Silenzio assoluto - della stampa italiana! - sul rapimento di quettro
giornalisti di casa nostra da parte dei "ribelli" anti-Assad sostenuti
dall'Occidente (quindi anche dal governo Monti).
Ne fosse stato rapito soltanto uno da qualche altro gruppo
"ribelle", in altri paesi con altri regimi, saremmo rimasti
probabilmente assordati dalle urla di giornali e televisioni concordi
nel chiedere di stroncare con la massima fermezza quei "terroristi".
Chissà, magari CasaPound sarebbe andata da qualche parte a chiedere di
dichiarare guerra e inviare i sommergibili nel deserto...
Invece
nulla. Anzi, un'evidente imbarazzo che porta i giornalisti comunque
incaricati di darne in qualche modesta misura notizia a usare parole
veramnete "bizzarre" per definire i contorni e i soggetti in campo.
"Bloccati", "fermati"... Nella trasmissione Coffee Break (au La7) si batte qualche record: "una troupe di giornalisti italiani è in difficoltà in Siria".
Su
NenaNews, al contrario, si cerca di dar conto delle poche motizie che
circolano. Molto probabile che si stia trattando per un riscatto - in
denaro o anche in armi - e ovviamente questo non sarà mai ammesso. "Mica
trattiamo con i terroristi, noi!"... Ah, già, sono nostri "alleati"...
*****
Massimo
riserbo e silenzio stampa. Questa la strategia mediatica della
Farnesina sul caso dei quattro giornalisti italiani rapiti in Siria, a
Nord di Damasco, il 5 aprile scorso, quasi una settimana fa.
Da allora il silenzio è assordante. Nessun
commento, nessun aggiornamento. Le agenzie stampa e i principali
quotidiani di informazione italiani e internazionali non riportano nuove
informazioni da giovedì. Che siamo stati dimenticati? No di certo. Probabilmente a far calare il velo sulla loro sorte è l'intenzione
del governo italiano a non gettare cattiva luce sui gruppi armati di
opposizione al regime di Bashar al-Assad. Da tempo Roma, come molti
altri Paesi occidentali, ha riconosciuto i "ribelli" come unici
rappresentanti del popolo siriano, dipingendoli come combattenti per la libertà.
Eppure di crimini ne hanno commessi, al pari delle forze governative
siriane. Intanto a pagare il prezzo di tale diplomazia sono i quattro
reporter della Rai, impegnati in un video documentario per il programma
"La Storia siamo noi", dal titolo "Silenzio, si muore".
Amedeo
Ricucci, Susan Dabbous, Andrea Vignali e Elio Colavolpe restano nelle
mani dei ribelli. "Non in stato di arresto, ma trattenuti", dicono fonti
vicine alle opposizioni, riprese dai media nazionali. Insomma, non
sono in pericolo, solo in stato di fermo, come scrive su Facebook la
blogger siriana in Italia, Aya Homsi. Difficile però cogliere la sottile
differenza con quello che appare come un vero e proprio sequestro.
I quattro dovrebbero trovarsi ancora nel villaggio di Yaqubiya, dove
erano stati portati dopo il rapimento per aver filmato - secondo i
ribelli - siti militari sensibili. L'intelligence italiana è al lavoro,
mentre il Ministero degli Esteri tace. L'ultimo commento risale a
giovedì quando la Farnesina ha fatto sapere di essersi attivata e di
seguire la vicenda. Fonti del Ministero hanno da subito affermato che
non si tratta di un sequestro, ma di un fermo, e che i quattro
giornalisti si trovano in mano a gruppi di ribelli membri dell'Esercito
Libero Siriano e non a organizzazioni islamiste.
Per cui,
secondo Roma, non c'è da preoccuparsi. Chissà se le famiglie di Ricucci,
della Dabbous, di Vignali e di Colavolpe sono dello stesso avviso.
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