Sul
comodino teneva Friedrich von Hayek e Milton Friedman e
quell’Inghilterra keynesiana, che il suo stesso partito aveva
contribuito a costruire come lenimento allo scontro sociale, divenne
spazzatura. Almeno lei, laureata a Oxford, aveva qualcosa sul comodino,
il suo amico Ronald Reagan nulla. Voleva lo scontro, lo cercò, lo
trovò, lo vinse. Contro tutti, contro i sindacati, contro l’IRA
irlandese, indifferente allo sciopero della fame di Bobby Sands e dei
suoi, morti come mosche, contro l’Unione Sovietica. La storia
continuerà a interrogarsi se lei e Reagan la sconfissero davvero o
quanto questa crollò su se stessa, avvizzita e improponibile. Con
l’URSS alla sua crisi finale però tutto fu più facile per la
rivoluzione conservatrice che non ebbe più bisogno di pattare con
nessuno. Furono liberi di vedere un mondo semplificato dove i loro
interessi coincidevano con quelli della società. I corpi intermedi, le
rappresentanze di classe, l’equilibrio della trattativa, tutto perdeva
di senso. Avevano vinto loro.
Margaret
Thatcher fu la grande costruttrice del mondo unipolare e del pensiero
unico, di una globalizzazione neoliberale proposta come la
mondializzazione dei valori della libertà e della democrazia e che si è
rivelata un’illusione occidentalista che ne ha invece marcato il
declino e segnato in peggio le esistenze di chiunque sia nato dagli
anni ’60 in avanti. Ai nostri genitori è toccato il miglior slot della
storia, hanno goduto di buone scuole pubbliche, servizi sociali,
salute, e sono andati in pensione – per la prima e forse unica volta
della storia – con assegni dignitosi. A noi e ai nostri figli – thanks to
Mrs. Thatcher – è toccato il baratro.
Grande
statista chi butta a mare due terzi della società per dimostrare
quanto è brava a far star meglio la parte più privilegiata. Se Silvio
Berlusconi consigliò la giovane precaria di trovarsi un fidanzato
ricco, sintesi perfetta della conservazione maschilista, Margaret
Thatcher ha fatto di meglio: si è fidanzata con tutti i ricchi del
paese. È nell’etica immorale dell’aiutare solo chi è già forte a essere
ancora più forte, nella balla scientifica del merito che ha affondato
milioni di diseredati, nella pretesa di una tassazione uguale per tutti – ricchi e poveri – e proprio per questo più iniqua, è nell’odio senza
quartiere contro ogni valore di solidarietà e comunità in
collaborazione con un sistema mediatico che imponeva consumi, consumi e
consumi, come gli unici valori meritevoli il segno del suo trionfo e
della desolazione attuale. Il suo sovranismo antieuropeo fu proverbiale e
forse piacerebbe molto oggi a chi non vede nell’Europa l’unica
costruzione meritevole di essere difesa. Ma è lei, come ha detto
autorevolmente Romano Prodi, la madre della crisi attuale, disegnando un
mondo affidato solo al mercato che oggi segna il declino dell’Europa
stessa e dell’Occidente.
È lei che
ruppe l’egemonia culturale della sinistra socialdemocratica che aveva
dominato il dopoguerra e l’ha sostituita con un’egemonia oppressiva,
quella del neoliberismo e dell’individualismo più duro, darwinista più
che calvinista. Amica per la pelle di dittatori sanguinari come Augusto
Pinochet (per la liberazione del paziente inglese si spese come per
nessuno dopo l’uscita da Downing Street), nemica giurata di eroi
positivi come Nelson Mandela, che per lei era solo un “terrorista”, non
aveva tabù. Neanche quello di lanciare la bomba atomica su di una
città di 12 milioni di abitanti come Buenos Aires. Se lo portò dietro,
il gingillo atomico, pronto all’uso alla bisogna. Il gioco delle parti
con quell’ubriacone di Massera, il dittatore argentino succeduto a
Videla, fu magistrale. O lui o lei: entrambi i regimi erano in crisi di
consenso. Nel momento di massima difficoltà per Margaret Thatcher, che
si avviava senza gloria a perdere le elezioni dell’83, dopo quattro
anni di governo fallimentare per gli stessi tories e con la
disoccupazione alle stelle (vinse comunque solo per la divisione
dell’opposizione), l’avventurismo dei generali argentini alle
Malvinas/Falkland fu il più gradito dei regali: quel consenso che non
poteva avere in politica economica e che solo i monopoli mediatici
facendole da grancassa le magnificavano, lo ottenne facendo capo al
decrepito nazionalismo imperialista dell’Union Jack e delle cannoniere.
Modernissima
nell’intuire nel neoliberismo la nuova frontiera del conservatorismo,
seppe guardare indietro, all’imperialismo classico delle cannoniere e
della regina Vittoria per stringere a corte il popolo britannico e
costruire nella bandiera quel consenso che non poteva avere spingendo
senza pietà milioni di persone fuori del mercato del lavoro. Come
sempre la nazione vince sulla classe, la comunità militarizzata vince
su quella solidale. Trionfò, nel remoto sud dell’Atlantico e quindi
nelle urne, e andò avanti a smantellare la base industriale del paese
che l’industria aveva inventato due secoli prima. Per lei avere più
disoccupazione non significava niente, non era lei a pagare e indusse
il “nemico”, perché nemico erano per lei i lavoratori organizzati, alla
disperazione.
Con lei il
conservatorismo smise di essere il partito dello status quo per
presentarsi come quello della trasformazione. Erano i sindacati,
perfino quelli britannici prudenti e responsabili, a essere di colpo
vecchi, a essere un freno al “riformismo”, una parola con un secolo di
passato progressista e sequestrata con lei dall’altro campo. Fu così,
sulle macerie di una sconfitta totale della classe lavoratrice, che il
suo principale emulatore si rivelò essere quel giovane arrivista di Tony
Blair. Privatizzazioni come quella delle ferrovie, un monopolio
naturale, sono un monumento all’inefficienza del neoliberismo: più care,
più scadenti, più pericolose, più costose per lo stato costretto a
sovvenzionarle per tenerle sul mercato. Oggi in Gran Bretagna ci sono
più disoccupati, meno studenti universitari, meno riserve auree, più
debito. Solo la finanza ha distribuito un po‘ di ricchezza, ma dal 2008
in avanti anche questa, col sistema bancario, ha avuto bisogno di quasi
mille miliardi di soldi pubblici per restare in piedi. Lo Stato glieli
ha dati. Per le banche ce ne sono sempre.
Chi
scrive viveva a Londra in quella fine di novembre del 1990 quando
Margaret Thatcher fu messa in minoranza da John Major e dovette
abbandonare dopo undici anni e mezzo il numero 10 di Downing Street.
Conservai a lungo la copia dell’Economist che ne tesseva le lodi in un
luogo speciale. Aveva creato tanta ricchezza, è vero. Compiacere i
ricchi era la sua ossessione. Ma a che prezzo questa ricchezza era stata
creata si poteva leggere in quello stesso speciale. Durante il suo
governo per ogni cittadino britannico che aveva passato verso l’alto
l’assicella delle 50.000 sterline di reddito annuo, ben dieci lavoratori
avevano dovuto scendere verso il basso al di sotto della linea delle
5.000. Per fare un ricco le fu necessario spingere dieci persone verso
la povertà. È questo il prezzo del neoliberismo. I media monopolisti
mostrano incessantemente chi ce l’ha fatta. Ma da Brixton a Civitanova
Marche, l’eredità di Margaret Thatcher è pianto e stridore di denti.
Gennaro Carotenuto
tratto da http://www.gennarocarotenuto.it
***
Loach: "La Thatcher? Privatizziamo il suo funerale! Mettiamolo sul mercato, accettiamo l'offerta più economica!"
Sulla
morte della cosidetta "Lady Ferro" si sta dicendo molto. A un giorno
dalla sua morte, con i suoi funerali che saranno tra dieci giorni,
davanti alla parole di un Putin che l'ha definita "Una grande figura
politica, rigorosa diretta e coerente, di cui conserverò un ricordo
positivo", ci piace ricordare quelle più forti e più vicine ai
lavoratori, agli operai, e sono quelle di Ken Loach: "ll modo migliore
per onorare Margaret Thatcher? Privatizziamo il suo funerale. Lo
mettiamo sul mercato e accettiamo l'offerta più economica. È quello che
avrebbe voluto. Del resto, le parole di Loach spiegano molto di più,
non si fermano a quella che può sembrare una battuta. "La
disoccupazione di massa - ha continuato - la chiusura di fabbriche, le
comunità distrutte: questa è la sua eredità. Era una combattente e il
suo nemico era la classe operaia inglese. Le sue vittorie sono state
aiutate dai capi politici corrotti del Partito laburista e di molti
sindacati. È a causa di politiche avviate da lei che siamo in questo
casino oggi".
Va da sé allora che
accanto alle parole di Ken Loach passiamo in rassegna il punto di
vista dei minatori inglesi che, ad oggi, non vedono altro, nella morte
della Thatcher che un motivo di grande festa. "Sono felice - si è
espresso David Hopper, il responsabile per il Nord-est dell'Inghilterra
della Num, Sindacato dei minatori inglesi - I minatori stanno cercando
di organizzare una festa in coincidenza del giorno del suo funerale.
"Ha
fatto più male nel Nord-est di chiunque altro - ha poi aggiunto - e
non lo ha fatto solo alle miniere di carbone: ha iniziato a distruggere
i sindacati, decimato l'industria, distrutto la nostra comunità. Oggi
l'Inghilterra è costretta ad importare 40 milioni di tonnellate di
carbone l'anno, è scandaloso. E sul funerale... Non ci saranno molte
lacrime: molti guarderanno la cerimonia in tivù, ma come si guarda il
calcio".
Anche la reazione di Ken
Livingstone, dal 2000-2008 sindaco laburista di Londra sono state
chiare, nella stessa direzione, anche più forti se vogliamo: "Le
politiche di Margaret Thatcher erano fondamentalmente sbagliate. Ha
provocato l'odierna crisi degli alloggi, ha prodotto la crisi delle
banche e quella dei sussidi pubblici». È poi Gerry Adams a ricordare un
altro dolorosissimo capitolo di quegli anni: "Margaret
Thatcher - ha aggiunto Gerry Adams, leader repubblicano dell'Irlanda -
ha causato grande sofferenza all'Irlanda. Ha provocato grande dolore
agli irlandesi e ai britannici, la classe lavoratrice è stata devastate
dalle sue politiche".
"Da poche ore
e' morta Margaret Thatcher e già è in corso il processo di
santificazione - si è espresso ieri Paolo Ferrero, Segretario Nazionale
di Rifondazione Comunista - Invece va detto con forza che il mondo
senza di lei sarebbe stato decisamente migliore. Animata da un enorme
odio di classe, ha operato con determinazione per distruggere il
movimento operaio inglese e i minatori in particolare. Nel giorno della
sua morte - ha aggiunto - i media dovrebbero parlare dell'enorme
sofferenza individuale e sociale che ha determinato con le sue
politiche, della dignità di quelle centinaia di migliaia di minatori
che per un anno, dal 1984 al 1985, fecero il più lungo
sciopero dell'età moderna per opporsi al proposito fascista
della Thatcher di far fuori i minatori attraverso la
chiusura arbitraria delle miniere. È morta l'amica di Pinochet, una
delle più grandi nemiche dei lavoratori, della libertà e della giustizia di tutti i tempi".
Isabella Borghese
tratto da http://www.controlacrisi.org
Fonte
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