La sera del 10 aprile 1991 si consuma al
largo del Porto di Livorno quella che è riassunta come la “più grave
tragedia che abbia colpito la Marina mercantile italiana dal secondo
dopoguerra” (come recita la scarna pagina di Wikipedia). Il traghetto
Moby Prince (in servizio per la compagnia Nav.Ar.Ma di proprietà della
famiglia dell'armatore
mascalzone latino Onorato) da poco partito
da Livorno entra in collisione con la petroliera Agip Abruzzo. I motivi
della collisione come spesso accade per le gravi e luttuose vicende
italiane rientrano nella categoria “mistero”. Come in questa categoria
viene rubricata l'intera vicenda, ancora orfana di verità e giustizia
(proprio oggi ad esempio il corrieredellasera.it pubblica l'articolo
intervista
«Moby Prince, non fu errore umano» La contro inchiesta del figlio del capitano;
sembrerebbe che ci fossero elementi per riaprire il caso, ma almeno in
questa sede non si specificano, vediamo, per ora facciamo nostro il
commento scritto su facebook di Loris Rispoli che da anni, insieme ad
altri amici e familiari delle vittime, tiene viva la memoria e
l'attenzione su questa brutta storia
“riaprire un caso giudiziario
significa portare alla magistratura elementi inattaccabili che mostrano
il dolo di qualcuno, indicare un responsabile e denunciarlo, se si
presenta aria fritta e cose risapute si fa solo esercizio
grammaticale...”).
Un fatto è certo,
quella sera di 22 anni fa, mentre in tanti guardavano la partita
trasmessa dal Camp Nou Barcellona-Juventus (semifinale di andata della
Coppe delle Coppe 1990/91) a bordo del Moby Prince morirono 140 delle
141 persone tra equipaggio e passeggeri che erano a bordo.
In
questi lunghi 22 anni ci sono state inchieste giornalistiche, processi,
libri, video, film, spettacoli teatrali e tantissime rose gettate in
mare, ma la parola fine non è stata ancora scritta. Come Senza Soste,
nel nostro piccolo, da quando siamo nati, abbiamo dato il nostro
contributo per cercare di tenere viva la memoria su questi fatti
sensibilizzando i nostri lettori a sentire come propria questa
ingiustizia e a farsene carico come cittadinanza e dando spazio a tutti
coloro che lavorano attraverso vari linguaggi e stili in questo senso
(in fondo a questo articolo trovate alcuni link).
Invitiamo
quindi tutti e tutte ancora una volta, al di là di una rituale
retorica, a partecipare a questo ricordo collettivo che quest'anno si
articola istituzionalmente in due giornate. Di seguito il programma
completo. (redazione)
Mi accodo al ricordo, anche se la sensazione di trovarsi davanti a un'altra Ustica, da anni, non è più un'impressione ma una certezza.
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