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13/04/2013

L'austerità ci ammala e ci uccide

Dalle previsioni del Fmi alla prestigiosa rivista scientifica "The Lancet" giungono conferme inquietanti: vogliono che moriamo prima e adottano misure economiche per raggiungere tale obiettivo.


Qualcuno lo dice più brutalmente qualcuno meno, ma la sostanza coincide. L'oulook pubblicato esattamente un anno fa dal Fondo Monetario Internazionale scriveva esplicitamente: "I rischi connessi a un aumento dell'aspettativa di vita sono molto alti: se entro il 2050 la vita media dovesse aumentare di tre anni più delle stime attuali, aumenterebbero del 50% i già elevati costi dei sistemi di welfare”. Gli anziani malati? “Se lo vogliono, dovremmo consentirgli di morire in fretta” ha dichiarato tre mesi fa Taro Aso, ministro delle Finanze del Giappone, costretto poi a scusarsi pubblicamente dopo la gaffe sui giapponesi che “peserebbero” in modo eccessivo sulle finanze del paese, a causa delle spese ingenti per le cure mediche.

Si tratta di due indicatori – inquietanti ma chiarissimi – sul come la ristrutturazione complessiva dell'economia capitalista preveda anche morti e feriti, tanti, come in una guerra.
Quando la crisi è determinata dalla sovraproduzione – innanzitutto di capitali e poi di merci – la regola di monsieur le capital punta esplicitamente alla distruzione degli eccessi di capitale. Non si chiudono solo le fabbriche ma si elimina anche il “capitale umano” in eccesso. Si tengono e mantengono solo i settori di popolazione funzionali alla produzione. Sul resto gli Stati devono “de-responsabilizzarsi” per ridurre i costi. Il capitale umano in eccesso e non più produttivo o funzionale (anziani, poveri, esclusi strutturali dal mercato del lavoro, popolazioni marginali) possono e debbono essere abbandonati a se stessi. La morte perde così ogni fatalità per diventare un fattore di razionalizzazione dei costi e di “igiene sociale”.
In passato a fare il lavoro sporco ci avevano pensato le guerre. Distruzione di capitali in eccesso in quantità notevoli: città e fabbriche distrutte, ponti, strade, ferrovie da ricostruire, popolazione decimata dai bombardamenti e dagli stenti.

Nell'epoca delle armi nucleari praticare questo terreno appare un po' più difficile. I rischi e le incognite sono troppo elevati anche per le classi dominanti. Meglio procedere con una guerra di classe condotta dall'alto e perseguita attraverso misure economiche che, magari più lentamente, producano lo stesso effetto.

Alcuni risultati ad esempio si sono già visti in Russia con la transizione dal socialismo reale al capitalismo. Una ricerca di Christopher Hoeppler della McMaster University riporta che “La Federazione Russa ha avuto esperienza di un'impennata del tasso di mortalità di almeno il 40% dal 1992, con incidenze che crescono dal 11 al 15.5 per mille [...]. Il calo demografico è stato evidente in Russia fin dalla caduta dell'Unione Sovietica, motivo per cui è un caso da studiare così interessante. In prima battuta è controintuitivo pensare che lo stato del Paese possa essere peggiorato dopo la caduta del partito comunista; tuttavia è possibile che il disordine politico sia stato responsabile per l'insorgenza del problema demografico in Russia. Un certo numero di fattori, compresi quello economico, lo stile di vita, la sanità e l'incidenza delle malattie hanno contribuito alla diminuzione della popolazione russa”.

Quando il governatore della Bce, Mario Draghi, ha affermato che il modello sociale europeo è ormai insostenibile, è stato il segnale che questa guerra ci è entrata in casa attraverso le politiche di austerità che la Troika (Bce, Ue, Fmi) sta imponendo ai paesi europei più deboli, quelli dell'area euromediterranea: i Piigs

Il sospetto che le politiche di austerità facessero male alla salute c’era, ma adesso la conferma arriva da una delle più autorevoli riviste mediche al mondo, "The Lancet", che ha paragonato gli effetti delle misure per risanare i conti adottate negli ultimi cinque anni in Paesi come la Grecia, il Portogallo e la Spagna, con il rifiuto di adottare tagli al settore pubblico deciso al contrario dall’Islanda dopo la bancarotta del 2008.
Il titolo del saggio pubblicato su The Lancet, sembra quasi quello di un documento politico: “Crisi finanziaria, austerità e salute in Europa” e forse non potrebbe essere altrimenti. La rivista scientifica giunge infatti alla conclusione che è pericoloso tagliare il welfare e la sanità per correggere le finanze pubbliche, soprattutto in periodi di recessione. Non solo perché si rischia di aggravare la contrazione dell’economia caricando i costi sanitari sulle famiglie, ma anche perché si fanno salire vertiginosamente i tassi di suicidi, di alcolismo, di depressione e di malattie mentali. Inoltre perché a causa dei tagli alle spese per la prevenzione, esplodono i casi di infezioni come l’Aids. Infine, perché si impennano i decessi legati a condizioni d'impoverimento come «le morti invernali», provocate tra gli anziani che non riescono a riscaldarsi a sufficienza. Dinamiche che si sono registrate con intensità diversa in Grecia, Portogallo e Spagna ma non in Islanda che invece ha adottato misure in decisa controtendenza.

La tesi dell’articolo su Lancet ritiene che gli effetti delle crisi economiche come quella attuale possono essere mitigati solo da una forte protezione sociale. L'esatto contrario delle scelte adottate dai paesi Piigs dell'Europa e imposte dalla Troika, che sono invece quelle di tagliare il welfare e le spese sanitarie per aggiustare i conti proprio mentre sulle società si abbatte la recessione.

Opporsi e sottrarsi ai diktat della Troika che impongono le politiche di austerità a Portogallo, Italia, Grecia, Spagna, Cipro etc. può essere discussa come opzione politica, ma per un altro verso può essere intesa – scientificamente a questo punto – anche lotta per la sopravvivenza.

Il crollo delle spese per le cure mediche, le difficoltà di fruizione dei servizi sanitari, l'aumento dell'età pensionabile, la disoccupazione di massa e la mancanza di reddito che provocano suicidi e boom del disagio mentale, sono lì a dimostrarlo. “Loro” vogliono che un pezzo di umanità si tolga di mezzo prima possibile, “noi” vogliamo liberare l'umanità da questi volenterosi carnefici e dalla loro macabra contabilità. Anche a occhio nudo non si intravedono interessi generali che possano coincidere.

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