Svoltasi l'anteprima stampa di "The Shrouds - Segreti sepolti", è stato organizzato un incontro con i giornalisti moderato da Mauro Donzelli. Impossibilitato a essere presente a causa di un'influenza, David Cronenberg appare in videoconferenza, probabilmente nella forma più coerente rispetto al film da lui realizzato.
Cronenberg
risponde a tutte le domande con l'eleganza, la precisione e la lucidità
che l'hanno sempre contraddistinto, rifuggendo da voli pindarici e da
quei ragionamenti tipici della critica (da recuperare, per chi non
l'abbia mai vista, l'ormai leggendaria intervista realizzata da Enrico
Ghezzi nel 1988). Questo è un resoconto di quanto è stato detto.
In tempi di controllo assoluto della tecnologia di menti e corpi, si considera ancora un visionario o un osservatore della realtà?
Non mi sono mai considerato un
visionario. Sono soltanto un osservatore della realtà, cerco di capire
la condizione umana. E se alcune cose che ho creato possono apparire
visionarie è per accidente, non è mia intenzione essere un profeta.
"The Shrouds" può suggerire un modo postmoderno per l'elaborazione del lutto ai tempi dell'intelligenza artificiale?
Recentemente ho letto un interessante
articolo che faceva riferimento ad alcune persone che attraverso l'IA
hanno creato degli avatar delle persone estinte, che possono riprodurre
anche la loro voce tramite delle campionature. Se questo sia un modo per
elaborare il lutto e lenire la sofferenza non so, dipende
dall'individuo. Lo comprendo ma non è il modo che seguirei io, ma questo
è un modo.
Lei ha usato il termine di "villaggio
globale" per indicare che siamo tutti interconnessi. Forse vuole dire
che potremmo essere connessi anche nell'aldilà, visto l'elemento quasi
religioso presente in questo film.
In realtà, come saprete, sono ateo e
anche il mio protagonista, Karsh (interpretato da Vincent Cassel), lo è.
Se sei ateo non credi nel concetto di Aldilà o di vita dopo la morte.
In "Crimes of the Future" si diceva "il corpo è realtà" (body is reality)
quindi con la morte cessa la realtà di quel corpo. Quello che però
trovo interessante è che potrebbe essere possibile creare, attraverso
l'intelligenza artificiale, una specie di aldilà artificiale, dove gli
avatar dei defunti possano passare del tempo insieme. Sarebbe un
artificio, esattamente come è un artificio la promessa del Paradiso
delle religione, che personalmente considero una frode. Karsh non vuole
un rapporto fittizio, vuole ancora una relazione reale con il corpo
della moglie defunta.
Da dove proviene l'idea del film?
Sono stato sposato per 43 anni e mia
moglie è morta nel 2017. A quel punto non pensavo avrei fatto un altro
film, perché era così forte il suo ruolo nella mia vita e nel mio
cinema. Però poi ho affrontato il lutto e le questioni riguardanti la
vita, l'amore e la morte, quindi, ho iniziato a scrivere la
sceneggiatura. Dopo aver iniziato a scrivere lo spunto reale si è
trasformato in fiction,
in quanto i personaggi hanno preso vita e mi hanno dettato cosa fare e
rivelato chi fossero davvero. Quindi anche se lo spunto è
autobiografico, poi l'opera è totalmente di finzione.
Se
dovessi scrivere un articolo su "The Shrouds" e introdurre David
Cronenberg a un giovane che non conosce ancora la tua arte
cinematografica, quali sono i tuoi film che potrei usare?
Penso che tu sia più qualificata a
rispondere questa domanda. Quando realizzo un film non penso a quelli
precedenti anche se sono connessi perché provengono da me. È come se
stessi girando il mio primo film e ciascuno rappresenta un universo
autonomo. Creare queste connessioni penso che sia proprio il compito di
un critico, anche perché alcuni film che ho fatto non li rivedo da
decenni.
Nel film viene detto che "Karsh ha
realizzato una carriera sui corpi". Questo mi sembra un riferimento
autobiografico visto il ruolo che ha avuto nella storia del cinema.
Non saprei cosa rispondere, anche in
questo caso penso che sia compito di un critico o di un giornalista
rispondere a me. Io faccio un film alla volta e non ho un piano
generale, quindi dovete essere voi a dire quale sia il mio ruolo.
Nonostante
la tecnologia dispiegata, c'è qualcosa che sfugge alla visione in
questo film. Alla fine sembra che il mistero della morte mostra come non
si possa sapere tutto di chi è scomparso e bisogna imparare a lasciare
andare chi è morto.
In un certo senso è vero. Nel film
c'è un elemento cospirativo, una teoria complottista che è un modo per
affrontare il mistero dell'essere umano. Magari un essere umano con cui
hai avuto un rapporto intimo per 43 anni ma ci sono ancora domande che
vorremmo porre a questa persona, conversazioni che vorresti fare e non
hai fatto. Quindi sentirsi protagonisti di una cospirazione,
considerarsi l'unico a vederla e a comprenderla, può essere un modo per
processare il lutto.
Comunque
vorrei aggiungere un'ultima cosa: in base alla mia esperienza, nessuna
strategia serve davvero liberarsi dal dolore. Nemmeno realizzare questo
film. Per quella che è la mia comprensione del lutto, la sofferenza
rimane con te ed è difficile lasciar andare la persona che non c'è più.
Mi
sembra che il film dica una cosa molto precisa: abbiamo sempre più
strumenti tecnologici ma i problemi umani restano gli stessi. Volevo
sapere se nel suo cinema è cambiato qualcosa, se c'è qualcosa che ha
pensato di poter raccontare tramite le nuove tecnologie. Poi ci sono
curiosi riferimenti internazionali: un personaggio è coreano e si parla
di queste località favolose come l'Islanda e l'Ungheria. Ci sono delle
ragioni oppure si tratta solo di un "altrove" esotico?
Beh, ho lavorato con un produttore
unghierese e ho amici islandesi. Comunque ho cercato di pensare come il
mio personaggio: quali potevano essere paesi dove insediare il suo
particolare cimitero high-tech?
L'islanda è isolata, l'Ungheria è un paese europeo con una cultura
molto antica, sono paesi molti diversi e molto distanti anche
culturalmente dal Canada.
Allora,
vorrei dire una cosa: il corpo è tecnologia e la tecnologia è corpo.
Negli anni 40 e negli anni 50, c'era questa idea proveniente dalla
fantascienza secondo cui ci sarebbe stata una tecnologia di origine
aliena, ma la tecnologia è sempre umana. La tecnologia è un riflesso di
quello che siamo, è un'estensione dei nostri sensi. Se accettiamo che il
nostro cervello è parte del corpo, allora anche l'Intelligenza
artificiale non è altro che una nostra estensione. La tecnologia non
trascende l'essere umano, ma riflette l'uomo: quindi può realizzare sia
cose meravigliose, sia cose mostruose, esattamente come gli esseri
umani. Quindi sono d'accordo con te al 100%.
Non credo che Karsh sia un imprenditore con un successo paragonabile a quello di Elon Musk né credo abbia ambizioni politiche, al contrario di Musk. Tra l'altro devo ammettere che è da qualche anno che guido una Tesla e ho instaurato un rapporto con la mia Tesla che nulla ha a che fare con Musk. Quindi direi di no, quando ho scritto il film non c'era alcuna intenzione di porre un collegamento tra Karsh e Elon. Di sicuro viviamo in tempi interessanti.
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