Mentre la nostra vecchia e nuova "società politica" ciacola allegramente
su come fare un governo buono per la Troika, la situazione economica
precipita. Si fanno avanti le proposte corporative old style.
Trovare una soluzione per la crisi italiana, mentre è così intrecciata con quella europea e globale, non è facile. Anche i "tecnici"
hanno fatto una figura barbina, ancorché abbiano spinto milioni di
persone sull'orlo della disperazione ed alcune centinaia anche oltre,
"convincendole" a suicidarsi. Insomma: criminali, ma anche incapaci.
C'è
chi cerca le soluzioni in wikipedia o con i sondaggi in rete, e questo è
un lato tragico della situazione, che balza agli occhi non appena si
smette di ridere.
Vediamo con ordine: esplode la richiesta di ore di
cassa integrazione a marzo. Con poco meno di 100 milioni di ore
registrate lo scorso mese, la cig aumenta in tutti i suoi segmenti
(ordinaria, straordinaria e deroga), sia sul mese che sull'anno. Le
96.973.927 ore registrate a marzo segnano infatti un incremento
consistente su febbraio (pari ad un +22,44%), mentre da inizio anno il
monte ore complessivo è pari a 265.043.645 per un +11,98% sul primo
trimestre del 2012.
Fin qui i dati - proveninenti da
elaborazioni delle rilevazioni Inps da parte dell'Osservatorio cig della
Cgil Nazionale - che si fa fatica a comprendere pienamente. Diciamo che
che ci sono ora circa 520mila lavoratori in più, rispetto a prima, che
non stanno lavorando. E che perdono, nel loro insieme, 1 miliardo di
euro, ossia 1.900 euro netti in meno per ogni singolo lavoratore.
E' più chiaro, così. Giusto?
E
allora diciamo che si tratta di un miliardo di consumi in meno, perché
le famiglie di questo mezzo milione di lavoratori spenderanno di meno per
cibo, abbigliamento, viaggi, auto, trasporti, ristorazione,
assicurazioni, studi, gite scolastiche per i figli, ecc. Compreranno
magari qualcosina in più proveniente da Cina, Serbia, Turchia, ecc. Ma
contribuiranno loro malgrado al calo del Pil "italiano". Significa che
le stesse aziende che li hanno messi in cassa - sollevandosi così dal
peso economico dei loro stipendi, scaricati sull'Inps - venderanno meno
merci, servizi, ecc. A meno che non siano aziende prevalentemente export oriented. Ma quelle esportatrici non sono davvero la maggioranza di quelle in difficoltà, anzi...
«L'intero
mondo del lavoro, sta letteralmente precipitando, trascinando l'intero
Paese, travolto com'è da una valanga che non ha argini», osserva il
segretario confederale della Cgil, Elena Lattuada, che firma la
presentazione del rapporto.
«Servono risposte con urgenza che
mettano al centro il lavoro, a partire dal finanziamento della cassa in
deroga e per questo saremo in piazza unitariamente il 16 aprile a Roma.
Un appuntamento che potrebbe rappresentare l'avvio di un percorso di
iniziativa sui temi del lavoro». Nel dettaglio dei dati, infine,
Lattuada segnala «la forte preoccupazione determinata dall'aumento delle
richieste di intervento sulle crisi di grandi gruppi industriali che
non trovano risposte soddisfacenti e che rappresentano un ulteriore,
inequivocabile segnale della profondità della crisi e della necessita'
di una politica industriale a tutela dei settori manifatturieri e
dell'occupazione».
E quali risposte vengono avanzate?
Confindustria (spalleggiata dal Vaticano) chiede un governo purchessia e
grida al "siamo tutti sulla stessa barca". Quindi "è finita l'epoca dei
conflitti", facci mao un "patto di fabbrica", voi lavorate in silenzio e
senza nulla pretendere, noi ci rimettiamo a fare utili e "quindi" a
fare "crescere il paese". Una proposta classicamente "corporativa", in
senso fascista, che sembra non tenere assolutamente conto che viviamo -
grazie alle adesioni "furbe" a un sistema di regole pensato per favorire
i più forti - in un mondo globalizzato. E quindi ogni sforzo di
sopravvivere "stringendo la cinghia" al collo dei lavoratori è
condannato fin da subito al fallimento. Ci sono infatti fin troppi paesi
"emergenti" in grado di assicurare le stesse merci che si producono in
Italia a un costo molto più basso. E anche abbassando i salari al limite
della sopravvivenza - o anche oltre - si resta comunque sopra ai loro
livelli.
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