Il prelievo forzoso sui conti correnti diventa uno degli strumenti ordinari di "salvataggio" di banche e Stati.
Un Eurogruppo non molto pubblicizzato, ma che doveva discutere –
e lo ha fatto – di problemi piuttosto decisivi per il futuro
dell'Eurozona. Lo si capisce dalla reticenza con cui anche i giornali
specializzati danno conto della discussione avvenuta. Poiché abbiamo
giustamente molta considerazione dei professionisti inviati a Bruxelles,
dobbiamo pensare che la discussione tra i ministri delle finanze sia
stata in qualche misura “criptata”, e che la materia in discussione sia
al tempo stesso esplosiva e per ora trattata in maniera solo
preliminare.
Seguiamo perciò il racconto fatto da IlSole24Ore –
il giornale più attento a questo tipo di eventi – cercando di spiegare
quel che è poco chiaro e, soprattutto, le implicazioni contenute nelle
varie ipotesi di getione delle future crisi.
Come sempre, le nostre considerazioni sono in corsivo.
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Accordo
politico all'Ecofin sul meccanismo di supervisione unica delle banche:
superate quindi le resistenze della Germania che chiedeva una modifica
dei Trattati prima di dare il via libera. La supervisione unica «si fa
coi Trattati attuali, abbiamo l'accordo definitivo unanime dei
ministri», ha detto il commissario Michel Barnier.
Redazione.
Nonostante la sintesi, si capisce che lo snodo relativo alla
sorveglianza delle banche (private) europee da parte della Bce è così
rilevante da richiedere – a parere della Germania – una modifica dei
Trattati. Per ora si va avanti con i trattati che ci sono, ma
ricordiamo la materia del contendere tra Germania e il resto d'Europa:
Berlino chiedeva che la sorveglianza sulle banche “non sistemiche”
restasse affidata alle banche centrali nazionali. Perché? Per il buon
motivo che l'ossatura fondamentale del credito tedesco vede protagoniste
le Landesbanken, ovvero quelle banche territoriali su cui si regge
buona parte del sistema delle imprese e, non secondariamente, la forza
politica dei deputati.
Non basta, però. La nuova
proposta tedesca prevedeva di rafforzare la separazione tra attività di
politica monetaria e di vigilanza della Bce, trovando anche il modo di
garantire meglio “poteri equivalenti” ai membri della struttura di
vigilanza bancaria non appartenenti all'Eurozona. Un modo per aumentare
il peso tedesco nelle decisione Ue (i paesi dell'Est che ancora non
hanno adottato l'euro sono “contoterzisti” di Berlino) anche a costo di
dare un peso eccessivo sulla moneta unica a paesi che non la usano.
Singolare. Alla fine l'idea non è passata, ma come in tutte le
trattative diplomatiche, la “pressione” ha prodotto se non altro
l'accettazione del principio che i Trattati si possono cambiare, senza predeterminare ora alcun contenuto. Come scrivono alcuni giornali, “molti
governi temono una riapertura di un negoziato sul Trattato Ue”, perché
il loro peso – in una situazione di oggettiva debolezza economica, e
quindi politica, dei propri paesi, vedrebbero i propri poteri
notevolmente ridimensionati a favore di un meccanismo “centralizzatore”
deciso nei fatti dalla Germania.
Scadenze più lunghe per Irlanda e Portogallo
I
ministri delle finanze della zona euro hanno trovato un accordo per
concedere sette anni in più a Portogallo e Irlanda per rimborsare i
prestiti ottenuti con il pacchetto di salvataggio. Lo ha annunciato il
presidente dell'Eurogruppo Jeroen Dijsselbloem che ha sottolineato come i
ministri abbiano voluto compiere un passo «deciso e positivo»,
aggiungendo tuttavia che la questione deve ancora essere affrontata da
tutti i 27 ministri delle finanze dell'Unione europea che si vedranno
nelle prossime ore. Il commissario agli Affari Economici Olli Rehn ha
accolto con favore la decisione dell'Eurogruppo, che ha definito «un
passo molto importante» verso una pieno ritorno sui mercati del
finanziamento per i due paesi.
Red. Qui c' poco da aggiungere, se
non che il “trattamento” dei singoli paesi in difficoltà è straordinariamente differenziato. L'Irlanda, soprattutto, sembra nel
“cuore” di Bruxelles assai più dei paesi mediterranei. Possibile che gli
interessi inglesi nelle banche irlandesi abbiano così tanta forza? Più
che possibile...
Ricapitalizzazione e Esm, quanti rebus
Anche
il negoziato sulle regole della ricapitalizzazione bancaria da parte
dell'Esm (Fondo anti-crisi dell'Eurozona) che è parallelo alle
discussione sugli altri elementi dell'unione bancaria, si dimostra molto
complesso. Sulle due questioni fondamentali, il trattamento dei legacy asset,
cioè delle situazioni di bilancio del passato, e della retroattività
degli interventi del meccanismo di stabilità, non ci sono ancora dei
paletti fermi.
Altro nodo delle trattative le modalità e le
condizioni dell'intervento dei privati nella ristrutturazione e nella
liquidazione delle banche. Lo scontro è sui limiti alle esenzioni dagli
oneri del cosiddetto 'bail-in'. Sembra prevalere un orientamento
favorevole solo all'esclusione dei depositi delle persone fisiche e
delle Pmi, mentre c'è una discussione molto accesa sull'esclusione dei
prestiti interbancari a breve.
Il commissario al mercato interno
Michel Barnier ha messo in guardia dai tentativi di diluizione
sull'imposizione delle regole per la liquidazione delle banche a partire
dal 2018. Alcuni governi cercano di assicurare un margine di
discrezionalità alle autorità nazionali nella scelta di quali creditori
dovranno farsi carico delle perdite.
Red. Qui invece la partita è
davvero grossa. L'espressione “bail in” indica una via di salvataggio –
delle banche o degli Stati – opposta a quella definita “bail out”. Con
questa seconda, infatti, si descrive un intervento esterno,
fatto di prestiti da ripagare in tempi certi, a condizioni magari
durissime, come quelle imposte a diversi Piigs. Con “bail in”, al
contrario, si qualifica il “modello Cipro”, in cui buona parte delle
risorse necessarie al “salvataggio” delle banche è stata reperita
sequestrando i conti correnti (singoli cittadini e depositanti
stranieri), possibilmente limitando la rapina alle cifre superanti i
100.000 euro (che per legge europea vanno salvaguardati anche in caso di
fallimento della banca).
Naturalmente si discute anche di
“chi” abbia il potere di decidere determinati tipi di “salvataggio” , o
almeno quali creditori potranno essere pelati più di altri. Se, insomma,
c'è un disegno europeo per trasformare i “salvataggi” in bagni di
sangue, ci sono singoli governi che si preoccupano di avere un margine
per proteggere almeno i propri “favoriti”.
La tempistica delle regole per il bail-in
Quanto
ai tempi, la Commissione propone che le regole del 'bail-in' entrino in
funzione dal 2018. La Bce preme per il 2015. Bruxelles concorda, ma a
patto che tutti gli elementi del puzzle dell'unione bancaria siano sul
tavolo.
Infine c'è la prospettiva del Fondo unico di risoluzione
delle crisi. Attualmente è in discussione la proposta di creare fondi
nazionali. In giugno la Commissione presenterà una proposta di sistema
unico, con un Fondo di risoluzione unico. Si sapeva da qualche tempo che
Bruxelles fosse orientata in tal senso: Barnier l'ha reso ufficiale
proprio in occasione delle riunioni informali nella capitale irlandese.
Red.
Si capisce che il “modello Cipro” è ormai dato per assodato (occhio ai
vostri conti correnti, se non siete propriamente poverissimi!), mentre
si discute su quando farlo entrare in vigore come “modello standard”. E
visto che il “bail in” in molti casi potrebbe non essere sufficiente
(non lo è stato nemmeno per Cipro), ecco che viene definito meglio un
nuovo “fondo di risoluzione” comunitario. Le cui condizioni di
applicazione sono evidentemente tutte da scrivere (ma non ci sono molti
dubbi su chi sarà a pagare, viste le insistenze sui “tagli alla spesa
pubblica”).
Fonte
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