Una prestigiosa università statunitense invita a Renzi a parlare. Un
leader adagiato sul senso comune che vuole arrivare al governissimo con
la destra. Un pragmatismo molto anglosassone che deve inquietare più che
sorprendere.
Il prossimo 25 maggio il discorso di chiusura dei
corsi della John Hopkins University verrà affidato a Matteo Renzi,
attuale sindaco di Firenze, serpe in seno dell'attuale segretario del Pd
Bersani e possibile candidato del centrosinistra alle prossime elezioni
politiche. Secondo quanto riferiscono alcune fonti la scelta è stata
presa dal direttore della sede bolognese dell’Università americana,
Kenneth Harrison Keller, ed ha avuto l’ok della sede di Washington
dell’università. Renzi parlerà ai 200 studenti del primo anno della Sais
e l’incontro sarà rigorosamente a porte chiuse.
Renzi dunque piace, piace molto ai costruttori del modello americano
nel mondo. La John Hopkins infatti prepara i quadri per la politica
estera degli Stati Uniti. La cosa non deve sorprendere ma inquietare.
(Nella foto un Renzi giovane in un trasmissione a quiz con Mike
Bongiorno)
Il sindaco di Firenze in alcune dichiarazioni di queste ore, ha
ribadito l'accusa ai partiti – incluso il suo – di perdere tempo: "Ho
detto quello che pensa il 95% degli italiani", ha dichiarato oggi in una
intervista radiofonica. "Ho solo detto: giocate come vi pare, ma
giocate". Per il sindaco di Firenze, invece di "aspettare un mese" come
sta accadendo, "alcune cose si potrebbero fare subito", e c'è "una
situazione di difficoltà economica su cui qualcosa si potrebbe fare",
per cui "prima si mettono in condizione di far funzionare il Parlamento e
meglio è".
Insomma per Renzi l'importante non è cosa fare ma fare qualcosa,
qualsiasi cosa. Un pragmatismo che a qualcuno può piacere, ma che
conferma l'inettitudine molto british di quello che potrebbe diventare
il prossimo leader del Pd, rendendolo così sempre più simile alle
indefinibili caratteristiche dei laburisti inglesi o dei democratici
statunitensi. "O Berlusconi è il capo degli impresentabili, allora
chiediamo di votare subito; oppure è un interlocutore perché ha preso
dieci milioni di voti", aveva detto ieri Renzi a Repubblica e al
Corriere della Sera. Il bamboccione politico del Pd è tornato a
sottolineare anche la sua sintonia con Napolitano e la condivisione
dell'idea di un “governo del Presidente”. "Giorgio Napolitano è stato,
in questi 7 anni, un'assoluta certezza per il Paese: meno male che c'è
stato Napolitano", afferma Renzi. "Dare la colpa della situazione di
difficoltà al presidente della Repubblica – chiarisce – è una
barzelletta. Ricorda quelli che quando vedono il traffico per la strada,
danno la colpa ai vigili".
Renzi ha replicato ad un altro dirigente del Pd Fassina affermando
che: "Vedono fantasmi dove non ci sono. Ho detto quello che pensa la
gente comune: c'è la crisi, le aziende licenziano tu cosa dici, fate
qualcosa di semplice ma fatelo. Quindi o il Pd fa un accordo con il Pdl
oppure si va a votare, ma non restare lì a traccheggiare e a perdere
tempo". Una dimostrazione plastica di adattamento al senso comune che
deve sorprendere ed inquietare, soprattutto per uno che si candida a
diventare il leader del maggiore partito politico italiano. Ma non c'è
solo questo che deve inquietare. In realtà Renzi sta ampiamente
ciurlando nel manico. Infatti dire che “o si fa l'accordo con il PdL o
si torna a votare” presenta una falsa alternativa e rivela la sua vera
intenzione: fare l'accordo con il PdL. Il perché è presto detto. Siccome
non si può andare a votare perché c'è il passaggio inevitabile
dell'elezione del Presidente della Repubblica allora non si può che fare
l'accordo con il PdL. Una furbata retorica quella di Renzi che la dice
lunga sul personaggio e il suo vischiosissimo progetto politico.
Fonte
Come si sarà capito il sottoscritto nell'ultimo periodo ha drizzato le antenne su Renzi che ormai riceve fiancheggiamenti dichiarati un po' da ogni dove, memorabile quello di un paio di settimane fa di un lucidissimo Sgarbi che, in casa Santoro, descriveva il fiorentino come la cartina di tornasole per un accordo ponderato tra PD e PDL, in sostanza il soggetto capace di rimettere insieme un cartello elettorale che ricordasse il peso ricoperto nel medesimo ruolo dalla DC per più di 40 anni.
A chiusura della mia nota, trovo perfetto il commento, un po' amaro, di un lettore sulla pagina originale di questo articolo: "con Renzi si chiude il cerchio; dal compromesso storico alle larghe
intese con i fascisti piduisti, la parabola della distruzione di un
partito e di una ragione di vita. Chissà, magari potrà rappresentare un
altra alba , una detonazione che potrebbe risvegliare dal sonno molti
proletari, lavoratori che si sono venduti al leghismo prima e al
grillismo oggi".
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