rappresentato dalla CGL di Giuseppe Di Vittorio.
Non ci troviamo quindi oggi, a 128 anni dalla sua nascita, a celebrare la storia di un sindacalista dei braccianti che diede il suo contributo all’emancipazione di quei lavoratori in un periodo storico che purtroppo sembra riaffacciarsi in modo ancora più oscuro di quello affrontato con forza e determinazione da Di Vittorio, intendiamo celebrare un combattente a tutto tondo che fece dell’unità del movimento di classe nazionale ed internazionale la sua ragione di vita, che non operò mai per la separazione ma si batté per unificare le lotte e dare una prospettiva internazionale a quel movimento unito dei lavoratori che solo poteva favorirne la crescita e l’affermazione.
Noi vogliamo salutare Di Vittorio e ricordarne le sue scelte complessive e non, al contrario, utilizzare il suo nome per dare dignità ad operazioni politiche e parasindacali che non abbiano la dignità e la trasparenza delle sue scelte.
Vogliamo anche noi concludere questo nostro scritto certamente parziale e partigiano, con una delle frasi del presidente della Federazione Sindacale Mondiale Giuseppe Di Vittorio che ci sembra oggi quanto mai attuale: “È preoccupante non quando un compagno ti dà torto, ma quando il padrone ti dà ragione”.
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