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14/04/2013

Esplode la cassa integrazione, crollano i redditi da lavoro

Mentre la nostra vecchia e nuova "società politica" ciacola allegramente su come fare un governo buono per la Troika, la situazione economica precipita. Si fanno avanti le proposte corporative old style.


Trovare una soluzione per la crisi italiana, mentre è così intrecciata con quella europea e globale, non è facile. Anche i "tecnici" hanno fatto una figura barbina, ancorché abbiano spinto milioni di persone sull'orlo della disperazione ed alcune centinaia anche oltre, "convincendole" a suicidarsi. Insomma: criminali, ma anche incapaci.
C'è chi cerca le soluzioni in wikipedia o con i sondaggi in rete, e questo è un lato tragico della situazione, che balza agli occhi non appena si smette di ridere.
Vediamo con ordine: esplode la richiesta di ore di cassa integrazione a marzo. Con poco meno di 100 milioni di ore registrate lo scorso mese, la cig aumenta in tutti i suoi segmenti (ordinaria, straordinaria e deroga), sia sul mese che sull'anno. Le 96.973.927 ore registrate a marzo segnano infatti un incremento consistente su febbraio (pari ad un +22,44%), mentre da inizio anno il monte ore complessivo è pari a 265.043.645 per un +11,98% sul primo trimestre del 2012.

Fin qui i dati - proveninenti da elaborazioni delle rilevazioni Inps da parte dell'Osservatorio cig della Cgil Nazionale - che si fa fatica a comprendere pienamente. Diciamo che che ci sono ora circa 520mila lavoratori in più, rispetto a prima, che non stanno lavorando. E che perdono, nel loro insieme, 1 miliardo di euro, ossia 1.900 euro netti in meno per ogni singolo lavoratore.
E' più chiaro, così. Giusto?

cipputecig
E allora diciamo che si tratta di un miliardo di consumi in meno, perché le famiglie di questo mezzo milione di lavoratori spenderanno di meno per cibo, abbigliamento, viaggi, auto, trasporti, ristorazione, assicurazioni, studi, gite scolastiche per i figli, ecc. Compreranno magari qualcosina in più proveniente da Cina, Serbia, Turchia, ecc. Ma contribuiranno loro malgrado al calo del Pil "italiano". Significa che le stesse aziende che li hanno messi in cassa - sollevandosi così dal peso economico dei loro stipendi, scaricati sull'Inps - venderanno meno merci, servizi, ecc. A meno che non siano aziende prevalentemente export oriented. Ma quelle esportatrici non sono davvero la maggioranza di quelle in difficoltà, anzi...

«L'intero mondo del lavoro, sta letteralmente precipitando, trascinando l'intero Paese, travolto com'è da una valanga che non ha argini», osserva il segretario confederale della Cgil, Elena Lattuada, che firma la presentazione del rapporto.

«Servono risposte con urgenza che mettano al centro il lavoro, a partire dal finanziamento della cassa in deroga e per questo saremo in piazza unitariamente il 16 aprile a Roma. Un appuntamento che potrebbe rappresentare l'avvio di un percorso di iniziativa sui temi del lavoro». Nel dettaglio dei dati, infine, Lattuada segnala «la forte preoccupazione determinata dall'aumento delle richieste di intervento sulle crisi di grandi gruppi industriali che non trovano risposte soddisfacenti e che rappresentano un ulteriore, inequivocabile segnale della profondità della crisi e della necessita' di una politica industriale a tutela dei settori manifatturieri e dell'occupazione».

E quali risposte vengono avanzate? Confindustria (spalleggiata dal Vaticano) chiede un governo purchessia e grida al "siamo tutti sulla stessa barca". Quindi "è finita l'epoca dei conflitti", facci mao un "patto di fabbrica", voi lavorate in silenzio e senza nulla pretendere, noi ci rimettiamo a fare utili e "quindi" a fare "crescere il paese". Una proposta classicamente "corporativa", in senso fascista, che sembra non tenere assolutamente conto che viviamo - grazie alle adesioni "furbe" a un sistema di regole pensato per favorire i più forti - in un mondo globalizzato. E quindi ogni sforzo di sopravvivere "stringendo la cinghia" al collo dei lavoratori è condannato fin da subito al fallimento. Ci sono infatti fin troppi paesi "emergenti" in grado di assicurare le stesse merci che si producono in Italia a un costo molto più basso. E anche abbassando i salari al limite della sopravvivenza - o anche oltre - si resta comunque sopra ai loro livelli.

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