di Giorgio Bona
Revenant – Redivivo è un film del 2015 diretto, cosceneggiato e coprodotto dal regista messicano Alejandro González Iñárritu e il soggetto è tratto dal libro omonimo dello scrittore americano Michael Pumke (Revenant. La storia vera di Hugh Glass e della sua vendetta, trad. di Norman Gobetti, Einaudi, 2014).
Il ruolo del protagonista è interpretato da Leonardo Di Caprio nella parte di Hugh Glass (c. 1783-1833), esploratore e cacciatore di pellicce che nel 1822 prese parte a una spedizione lungo il fiume Missouri e i suoi affluenti: a quei tempi il territorio era di fatto inesplorato.
La prima missione per inoltrarsi in quelle zone impervie e piene di pericoli risaliva a diciotto anni prima coi famosissimi Meriwether Lewis e William Clark (1804-1806), finanziata dal governo statunitense immediatamente dopo l’acquisto della Louisiana in vista dell’annessione all’Unione. Missione voluta dal presidente Jefferson che condusse i due esploratori a tracciare le prime mappe del nord-ovest: impresa utile a raccontare una terra sconosciuta che seguiva il percorso dei fiumi Missouri e Columbia oltrepassando le Montagne rocciose e le Bitterroot Mountains.
Michael Pumke ricostruisce una storia vera, quella di Hugh Glass che viene abbandonato in pieno territorio indiano da due componenti della compagnia di pellicce perché creduto morto. Infatti nessuno può sopravvivere all’attacco di un grizzly, resistere ai suoi artigli che lacerano la carne e penetrano in profondità. Ecco allora che dato per spacciato viene lasciato al suo destino dai suoi due compagni. Uno dei due è niente meno che il celebre Jim Bridger (1804-1881), in questo contesto giovanissimo, alle prime armi, prima di diventare il famosissimo scout al pari di Kit Carson, Brigham Young, Thomas Fitzpatrick e John Sutter.
Jim Bridger sarà presente ne Il crinale (Einaudi, 2023), altro romanzo di Pumke, e ricordato come esploratore e veterano delle guerre indiane. Qui, invece, lo scout è un giovane pischello alle prime armi. Nella ricostruzione di Pumke il giovane Jim Bridger, rimasto orfano in povertà e senza alcuna istruzione dopo un breve periodo da apprendista fabbro, si unisce al generale William Henry Ashley e la compagnia di cacciatori di pellicce nell’alto fiume Missouri.
La trama del romanzo parla delle avventure della compagnia e Pumke cerca minuziosamente di ricostruirne la storia ma soprattutto cerca di darci una visione a 360° di quello scorcio di frontiera.
Il capitano Andrew Henry, capo della spedizione della Rocky Mountain Fur Company subisce un brutto colpo: i suoi trapper sono decimati da un attacco degli indiani Arikara.
Siamo nell’agosto del 1823 e contemporaneamente il suo uomo migliore, Hugh Glass viene assalito da un grizzly sulle rive del fiume Grand. I suoi compagni di viaggio, John Fritzgerald e Jim Bridger lo considerano morto abbandonandolo dentro una fossa, dopo avergli sottratto l’equipaggiamento e soprattutto il prezioso fucile Anstadt.
Solo, gravemente ferito, sprovvisto di qualsiasi mezzo, Glass riesce a sopravvivere alla dura vita della frontiera, al pericolo di indiani sul sentiero di guerra e giura vendetta intraprendendo un viaggio straordinario di tremila chilometri in quei territori selvaggi e pieni di insidie, tra Dakota, Montana, Nebraska e Wyoming, per raggiungere i due compagni e fargliela pagare.
È la dura legge della frontiera: occhio per occhio.
Durante questo interminabile viaggio che sembra non avere mai fine, ripercorre con la mente il suo passato tra naufragi al largo di Cuba, pirati, vagabondaggi, fino a un lungo periodo di permanenza presso una tribù di indiani Pawnee.
Rimettendosi in sesto poco alla volta, nutrendosi di piccoli roditori e bacche si muove strisciando per lunghi tratti e successivamente zoppicando in un territorio impervio e pieno di pericoli.
L’inferno che sta attraversando è anche quello delle fitte di una terribile lacerazione alla gola a causa degli artigli dell’orso, che gli lascerà segni indelebili sul timbro di voce ridotto come un sibilo.
Se la dura legge della frontiera rispecchia come grande valore il sentimento della vendetta per affermare la giustizia, in questo libro che ha un titolo comprensibile per la sua forte tematica, dove la frontiera è l’inferno, allora “the Revenant” rappresenta colui che ritorna dopo un viaggio dagli inferi.
Ecco Hugh Glass che risorge dal suo sepolcro con gli occhi iniettati di sangue e non cercherà la strada per salvare se stesso ma per cercare la pace attraverso la sete di giustizia.
Ma quello che emerge è il mito americano della frontiera. La frontiera intesa come terra selvaggia aveva per gli americani un significato: il proprio sogno di libertà legato alla conquista e all’affermazione del proprio io. Affermare la propria identità anche al prezzo di cancellare quella degli altri: qualcosa che comporterà una delle scelte più tragiche della storia, lo sterminio dei nativi nordamericani.
Un viatico della storia della frontiera parte da questo libro. Hugh Glass rappresenta l’uomo che apre una sfida con un mondo da dominare: conflitti con caccia all’uomo, lotte cruente che l’avidità della terra inaspriva, creando le premesse più atroci per vendette a catena.
In tutto questo gli indigeni dovevano soccombere respinti sempre più indietro dall’orda degli invasori.
Solo gli indiani morti sono buoni e per poterlo provare li uccisero quasi tutti.
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