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02/06/2022

L’uragano della crisi sistemica

Che l’amministratore delegato della più grande banca d’affari del mondo (Jp Morgan, alla pari con Goldman Sachs) annunci un «uragano economico» mondiale non è esattamente una notizia di poco rilievo. Certo, si può sospettare che da consumato speculatore Joe Dimon abbia voluto manipolare il sentiment dei mercati finanziari, spingendoli verso quotazioni molto più basse grazie all’effetto panico del suo annuncio, per poi magari ramazzare titoli interessanti a basso prezzo.

Cose che fa abitualmente Elon Musk, tanto osannato da Repubblica e altri servitorelli della stessa stoffa. E che fa anche lo stesso Dimon, alla testa del più grande squadrone di squali che percorra gli oceani della finanza.

Ma...

Dimon cita come fonti delle sue preoccupazioni due fatti inconfutabili. Uno sta sulle prime pagine da oltre tre mesi e quasi non ci sarebbe bisogno di menzionarlo: la guerra in Ucraina, che proprio il suo presidente e quell’altro buffone inglese spingono perché si allarghi, si prolunghi, inneschi rischi di conflitto nucleare.

La guerra ha conseguenze economiche chiarissime, come l’esplosione dell’inflazione. Petrolio, gas, fertilizzanti, grano, ecc., ovvero tutte le commodities dai prezzi impazziti, sono anche i beni fondamentali che entrano nella formazione del prezzo di tutte le altre merci. E se, come Dimon ricorda, la dinamica del greggio sta “potenzialmente posizionandosi sulla strada per un rialzo fino a 150 o 175 dollari al barile“, le conseguenze sulla produzione e la circolazione globali diventano molto pesanti.

Ma fin qui saremmo nel normale andazzo. È il secondo elemento di preoccupazione per Dimon quello che sembra più importante. Com’è noto, l’aumento dell’inflazione deve essere affrontato in primo luogo dalle banche centrali.

Dopo quasi un quindicennio di quantitative easing – una serie di «iniezioni di liquidità» attraverso acquisti diretti di titoli anche di valore nullo, azzeramento dei tassi di interesse (o addirittura negativi, come in Europa), ecc. – ora la Fed e la Bce, seguendo le regole del monetarismo neoliberista, devono ridurre la liquidità circolante che si è riversata anche o soprattutto sulle commodities fisiche.

La Federal Reserve ha infatti deciso di invertire i programmi di acquisto di obbligazioni di emergenza e di ridurre il proprio bilancio. È il cosiddetto quantitative tightening (QT), e inizierà proprio questo mese e aumenterà fino a 95 miliardi di dollari al mese di riduzione dei titoli nel portafoglio della banca centrale USA. In pratica, la Fed inonderà i mercati finanziari di titoli, provocando una caduta corrispondente dei loro prezzi. Quasi tutti coloro che hanno i medesimi titoli in cassaforte si troveranno col capitale svalutato.

“Non abbiamo mai avuto un QT di questo tipo, quindi si tratta di qualcosa su cui si potrebbero scrivere libri di storia per 50 anni”, ha detto Dimon. Ma ha anche aggiunto che “molti programmi di quantitative easing si sono ritorti contro”. Chi aveva pensato e scritto che gente come Mario Draghi erano dei geni (per aver inondato di liquidità i mercati) ora sarà costretto a qualificarli in modo molto meno enfatico. Come minimo «apprendisti stregoni» che hanno pasticciato con l’acqua e con il fuoco, che ora stanno per correre liberamente nella pianura...

Le banche centrali “non hanno scelta perché c’è troppa liquidità nel sistema”, ha detto Dimon. “Devono rimuovere un po’ di liquidità per fermare la speculazione, ridurre i prezzi delle case e cose del genere”. In piena guerra e aumento delle spese militari...

A pensarci bene Dimon sembra essere persino ottimista, perché non ha citato neanche la crisi climatica, l’innalzamento dei mari, le guerre invisibili che alimentano in misura crescente flussi migratori, scontri supplementari, ecc.

Insomma, si muove ancora nella trincea speranzosa di chi crede che “dopo” si tornerà comunque alla “normalità” dei mercati globalizzati, dove quelli come lui sguazzano felici (la maggior parte, no, lo sappiamo). Della crisi sistemica non vuol sentire parlare anche se, in qualche misura, è costretto ad accennarla: “Odio la parola ‘senza precedenti’, perché questo ammette che non siamo stati in grado di prevedere quello che poi è successo“.

In effetti l’immagine dell’uragano è abbastanza appropriata. Quasi quanto quella della «tempesta perfetta»...

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